sabato 28 febbraio 2015

Quasi le dieci

Non sono neanche le dieci e mentre sto aspettando (odio), sto tuittando, mandando faccine di gallina su wa, scrivendo i buonissimi propositi di marzo, leggendo le cose non sono le cose, camminando col cubotto. Ho pure scoperto che in Finlandia ci son i taxi col karaoke. Vado che devo far una foto, ma comunque secondo me fin a sera non ci arrivo.

giovedì 26 febbraio 2015

scoprirete che

“Se in virtù di carità o disperazione doveste mai trovarvi a passare del tempo in una struttura statale di recupero da Sostanze come la EH, verrete a sapere molte cose nuove e curiose. Scoprirete che [...]. O, per esempio, che le persone dipendenti da una Sostanza che smettono all'improvviso di assumere quella Sostanza soffrono spesso di una forma perversa di acne papulosa che può durare mesi in attesa che gli accumuli di Sostanza abbandonino lentamente il corpo. Lo Staff vi farà sapere che questo accade perché la pelle è effettivamente il più grosso organo escretivo del corpo. [...] Che (un sollievo ma allo stesso tempo una delusione) i peni dei neri tendono ad aver misure nel complesso uguali a quelle dei peni bianchi.[...] Che si riesce ad avvertire una specie di microsballo anfetaminico se si consumano in rapida successione tre Millennial Fizzy e una confezione di biscotti Oreo a stomaco vuoto. [...] Che riguardo alle funzioni sessuali ed escretive le persone di sesso femminile sanno essere volgari quanto quelle di sesso maschile.[...] Che un paradosso poco menzionato della dipendenza da una Sostanza è il seguente: una volta che siete così schiavi di una Sostanza da doverla abbandonare per salvarvi la vita, la Sostanza schiavizzante è diventata per voi così profondamente importante che uscirete di senno quando ve la porteranno via. Oppure che a volte, dopo che la vostra Sostanza vi è stata portata via per salvarvi la vita, mentre siete inginocchiati per le preghiere obbligatorie della mattina o della sera, vi troverete a pregare perché vi sia consentito di perdere letteralmente il senno, di avvolgere la vostra mente in un vecchio giornale e lasciarla in un vicolo a cavarsela senza di voi. [...] Che oltre il cinquanta per cento delle persone con una dipendenza da Sostanza è contemporaneamente affetto da qualche altra forma di disturbo psichiatrico. [...] Che la validità logica di un argomento non ne garantisce la verità. [..] Che statisticamente è più facile liberarsi da una dipendenza per le persone con un basso QI che per quelle con un QI più alto. [...] Che è possibile abusare fino all'assuefazione di antinfluenzali e antistaminici da banco. Che le attività noiose diventano perversamente molto meno noiose se ci si concentra molto su di esse. [...] Che esiste una cosa come la cruda, incontaminata, immotivata gentilezza. Che è possibile addormentarsi di botto durante un attacco d'ansia. [...] Che la maggioranza delle persone con una dipendenza da Sostanza è anche dipendente dal pensare, nel senso che ha un rapporto compulsivo e insano con il proprio pensiero. [...]Che ci vuole un grande coraggio per dimostrarsi deboli. Che nessun singolo momento individuale è in sé insopportabile. [...]Che è possibile fumare così tante sigarette da farsi delle piccole ulcerazioni bianche sulla lingua. Che il cliché "Non so chi sono" sfortunatamente si rivela più di un cliché. Che provare a ballare da sobri è tutto un altro paio di maniche. Che per qualche perversa ragione, è spesso più divertente desiderare qualcosa che averlo. Che è consentito VOLERE. Che tutti sono identici nella segreta tacita convinzione di essere, in fondo, diversi dagli altri. Che questo non è necessariamente perverso.”

David Foster Wallace, Infinite Jest, pp. 239-245

martedì 24 febbraio 2015

siccome stasera piove

Ieri ho trovato un mio diario di un bel po' di tempo fa, che io scrivere sempre se no non ci salto fuori, però poi dopo mi scordo spesso, e a parte che avevo ricopiato tutta vivo, che è una canzone di Luca Barbarossa che infatti non mi ricordavo l'esistenza e dopo l'ho riascoltata tipo mille volte, ma la prima si è acceso il flipper e ho riso da matti ed è stato bellissimo, a parte questo c'erano un sacco di pagine su un tipo, che chiameremo ipoteticonvenzionalmente ABC, che ci uscivo e ci giravo e faceva un sacco di cose dolci per me e allora io guai e scrivevo ABC qua, ABC là, e secondo me gli volevo proprio bene, però dopo ieri a rileggere tutte ste cose, ieri dopo ho pensato ma io ho avuto un moroso che si chiamava ABC? Direi di sì, ho pensato, ma chi cazzo è ABC? e soprattutto, come ho fatto a scordarmelo così? Dopo poi ho detto il nome a voce alta e mi è tornato in mente, però siccome stasera piove, e la pioggia è stata inventata per farci sotto l'amore ne sono certa, io adesso ho pensato che di te non mi voglio scordare. E secondo me ce la faccio. 

(la canzone è questa: clic)

martedì 17 febbraio 2015

di piatti, tazzine, violini e capre

L’ho vista correre verso di me con un sorriso che in un attimo non ho capito più niente, poi però, all’improvviso, dopo è sbucata di fianco a lei una specie di volpe in miniatura che si è buttata verso Tommaso senza il minimo briciolo di pudore.
- Cubotto no! No!
Troppo tardi, il mini Rex ringhiava e abbaiava come un pazzo.
- ma è tuo il fennec? Lo vedo protettivo.
- non è un fennec, è un cubotto, l’ho appena adottato al canile, o forse lui ha adottato me, non abbiamo ancora capito, ma non è importante, Cubotto vieni qui, qui, lascia stare Tommaso, è un amico!
- tranquilla, Tommi è abituato ai cani topo, poi comunque anche se urla, si vede che il fennec ha la faccia buona. Lasciamoli conoscere.
- ma se lo morde?
- fidati di me, vieni, ignoriamoli.
Appena ci siamo spostati, i cani hanno iniziato a studiarsi senza più abbaiare, sollevatissimo me, visto che in effetti con la storia della non rissa l’avevo un po’ sparata grossa.
- dove stavi correndo?
Mi ha guardato senza riuscire a stare seria.
- stai su diritto e fatti vedere bene, che c’è da ridere? Anche io sono felice di vederti.
- Margot Tenenbaum? Dovremmo quindi continuare ad amarci segretamente e lasciare le cose così come stanno?
(bella quando diventa rossa, bella, bella, mia)
- lo sapevo che mi eri cinefilo, lo sapevo che la storia del cinofilo canofilo era tutta una copertura, lo sapevo.
- sono per i topi dalmata io, e niente conigli d’allevamento, la vita va razzolata per strada.
- fare casino, lanciare palloncini d’acqua addosso alla gente, robine così?
- proprio così Pulce, proprio così.
- avrei tanto voluto essere come Margot Tenenbaum, anche un po’ Beatrix Kiddo, e invece niente. Ally McBeal, stonata uguale.
- tu sei tutta matta, ma mi piace.
- mi fido di te, comunque. Volevo dirti questo.
(sorrisone mille denti, impazzisco)
- sono il tuo canofilo di fiducia, mi sembra il minimo.
- sul serio, uccido le piante, perdo tutto, strada, ombrelli, carrelli della spesa, a volte anche me stessa. Mi hanno regalato navigatori, orologi, ho scoperto scommesse clandestine sul numero di volte in cui sarei riuscita a perdermi in un supermercato, ma niente, totalmente priva di senso di orientamento, senso pratico e affini. Vivo in un mondo parallelo, ragiono per immagini, cucino per colori, volo con la fantasia che è un piacere, adoro pensare sotto ai tavoli o seduta nell’armadio, chiamo per nome oggetti inanimati, sono in pratica un enorme poccio, ma mi fido veramente di te. Stavo correndo per dirtelo. Non succede spesso.
- io ho ucciso tre bonsai sempreverdi in tre settimane, col libretto delle istruzioni. So cucinare, però da piccolo ho avvelenato un pesce rosso col succo di pesca, credevo gli piacesse. Poi soprattutto non riesco a immaginarci arrabbiati, vale?
- sì, qualche punto fragola vale.
- grazie, me lo sentivo che eri magnanima. Mi arrabbio ogni trentanove anni, è successo tre anni fa, quindi alla prossima ne mancano 36.
Occhi negli occhi e sorrisi stupidi. I cani nel frattempo stavano colonizzando tutto il parco, conquistavano gatti, panchine, collinette, Canada, attaccavano ciclisti e minibimbi, credo che a un certo punto siano anche arrivate capre e violini, ne sono quasi certo, ma noi mica ci facevamo più caso.
- scusa un attimo, ma quindi hai 78 anni? Io e la matematica non andiamo per niente d’accordo.
- non proprio Pulce, ma considerami pure saggio come Pai Mei.
- Bill a un certo punto dice a Beatrix che il punto più doloroso quando si è colpiti è il ginocchio, lo dicono anche nelle Iene, sai? Io non credo esistano persone infrangibili, ma comunque, nel caso, a me considerami pure frangibilissima. Ho avuto delle ansie grosse, son arrivata a chiedermi se c’è un limite alle lacrime, ho cercato di non affogarmici dentro, di sopravvivere, poi piano piano pianissimo sto tornando a vivere, ma credimi, non è per niente facile. Ginocchio a parte, mi feriscono le paturnie improvvise degli altri, faccio una fatica matta ad aprirmi, e soprattutto ho tre cicatrici tre, pancia cordone e ombra, tre assenze che non si cancellano, e delle volte molto spesso mancano ancora tantissimo.
- anche io ho delle cicatrici con dei sensori molto forti di bolle e respiri, ti racconterò tutto della mia storia di catene e bastonate e chirurgia sperimentale (com’è profondo il mare, com’è profondo il mare), ma soprattutto, non voglio essere invadente che son pasticcione, ma insomma, io non vedo davvero l’ora di conoscere tutto di te.
- a conoscermi veramente, a me e alle mie stranezze ci vuole tempo, ma imparerai, tipo che quando parlo veloce così vuol dire che sono agitata e allora invece di fissarmi col sorriso buffo fai qualcosa, ti prego ti prego ti prego!
- quattro sillabe, prima sillaba, suona come se? suona come me? te? se? se! Seconda sillaba, preposizione come di, con, su? Da! Se-da, sedano? ha detto sedano? Come? Se-da-ta-vo? Sedatavo? Sedativo! SE DA TI VO!
- a cercarti così pirla mica ti avrei trovato, credo. E comunque, taffetà, caro.
- vuoi dire che possiamo darci finalmente il gomito?
- voglio dire che lo vedi questo? Questo non è un sorriso, è un limone.
- e adesso?
- è adesso.
***

 Julian Schnabel - The Sea
Julian Schnabel – Il mare

Tutte le volte che rompo un bicchiere, mentre raccolgo i pezzi, io ancora me lo chiedo com’è la storia di Ozpetek, se la persona che ami torna o la perdi, credo che continuerò a domandarmelo sempre, poi però, siccome non arrivo mai al punto, dopo alla fine penso ai piatti e alle tazzine di Schnabel, che lui, all’inizio inizio, prima dei film, lui coi pezzetti rotti ha creato delle opere d’arte che a vederle da vicino, subito sembrano più che altro un insieme di frammenti astratti in equilibrio precario, poi però, allontanandosi appena e cambiando prospettiva, dopo all’improvviso regalano immagini talmente forti, e vive, e colorate, che è impossibile non sorridere di stupore. E insomma, io non lo so come va a finire la storia del bicchiere, so però che a raccogliere i cocci di piatto e tazzina, insieme, ricominciare da capo si può.

lunedì 16 febbraio 2015

Paolo Nori | Un’invocazione

"Al mattino, adesso, dopo che ho letto una cosa di Manganelli, tutte le mattine io faccio un’invocazione, alzo proprio la testa verso il cielo, come se il cielo esistesse, e gli chiedo che quel giorno lì, per favore, mi faccia evitare il deserto del dopotutto."

clic

martedì 10 febbraio 2015

delle volte per ritrovarsi bisogna perdersi del tutto

Questo è uno di quei discorsi che van capitolati tutto d'un pezzo, che se no a pensare dopo poi mi perdo e mi imbuco chissà dove, e allora divento logorroica, e invece ho smesso. 
Ci ho messo dieci anni ad andare dallo psicologo, e dieci è una cavolata colossale, che certe cose son grosse e non ce la si fa da soli, e rimuovere senza prima elaborare è inutile e faticosissimo, invece fidarsi e aprirsi con le persone (chiusissima me) è magnifico e rende leggeri. 
Perché sei venuta qui? mi ricordo che mi ha chiesto al primo appuntamento, e io avevo talmente nascosto il problema da raccontarmi(gli) che lavoravo troppo e non ce la facevo più. Dei miei e Frency un accenno giusto per, il problema era solo quello più esterno morbidino poco cotto.
Dopo, la seconda domanda è stata quali sono i tuoi interessi, e a me, che l'arte la fotografia la musica i viaggi i libri il design, io non ho saputo rispondere, io un groppo in gola da scena muta, allora ho capito che il problema aveva una crosta bella spessa da dover proprio farci qualcosa. 
Il primo passo è stato sbloccarmi, che ero in anoressia emozionale, rifiutavo tutto il bello per paura che diventasse brutto, non pensavo al passato perché faceva male, niente futuro per carità, solo presente ma a piccole dosi, un blocco vero, peso, allora ho dovuto prendere delle pastiglie che si danno alle quattordicenni con le crisi amorose. La notizia numero uno è che le quattordicenni non leggono più cioè, c'han Moccia e van di pastiglina, la numero due che non ho preso prozac o psicofarmaci fighi ai più, io solo quelli ignoranti da ragazzetta, però pian piano mi hanno aiutato a tornare a sentirmi, e allora ben vengano i pastiglini, che riscoprire il sorriso dopo tanto tempo è veramente indescrivibile (sì, io col canofilo ci voglio uscire, è la mia risposta definitiva e manca poco pochissimo non vedo l'ora). 
Dopo essermi sbloccata (senza peraltro andare in discoteca di nascosto, gesto pseudo rivoluzionario che invece a quattordici sempre), dopo ho cercato di riavvicinarmi a me, e giuro che quando ti ignori per tanto tempo non è mica facile avere a che fare con una te stessa completamente sconosciuta. Chi cazzo sono, ero, sarò? Per capirlo, non in ordine tanto sparso e per niente remoto, per riabbracciarmi vecchia e nuova, io questo elenco qui: 
- leggere libri pensanti da stimolare la testolina, su tutti Terzani, l'albero dei mille anni di Pietro Calabrese e Grossman, ma lui mi fa ancora un effetto troppo forte, allora devo sempre aspettare un bel po' tra un libro e l'altro, che i libri pensanti non bisogna smetterli mai
 - rendere la casina più mia (colore colore calore) 
- provare a cucinare (non ci riuscirò mai, ma spesso rido forte) 
- Marocco Marocco Marocco Marocco (a far il bagno nelle arance son tornata nell'utero) 
- camminare, l'unico modo che conosco per farmi uscire i pensieri
- scriverli sti pensieri, se no non li elaboro mica 
- stonare molto forte (son stata senza musica, come caspita ho fatto?) 
- imparare a ricordarmi i sogni e pian piano avvicinarmi in zona ombelico 
- sdrammatizzare più che si può
 - trovare tempo per mangiare lento e sano
- smettere di fumare 
- licenziarmi (l'ho detto che avevo un lavoro che al diavolo veste prada gli spicciava casa? che mi regalavano scarpe borse vestiti? che tutti i giorni la moda e il vipzzz da ricevere? che lavorare 14/15 ore serviva solo a non pensare a me e al passato, e che a un certo punto mi son detta io mica voglio diventare così, io preferisco starmene nell'armadio a pensare a me, allora mi son licenziata? Non lo so se l'ho detto, allora nel caso lo dico ora) 

Pausa. Spazio. Respiro. Quasi finito. 

Dopo che mi son licenziata, dopo in un film ci sarebbe il fottuto lieto fine, ma scordiamocele ste cose, del resto genio come Wes Anderson c'è solo lui, io invece mi son persa del tutto sul fiume, e ho scoperto una rabbia che a me quattordicenne ha fatto un male pazzesco. Dopo mi son sentita trasparente e fragile e immobile e ingenua, dopo l'abbandono l'ho vissuto attimo per attimo ed è stato il momento più difficile, da piangere e buttar fuori tutto il dolore che c'avevo, da chiedersi adesso come riparto?, da non dormire la notte per paura degli incubi orribili, da insomma non capirci nello scarabocchio veramente più un benemerito cazzo. 
Poi però pian piano tutti gli incubi che non avevo rimosso son usciti fuori, una roba brutta brutta brutta che non so come facesse a starci tutta nella pancia, un coso nebbioso gigante che una mattina ha toccato l'apice con una classe pazzesca e mi ha fatto svenire appena alzata, e farmi un male fisico mentale da rimanere immobile un bel po', poi però (respira respira respira), dopo pian piano gli incubi son finiti, tipo boccione dell'acqua che si svuota e tu con l'allergia finalmente riannusi il mare, tipo aria pulita impagabile così, allora ho capito che correre a cazzo o restare immobili non serve, meglio un passo alla volta, che il dolore lo rivivi, ma pian piano lo accetti e inizi a considerarlo una parte di te sempre più lontana, che una corazza purtroppo non l'avrò mai, ma con la pelle sottile sottile, cercare di tenere i pensieri leggeri e non darla vinta a quella casinista dell'ansia aiuta tanto, che amarsi un po' però volersi bene no è una cazzata pazzesca e invece certe volte, per ritrovarsi, bisogna proprio perdersi del tutto.
Dopo che mi son licenziata ho imparato anche a organizzare il mio tempo e pian piano me stessa, testa corpo lavoro, che a cavarsela da sola è impagabile, e delle volte, quando qualcuno si lamenta per delle cavolate, delle volte molto spesso un po' di indipendenza di quella buona non forzata, delle volte io gliela auguro molto. 
Dopo che mi son licenziata, da ultimo ma non per ultimo, siccome da quando son nata senza solo stavolta, cosa effettivamente insolita, dopo son volata al canile e ho adottato il primo esemplare di razza cubotta, Bruno Cubotto Mordecai Trillo, presidente delle signore ronfate e paladino di tutti i salami felini dell'universo, adorabile attaccabrighe, prepotente coi fagiani, cinico coi minibimbi, una vera e insostituibile parte del mio percorso. Ma forse lui ha adottato me, stiamo ancora cercando di capirlo. 

(dopo adesso subito ora correre al parco velocissimi)

sabato 7 febbraio 2015

un nuovo (possibile) pezzetto di esistenza

Come fissare una vertigine. L’ho rivista in primavera, seduta su una panchina mentre leggeva palesemente altrove. Ho iniziato a sorriderle da lontano, poi all'improvviso sbam, ha alzato la testa e ha sorriso anche lei:
- mi sento un pesce nell'acquario se mi guardi così, lo sai? Ciao Tommaso, vieni a salutarmi cucciolone.
- scusa, è che stavi leggendo tutta concentrata e non volevamo disturbarti, ti ricordi di noi?
- di Tommaso sì, di te un po' meno, canofilo.
- da non confondere con cinefilo o cinofilo, tutta un’altra roba molto più seria.
- mi chiamano Pulce sai? Un canofilo con la C maiuscola potrebbe pure uccidermi a colpi di frontline, non lo so se mi conviene darti confidenza.
Pirla è pirla, ho pensato, ma io, con quel sorriso lì, io sento di essere proprio al mio posto. Un posto che con precisione può essere ovunque.
- io per ora pensavo di uccidere solo rane.
- ma dai povere, certo che la storia di Magnolia ti è rimasta impressa un bel po’.
Ha riso di nuovo, allora ho capito che con lei, nel nostro posto, ci stavo parlando da sempre.
- è che ti avrei fatto vedere Woody Allen.
- le aragoste di Io e Annie?
- quello è amore vero, altro che rane.
- sì sì, quello è l’amore più amore di tutte le scene d'amore di tutti i film d'amore dell’universo. Scusa, ho la tendenza a precisare quando un’idea mi piace molto.
- comunque niente aragoste, ti avrei fatto vedere la mammella gigante di “tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere”.
- non ti facevo tanto profondo, Victor.
Stavolta ha riso guardandomi dentro, allora mentre accarezzava Tommi ho pensato che il nostro posto avrà un giardino, un orto, un trattore, mille aragoste e probabilmente un bruco mela, che secondo me lei è da bruco mela.
- ohi cinefila, non ti sono venuti gli occhi a mandorla a Hong Kong, mi pare.
- purtroppo no, sono rimasti quelli grandi e stanchi da mostra.
- e cosa stavano leggendo gli occhi grandi, che eran così assorti?
- un altro giro di giostra di Terzani, lo stavano rileggendo per la verità, che ci fa decisamente bene.
- vuoi respirare senza maschera?
- ehi, questa è una signora citazione, canofilo. Diciamo che per ora mi basterebbe anche solo imparare a respirare.
- Terzani mi piace molto. Poi ho notato che non rispondi più a una domanda sì e sette no, merito suo?
- suo, ma anche un po’ mio, e comunque non ti ignoravo del tutto nemmeno l’altra volta.
E pareti blu, e una vasca da bagno enorme, e tantissimi libri. Il nostro posto avrà un pavimento da camminarci scalzi.
- vorrei tanto uscire con te, se te lo chiedo sette volte su sette, stavolta mi rispondi?
Silenzio (rispondi, dai, rispondi).
- Scusami non posso proprio. Cioè vorrei, credimi, non so perchè ma vorrei, ma non ora.
- ma come perchè? Perchè sono canofilo, ecco perchè.
- no ma sul serio, è che mi son messa in testa tutto un percorso di tanti passini, è una cosa difficile e sono solo all'inizio. Vorrei uscire con te, ma quando sarà il pezzetto di esistenza giusta, ecco.
- non ti preoccupare, non scappo.
- non prendermi per pazza, i miei tre neuroni l’hanno pensato già ad Hong Kong, sento che quando arriverà quel momento lì, sarà un nuovo possibile talmente spontaneo e senza filtri, che ce ne accorgeremo senza nemmeno parlarne.
- non prendermi per pazzo, ma io, i tuoi tre neuroni, io li adoro già.
Il nostro posto sarà nostro in capo al mondo, che adesso che ti ho trovato, mica ti perdo più.

mercoledì 4 febbraio 2015

lontano

Hong Kong sono i Baffi di quel fottutissimo genio di Carrère, che subito appena arrivi resti scioccata, tipo di fianco al mio albergo c'è una statua enorme di Bruce Lee e ti chiedi perchè, perchè pacchiana così, poi però guardi il mare e non ti chiedi niente, allora inizi ad essere avvolto dalle luci, dai fumi, gli odori e le voci, e poi sei parte di una folla che è ovunque, e cresce sempre di più pure in altezza. 
Hong Kong ti sembra di essere dentro un videogioco, poi dopo due giorni stai talmente bene in mezzo a tutto questo che non ti chiedi proprio più niente. 
Hong Kong sono la baia, il Peak, i grattacieli e il Man Mo Temple, sono spezie e incensi e colori, sono negozi modernissimi di fianco a impalcature di bambù, taxisti che non capiscono l'inglese e però capiscono te, sono nottate che ti meravigli di come sia possibile non perdersi a camminare in una città talmente esagerata e contrastante. 
Hong Kong sono i bagni la notte nel silenzio, che dopo ore senza essere mai un attimo da sola fai fatica a ricordarti quella sensazione lì, e allora ti abbandoni nella vasca e inizi a pensare, come cavolo ho fatto in così poco tempo a dimenticare tutto il mio passato? Non dico le voci, che le voci non riesco nemmeno a descriverle e non so se si possa, e lo so che per paura di non affogare ho dovuto rimuovere tutto e comportarmi come se quel macigno non avesse ucciso anche me, legittima difesa o roba simile credo, ma il passato al massimo diventa sfuocato, non lo cancelli, allora come ho fatto a non accorgermi che tutto si muoveva male? Ed è questa spirale di creta quello che voglio? Quali sono i miei bisogni? Non la voglio più la mattina che diventa pomeriggio, nemmeno fingere di stare bene, voglio curare l'aria dentro. Si può vivere, dormire, mangiare e amare senza quest'ansia qui? 
Ho le emozioni fredde come i cani morti che mi perseguitano negli incubi, sono in completa anarchia col mio corpo, la testa domina incontrastata e pesantissima, come si sbloccano i gomitoli? Arriverà prima o poi un pianto liberatorio? Mi sentirò leggera dopo? Non voglio più avere paura di vivere, nemmeno di morire, e non mi basta sopravvivere, voglio riuscire a far un saltino in più. 
Hong Kong sono io che finalmente capisco che mi rivoglio.

martedì 3 febbraio 2015

L'ultimo spettacolo



"Cercavo qualcosa che fosse diverso dalla canzone e dalla ballata. Cercavo una canzone teatrale ed epica, è giocata su un binario antico e uno moderno. Due partenze: una nave e un treno. La nave parte per portare questo poeta a cantare la guerra di Troia, il treno parte per portare via una donna. L'ispirazione è composita. Poeti greci come Kavafis, Seferis e un film bellissimo, "Mattatoio 5" di George Roy Hill, che univa più tempi di una situazione. Ci sono due modi per cambiare improvvisamente il tempo in questa canzone: la sigaretta Muratti e il binario per Torino. Da quel momento la canzone, che era tutta sull'antichità, diventa personale e sulla modernità, ma contempla due distacchi che sono comunque universali: quello del poeta che descrive la guerra di Troia e perde la sua donna, e quello di un cantautore che gira il mondo, oggi, per cantare, e perde anche lui la sua donna. Ecco perchè sono messi insieme. 
Non fu compresa perchè è molto complessa, piena di riferimenti culturali. Chi può capire il dolore di Achille sulle spoglie di Patroclo? Impossibile, anche perchè non si fanno nomi, è molto enigmatica e intensissima. Con folli salti melodici. Un po' alla Monteverdi, scusate il paragone, che cambiava continuamente melodia nei suoi madrigali. La parte antica usa gli archi, la parte moderna usa la batteria e le chitarre elettriche. "L'ultimo spettacolo" rappresenta la forza del destino che prevale su tutto."
Roberto Vecchioni

lunedì 2 febbraio 2015

La bella addormentata

Un coniglio con gli occhiali da sole "ispirato da Beatrix Potter e dal cieco che oggi mi ha chiesto una pompa (i conigli non dovrebbero avere le orecchie)".
E poi: una pioggia di rane con un lapidario "Alberto scusami", un gatto rosa (rosa?) con la valigia e la scritta "Uccione sopravvive dal vicino", e su tutto, nell'angolo della pagina, un volto stilizzato con due occhi enormi e sotto "questo mostro con gli occhi grandi e stanchi e di fuori sono io". 
La prima volta l'ho incontrata al parco, a dir il vero è stato Tommaso che si è buttato scodinzolando dritto sui suoi piedi, quasi la conoscesse da sempre. 
Sdraiata sul prato, dietro due occhialoni più grandi di lei, stava dormendo completamente circondata da schizzi coloratissimi di vestiti o giù di lì, fogli sparsi che io poi non ho nemmeno guardato, io solo occhi per i disegni sulla moleskine, avrei voluto sfogliarla tutta e subito.
- ehi ma che fai? 
- scusami, non volevamo svegliarti, ma comunque per Tommaso non sei così mostra.
- ridi ridi, non ti hanno detto che non si fruga nella testa degli altri? Fossi capace ti darei uno schiaffo. 
- ma come mai un gatto rosa? 
Ha sollevato gli occhialoni, poi, mentre raccoglieva le sue cose, mi ha guardato in un modo quasi serio che, occhi grandi, l'ho capito subito, pazzo di lei. 
- bei ciechi conosci, tra l'altro. 
Ha sorriso guardando verso il basso. 
- Uccio era il mio gatto, adesso per motivi di approvvigionamento viveri si è trasferito dai vicini, ma andiamo lo stesso molto d'accordo. E sì, è rosa tendente al rosso. 
- E invece a quell'Alberto hai dato da mangiare le rane? 
- Ma no, scusami bene eh, ma perché dovrei raccontare i fatti miei ad un perfetto sconosciuto? Disegno perché per me è più facile pensare per immagini che a parole, non riesco nemmeno a leggere i libri di racconti perché appena ne immagino uno ne inizia subito un altro e vado nel pallone, e dovrei parlare dei fatti miei a, a, a, chi sei tu? 
Profonda e pirla. Decisamente pazzo di lei. 
- ti va di uscire con me? 
- no! 
- bella diretta e concisa, ti ho spaventato? 
- Alberto è un ragazzo bellissimo, e gentile, e aggiungici pure tutti gli aggettivi positivi che ti vengono in mente, uno che a sorpresa, in una stanza buia, l'altro giorno mi ha proiettato su uno schermo gigante la pioggia di rane di Magnolia. 
- ohccazzo un canofilo, si dice canofilo?, un canofilo non potrà mai competere con un cinefilo, però a Tommaso piaci molto, mi ha detto che sui tuoi piedi si sente a casa. 
- la mia reazione alle rane è stato non dire niente e scappare subito a gambe levate. Diretta, concisa e pirla. 
- bravo Tommi non spostarti di un millimetro da lì, non facciamola scappare. A parte gli scherzi, seriamente, visto che ogni volta che ti chiedo qualcosa rispondi alla mia domanda precedente, mi piacerebbe molto rivederti uno di questi giorni. 
Lei ha messo la moleskine nella borsa, ha salutato Tommaso, mi ha sorriso e, mentre si allontanava, ha detto:
- in questi giorni proprio non posso, sto partendo per Hong Kong.
Ma l'ha detto in un modo, ma in un modo, che non vedevo l'ora di rivederla.

domenica 1 febbraio 2015

un pomeriggio perfetto

“Oggi prima di aprire il mio computer nel parcheggio ho rivissuto uno dei miei ricordi preferiti. È quello in cui Woody e io siamo seduti sui gradini del Metropolitan Museum dopo l’orario di chiusura. Guardiamo la gente che esce in pantaloncini corti e sandali. Gli alberi a sud sono disposti in file parallele. L’acqua della fontana schizza verso l’alto creando una nebbiolina che arriva quasi fino ai gradini su cui siamo seduti. Guardiamo le signore con i capelli argentei, e i loro abiti stampati bianchi e rossi. Separiamo uomini e topi, turisti da newyorkesi, i ricconi dell’Upper East Side dagli artisti del West Side. Il venditore di pretzel ci vende un rotolo di pasta bitorzoluto con dei grumi di sale qua e là. Facciamo i nostri soliti commenti sui pazzi e ci chiediamo come sarebbe vivere in un attico della Quinta Strada, con vista sul Met. Ridiamo e diciamo le solite cose che diciamo sempre. Ci teniamo per mano e restiamo seduti lì, senza fare niente, fino al tramonto. È un pomeriggio perfetto.”

Diane Keaton, Oggi come allora