domenica 18 gennaio 2015

capitolo 3|Scrivi, scrivi Mathias, scrivi

Prendiamo Trilogia della città di K.*, che se non l’avete letto secondo me dovreste farlo subitissimo, prendiamo Mathias, Mathias a me puoi dirlo, dimmelo Mathias, piangi la sera quando sei solo? E lo so che sei abituato a stare da solo, e lo so che non piangi mai, e lo so che Yasmine non tornerà, epperò so anche che da piccolo ridevi di più, che a casa di nonna cazzo ridevi sempre, e allora che fai Mathias quando non piangi, scrivi? Scrivi quando hai troppa pena e ti monta il dolore? Scrivi quando non vuoi parlare con nessuno? La notte, ad esempio, Mathias, che fai? Scrivi?
Io questo capitolo ho pensato che te lo scrivo a te, che faccio una fatica pazzesca a parlarne, ma sento che per andare avanti a stare meglio devo proprio, e allora a pensare di guardare il soffitto insieme mentre te lo racconto di getto, io, a me sembra la cosa non dico più facile, ma più naturale sì. 
Dopo tre mesi tre che è morto mio papà, dopo neanche cento giorni, dopo si è ammalata la mamma.
Il quadro è incompleto, si tratta di fare degli accertamenti, ma risultano delle cellule anomale, ci han detto, e io, io che i quadri li dipingerei a secchiate di colore, io che pure sui dubbi ci farei le vignette per sdrammatizzare un po’, io e i disegnini buffi, io con quelle parole lì mi son sentita letteralmente svenire. Tipo uno tzunami violentissimo che ti spazza via e tu non puoi fare niente, solo arrenderti. Niente rabbia questa volta, solo rassegnazione. A mia mamma non importava guarire, lei dal primo giorno sapeva che dove non si sa, ma comunque sarebbe tornata insieme al papà, e allora ti guardava e buttava lì un vostro padre non ci riesce proprio a star senza di me ragazzi, e te lo diceva con un sorriso che a me sembrava follia. Follia pura.
Inoperabile pure lei, l’ho dovuta supplicare di fare la chemio, e di questo adesso mi mangerei le mani, che una roba così invasiva non si può chiedere mai, ma io quello che volevo era tenerla con me, e alle speranze mi ci aggrappavo con tutta la (poca) forza che avevo. Egoismo truciolo.
Tutto inutile, tutto in merda. All'improvviso la madre ero io, e nel giro di sei mesi ho dovuto prendermi cura di un corpo che non era più il suo e di una persona che era un’altra, e la fatica più grossa è stato fingere di giorno di essere forte per starle vicino, e invece la notte cercare (inutilmente) di controllare il panico, il panico duro mentre vedevo che stava andandosene, il panico che da sola non ce l’avrei mai mai fatta. E il dolore, il dolore che non puoi farci niente, il dolore che non lo puoi arginare, il dolore che puoi solo sperare che almeno il suo finisca. Mia mamma è morta in meno di un anno, e io? Scrivi, scrivi Mathias, scrivi.

[*Dimmi, Mathias, piangi qualche volta la sera quando sei solo?
Il bambino dice:
Sono abituato a stare solo. Non piango mai, lo sai.
Sì, lo so. Ma non ridi neanche mai. Quando eri piccolo, ridevi sempre.
Doveva essere prima della morte di Yasmine.
Che dici, Mathias? Yasmine non è morta.
Sì. E’ morta. Lo so da molto tempo. Se no sarebbe già tornata.
Dopo un silenzio, Lucas dice:
Anche dopo la partenza di Yasmine ridevi ancora, Mathias.
Il bambino guarda il soffitto:
Sì, forse. Prima che lasciassimo la casa di nonna. Non avremmo dovuto lasciare la casa di nonna.
Lucas prende il viso del bambino fra le mani:
Forse hai ragione. Forse non avremmo dovuto lasciare la casa di nonna.
Il bambino chiude gli occhi, Lucas lo bacia sulla fronte:
Dormi bene, Mathias. E quando avrai troppa pena, troppo dolore, e se non ne vuoi parlare con nessuno, scrivi. Ti aiuterà.]
Agota Kristof, Trilogia della Città di K.

2 commenti:

  1. Ciao, mi piace tanto quando scrivi. A volte viene voglia di dirle le cose: io non le dico mai perchè mi imbarazza, penso sempre che vabbè che senso ha, suvvia, magari si dà anche fastidio. Però che cavolo, vanno dette almeno ogni tanto, magari non si dà sempre fastidio. Mi hai fatto piangere e non ci riescono mai a farmi piangere, non ci sono riuscita neanche quando tre mesi fa è morta la mia, di mamma, tropo grande lo sgomento. Ti abbraccio. F.Chertizza

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  2. Ciao tu :* Ho fatto molta fatica anch'io a parlarne, ma scriverne è il solo modo che ho per star pian piano meglio. Anche piangere fa bene, delle volte, tenersi dentro tutto invece mica tanto :) Un abbraccione grande

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