lunedì 19 gennaio 2015

capitolo 4| dell’agitazione controllata

Mia mamma, io se penso a una cosa buffa era l’agitazione controllata, tipo che si preoccupava sempre di tutti, ma cercava di non farlo vedere, di notte ad esempio quando tornavi tardi lei stava sempre guardando un film per puro caso, poi appena capiva che stavi bene ti buttava lì un vabbè dai, lo guardo un’altra volta, adesso vado a letto, che a me faceva sempre molto ridere. La magia più grande era comunque quando da piccola mi accompagnava a scuola e riusciva contemporaneamente a guidare, fumare, prendere il Lexotan e cantare molto forte l’America senza mai, e dico mai, dar l’impressione di essere agitata. La amavo moltissimo mia mamma.
Una settimana dopo che non c’era più, che tutti mi dicevano vent’anni appena povera piccina, sei diventata grande troppo presto, fortuna che tu e tuo fratello vi volete bene e siete uniti, e poi come sei uguale a lei, a vederti mi vien da piangere, io a sentir tutte ste frasi niente lacrime, zero panico, nemmeno una goccina di ansia controllata, io non provavo più niente. Io una settimana dopo sono andata al mare e sono diventata una panchina, una panchina che ascoltava in loop i Noir Désir e guardava dall’alto fare surf. Il mare mi aiuta, il mare mi fa respirare, dai sfogati mare, mi dicevo, e invece niente, nemmeno una reazione, pari pari a numb degli U2 prima della disfatta dei limoni del PopMart tour. Genova la Diaz il pugno di cazzo di violenza alla pancia e io niente, lì sulla panchina ferma immobile.
Epperò una reazione appena si era ammalata ce l’avevo avuta. Avevo un moroso che la domenica delle palme solo quella volta all’anno lì lui voleva andare a messa, e allora mi ricordo che gli ho detto sai cosa?, vengo pure io stavolta, che mi è venuta voglia di capire, e siccome c’era un prete che confessava e io avevo la polemica da chiarimento, io mi ricordo che sono andata nel confessionale e gli ho chiesto al prete ma com’è, com’è che dopo un anno da quando si è ammalato mio papà sto perdendo pure la mamma, e quello non fa niente?, poi, dopo, siccome lui mi aveva risposto che ci sono dei misteri che noi umani non possiamo capire, io mi ricordo che gli avevo detto che quello era Blade Runner mica teologia, cazzo, poi siccome continuava con dei bla bla bla sulla bontà divina e la misericordia, dopo per essere certa che mi capisse sono entrata dentro al confessionale (sempre amata la Gertrude io) e alla fine parliamone parliamone ma parliamone cosa, cosa ne parliamo se è un mistero e non si può capire?, dopo alla fine dal nervoso ho pianto e gli ho detto che no, io non ci credevo proprio più a niente.
Quel giorno lì la rabbia ce l’ho avuta, anche un’altra volta, ma meno, con uno che sembrava tanta roba e ci facevo le domande e lui non mi cagava e allora diventava tanto niente, ma a parte che si vede che devo avere dei problemi con quelli che non mi rispondono la testa, a parte questo quella era una rabbia diversa, e dopo comunque dopo basta, dopo il mare, il surf, la panchina, dopo è diventato tutto soffitto, niente viola, niente alberi, dopo solo pareti spesse e zero musica.
La prima risata è tornata a guardare Luca e Paolo che facevano un programma che giravano l’Italia su un carro da morto, che io l’umorismo macabro l’ho sempre avuto, e mi dispiace che tutti carinissimi a starmi vicino, ma io la prima cosa buffa è stata quella, da sola, al buio sul divano. Dopo la laurea, dopo bionda, magrina, i tacchi, les folies, la moda, dopo come sei bella, il minestraio e le nottate che non facevano paura, dopo tutto morbidoso tipo maglioncino di cachemire, che buttarsi faceva paura, e il massimo immaginabile era proprio avvicinarsi il più possibile all’agitazione controllata.
L’anno dopo maggio primavera appena prima del mio compleanno, una domenica mi ricordo che la juve stava vincendo o rubando o non mi ricordo cosa uno scudetto, e appena finita la partita è suonato il telefono, mio fratello ha risposto e mi ha guardato con due occhi grandi che non mi dimenticherò mai. Frency, mi ha detto. E io allora sono morta.
(continua…)

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