domenica 29 marzo 2015

Gli scacchi di Paolo

C'è Paolo che giocava in serie A, terzino qualcosa. Era bravo cazzo Paolo. Poi un giorno ha preso in mano una pietra e l'ha lanciata dritto in testa a uno che camminava per strada. L'han messo dentro per questo, non si è mai capito bene perché abbia ammazzato uno a caso, ma adesso comunque è perfetto, calmissimo e imbattibile a scacchi, fumatore accanito e cantante provetto, però fuori non ci vuole più stare.
Poi c'è Giovanna che è un angelo, cucina e ci vuole bene a tutti come figli, urla solo se le tocchi la borsa, chissà cosa ci nasconde, ci dorme insieme di pancia e l'abbraccia e le parla e nessuno sa il motivo, ma in fondo perché separarsi da una cosa che calma? Di sera ci divertiamo sempre a indovinare il tesoro nascosto, le diciamo Giovanna che cosa nascondi oggi nella borsa, una pianta? un caffè? il rossetto? un libro, un leone, l'accendino, un uomo? Ma lei ride ride e dice niente, allora noi non ci indoviniamo mai, ma pazienza, Giovanna è un sorriso insostituibile.
Il terzo amico mio è Luigi, da piccolo lo tenevano legato sul balcone come un cane e allora ha imparato tutte le stelle coi nomi suoi, tipo moka e punta, che cosa ne sapete voi se i suoi nomi son mica quelli giusti? Luigi è un omone che se ti abbraccia ti stritola, poi guai per gli animali che gli parla e ci capisce, però ha una paura tremenda della violenza in tutte le sue forme, tipo che anche solo se uno alza appena la voce lui piange come un bambino e si accarezza le cicatrici delle catene, allora son momenti proprio difficili.
Poi ci sono io, Giorgio. Io vorrei uccidermi sempre, con tutto. La testa ragiona, capisce, ascolta, poi però ogni tanto maledetti sbalzi dice basta, guardati, ormai cosa pensi di ottenere nella vita, falla finita, muori, allora il corpo inizia a cercare qualsiasi cosa per annientarsi e farsi un male che fa un po' anche bene. È difficile spiegarmi. Un tempo scrivevo, adesso è difficile, proviamo con un esempio: l'altro giorno stavo cucinando e il fornello mi attirava come due cosce di una che vuoi scopare tutta dentro subito, mi diceva vienimi sopra Giorgio con quella mano dai vienimi dentro, e io mi sentivo calamitato fortissimo, poi però son arrivati Giovanna e Paolo e mi han guardato senza dir niente, allora mano sulla spalla ho scolato la pasta e abbiamo mangiato e poi l'attrazione è passata.
La novità di metterci tutti noi quattro in un appartamento funziona. Che i dottori ci hanno raccontato le nostre storie senza tutti i filtri, continuano loro e le infermiere a seguirci, però sta cosa di vivere insieme in una casa e proteggerci l'un l'altro anche noi è un esperimento strano bello, ti fa sentire parte di un qualcosa di vivo, talmente tanto che ci son momenti che penso che il futuro non fotte solamente e gli schemi una qualche via d'uscita possono avercela. Come gli scacchi di Paolo.
Chissà, magari tornerò anche a scrivere come prima, che depressione è una parola abusata, chi più chi meno abbiamo tutti degli sbalzi, invece i punti deboli insieme diventano più morbidi.

giovedì 26 marzo 2015

son giorni interminabili che piove

Io il caffè lo zucchero sempre, pure col dolcificante che anche se fa male pazienza, più dolce è meglio è, però se mi chiedi quanto zucchero ci voglio mica lo so, dipende dal cucchiaino, credo.
Son giorni interminabili che piove e non sopporto il grigio, e la pioggia è fatta per farci sotto l’amore o ascoltarci la musica, mica per gente sclerata che in macchina urla che c’ha fretta e poi con la scusa dell’armonia ti manda l’umore in merda. Di solito quelli lì son poi quelli della vita a scompartimenti, laurea, matrimonio e un bambinello subito subito, poi il secondo dopo tipo due anni quando trombi poco, meno e diverso. La grisi che in macchina non cantano mai, forse ci han pure trombato, ma adesso mica gli viene in mente di usare il cazzo al posto del cambio, adesso pensan solo a suonare quel maledettissimo clacson che devon tornare a casa a vedere la tivù. Porca troia, io così a guardar dai buchi non ci riuscirei mai, la colpa è delle favole coi c’era una volta costruttivi che ti spingono a vedere il futuro all'imperfetto, tipo a rincorrere gli arcobaleni invece che a scopare nella pancia della balena. O forse della prospettiva piatta, che dopo Giotto uno dovrebbe aver capito che i progetti son sempre tridimensionali, fronte retro e pure incognita, e invece niente, tutti a cercar la sicurezza niente croste e fango guai.
Io mani bianche, occhi pieni d’anima, ma puttanella fetente la crusca a me mi fa cagare. Per me non esiste un’espressione altrettanto figa di ma però (che tra l’altro presuppone una sospensione della voce coi due puntini da baciare), pure coi congiuntivi si esagera, e ste maiuscole sempre, la rottura di maroni, io sarò troppo bohémien che adesso vado a bagnarmi i piedi in un qualche fiume ortodosso, ma a parte che anche a Manzoni gli piacevan da matti gli anacoluti, a parte questo, che senso ha correggerci pure mentre scriviamo? Secondo me ci si perde di spontaneità anche lì, come quando trombi perchè lo si deve fare, che sono convinta che ci sta gente che programma di scopare il sabato o la domenica, non quando gli sale la voglia matta da saltarsi addosso subito dove capita capita, seguono le tabelle, porco cazzo di un cubotto santo, e se qualcosa va storto è ansia, ansia profonda da matita blu correggersi subito. Ma adesso noi andiamo invece a comprarci un rossetto, rosso. E tanto zucchero, anche nell’espresso.

venerdì 20 marzo 2015

Fantastica

"Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare"
Novalis, Frammenti (1772-1801)

Nell'introduzione di "Grammatica della Fantasia", Rodari dice che l'idea di inventare storie gli viene da Novalis, oltre che da Breton e i surrealisti. Io, Rodari, l'ho imparato a conoscere quando ero piccolissima, che me lo leggeva mio nonno tutti i giorni prima di pranzo, e io dopo mi ricordo che guardavo le pagine piene di lettere che non capivo, ma vicino ci facevo i disegnini che mi venivano in mente. Era bellissimo. Sono straconvinta anche che mio nonno ci fosse agli incontri della Fantastica, che per una settimana li hanno fatti proprio qui a Reggio all'inizio degli anni Settanta, secondo me ci deve essere stato per forza. Favole al telefono, comunque, quello ce l'ho ancora con me, tutto scarabocchiato che guai. Ci penso a sta cosa ogni volta che mi chiedono come mai ho così tanta fantasia. Secondo me vuol dire. Tra l'altro domani è la giornata della vecchina dei ciclamini del filobus 75, secondo me vuol dire anche quello.

martedì 17 marzo 2015

nero e blu

Odio svegliarmi nel cuore della notte per colpa del cane che abbaia all’improvviso, mi allontano dal cuscino che sembro Beatrix Kiddo quando esce dalla tomba, poi col cazzo che mi riaddormento subito, prima o poi mi verrà un infarto, inizio a pensare, e dopo non mi fermo più. Tipo la canzone del sole, per molti è una canzone d’amore, per me è la storia di una che viene violentata e tutte le volte che provo a dirlo mi guardano come se fossi matta. Vallo a spiegare l’eco dei tuoi no e il mare nero, la gente si ferma ai fiorellini e alle calzette rosse, pazienza. Altro che niente da dire o tacere del tutto, troppi tendono a mascherarsi dietro ai giudizi, poi urlano da matti come difesa, io sti scogli mi son rotta le balle, io non voglio mascherare proprio più niente, allora già che ci sono volevo anche dire che secondo me Mogol è un cazzaro furbissimo e le discese ardite e le risalite son la metafora di un pompino da cielo azzurro e giù la gola, poi ancora in alto col grande salto, ma anche questa cosa non penso venga capita, forse lo scoglio sono io. Niente nevrosi, sì alla fragilità. Giorno dopo giorno. Mica è vero che tutto diventa più facile, forse ci si pensa meno, forse si riesce meglio, ma il normale non è mai comunque come prima. Si sopravvive, poi piano piano si vive. Non si galleggia comunque, che quelle son le merde, si nuota, quindi niente mini mostri di fango accovacciati sulla pancia, io della mia personalissima Salerno – Reggio Calabria mi fido (fidarsi è bellissimo), allora voglio tornare nel mare blu a nuotare con le stelle marine, andiamoci.

venerdì 13 marzo 2015

Paolo Nori | Come son messo

“Non so bene come chiamarmi, non so bene come vestirmi, non so bene cosa sono, che spazio occupo, da che parte sto, a cosa servo, quanti anni dimostro, da dove vengo, quando mi sono incontrato per la prima volta, non è facile scrivere così, comunque cominciamo.”

via paolonori.it

giovedì 12 marzo 2015

Pitturini pesanti

Oggi una signorotta make up artist (make up artist?) mi ha detto che mi cambierebbe tutta. Tipo Bridget Jones mi piaci così come sei ma al contrario, dovrei truccarmi coi pitturini pesanti e vestirmi più scollacciata. Io allora ho pensato due punti il rossetto da puttanone mai, nemmeno le maschere, le tette le faccio vedere a chi mi pare a me, mi sembri mia madre quando cercava di farmi mettere le gonne, sta cosa della femmina appariscente (per i ciechi) ha ampliamento sassato le balle ed è una cagata pazzesca, ma soprattutto, signorotta mia, considerando la fatica per cambiarmi dentro, anche io due tre cosette le sistemerei a lei, tipo non trascurare i pensieri, che scivolare nel volgare è un attimo e io preferisco camminare scalza.

mercoledì 11 marzo 2015

Posso?

Posso saltarti al collo?
fare un sogno di te?
guardarti e toccarti?
assaggiarti un pezzetto?
farmi i codini e fischiare?
giocare al lupo avere paura?
mangiarmi tutta con la tua bocca?
sì?

Vivian Lamarque

domenica 8 marzo 2015

le sedute della stanza bianca

leonard zelig

Delle volte mi sento tipo i murales di Ericailcane, di quelli che ti osservano mentre passi e si chiedono come cazzo fa la gente a usare il cannucciato, perchè si vestono sempre di nero e non alzano mai lo sguardo in alto, il cielo non finisce anche se manchi tu, lo sanno questi spettatori qui? Delle volte, dicevo, oggi no, oggi mi sembra di essere più dentro uno spettacolo di magia che uno lo sa che c’è il trucco, ma mica l’ha capito e allora osserva scettico il reale non reale sperando pian piano di capirci qualcosa, ma poi anche se non, pazienza. Sì lo so sto trascinandoti volutamente in una spirale della mia testa, non mi fermare lasciami andare, è rosa vedi? Scrivo tutto quello che mi passa senza filo logico apparente, che il sole un po’ scalda e io però ho freddo e ho provato a raccogliere i rami secchi che la neve ha ucciso, ma son pure inciampata, una culata meravigliosa che ho riso pianto e però adesso fa male. E mi stanno sul cazzo le persone che scappano e abbandonano il giardino, che adesso anche io vorrei il mare (senza guinzaglio), invece eccomi qua sporca di fango col polso dolorante, ma tu mettiti pure comodo in un qualche angolo, niente luce, tanto lo so che leggi lo stesso.
Penso sia tutta una questione di mondi sommersi, al di là delle macchine, i viaggiatori, le confusioni, le vite che esplodono, i commedianti, la dinamite, sono i mondi sommersi che ci fregano, quelli son roba sempre plurale e poi son caldi sti fottuti e non vorresti mai lasciarli andare via, allora io ho capito che voglio adottare un riccio, se puzza e non è legale pazienza, è più domestico di me e secondo me mi insegnerà un sacco. C’è gente che se gli dici Zelig non pensa a Leonard cazzo, fa pure le battute stupide e si crede superiore agli altri, io niente impresari da luna park, io sono per i cambiamenti, fregancazzo dell’arcobaleno, l'approvazione e le risate finte, preferisco spalancare le finestre e imparare, che tutto ciò che è tentativo è da subito più luminoso e nuovo del sommerso, solo che la mia mente pronta è energica e commuovente, ma tanto indifesa, per questo servono mille attenzioni e forse più, se no è un attimo precipitare nel ritmo sincopato. Maledetti traumi. Sei solo una mia immagine? Non lo sei?
Ma torniamo quindi sulla strada per tornare in me. Fu il suo disturbo a salvarlo Leonard, e allora nonostante la confusione, la voglia di cambiare che cammina sul muro e la poca pazienza scervellata sfarzosa clandestina, io secondo me pure a testa ingiù ci sono sempre delle certezze, tipo indietro a prima mai, che quello è solo esser fermi, e poi soprattutto il bene, il bene che adesso lo so che te che leggi non ci hai capito una fava e ti vien voglia di rileggere per cercare di capire se esiste un senso in tutto quello che ho scritto (Leonard Zelig, del resto, esiste?), ma prima respira e sorridi, che dopo il senso c’è. Le bottiglie vuote non lo so se vanno conservate, comunque il sole se ne frega della morale comune.

venerdì 6 marzo 2015

delusione

Pantone_Magenta
Ci sono delle volte che sono proprio difficili, tipo che io è un periodo che userei il martelletto soprattutto per le mele ma anche in generale per tutto, che il martelletto è come una sbadilatina ma di precisione, e anche solo a dire tic tic tic appena sento una cazzata mi aiuta che rido, ma comunque alla fine tic tic tic il martelletto sono riuscita a farmelo cadere in gola e mi fa mica bene.
Che uno dice la rabbia, e invece è delusione. Che è più profonda come cosa, la rabbia è fondamentalmente merda, tipo che ci sono femmine che proteggono le piante, ti dicono quello che devi fare e quello che no, sempre pronte a sassare le balle, roba che se ti tingi i capelli e lui non se ne accorge vien giù il mondo e allora urlano, urlano che sembrano generalesse, e a guardarle lo vedi che sorridono sempre poco e ti chiedi che ci troveranno in queste iene io boh, ma siccome poi alla fine ottengono sempre quello che vogliono loro, io lo ammetto che un po’ affascinata da questa strana disciplina persuasiva, io un po’ lo sono.
Arrabbiata comunque l’unica volta è stato per la morte dei miei, e ci ho messo degli anni ad accorgermene e a buttarla fuori questa cosa che sembrava una ragnatela nera, tra l’altro in quel momento di rimozione un po’ generalessa nervosa lo sono stata pure io, ma dopo basta però, che a me, in generale, a me certi problemi sembrano meno importanti di altri, a me sembra non ne valga la pena di alzare la voce, non me ne frega niente dei capelli, nemmeno delle piante, gli spazi, i questo sì questo no, a me della morale o della gelosia frega un cazzo, io sono per la donna spontanea di coscia allegra, ma siccome il mio foglietto è quello lì tutto stropicciato che non è neanche stato letto e a pensarci alla fatica il mio cuore di fagiana scotta, io sono giorni che mi sento vetro immobile da piangere fino a prosciugarmi le parole. Senza forza e senza lacrime però, in silenzio tipo una dispersione di coriandoli scuri al rallentatore. Penso che la delusione sia questa.

(scriversi per non schivarsi è comunque una chiara presenza del martelletto magenta, secondo me) 

mercoledì 4 marzo 2015

come una chiocciola offesa

“Lei è schiva, silenziosa, con ferite antiche. Devi amarla con attenzione, può diventare fredda e dura, può chiudersi in se stessa come una chiocciola offesa.”

E.M. Reyes

lunedì 2 marzo 2015

le faremo sapere

Grandi presenze, grandi assenze.
Dove cominciano le cose? 
Il rapporto causa effetto. 
La vita è il contrasto tra gli opposti. 

Io fondamentalmente non lo so. Io a me hanno telefonato l'altro giorno che nevicava e m'han detto salve è lei Giovanni Rossi? Sono io le ho detto alla voce, e quella buongiorno mi ha detto, chiamo da Spazio Sticazzi International Spa mi ha detto, le interesserebbe venire a fare un colloquio, a Bologna, per un posto da responsabile della comunicazione della nostra azienda?, mi interesserebbe le ho detto, allora eccomi qui a girare in mezzo ai blocchi di cemento del Centegross alla ricerca del blocco 30 o giù di lì, ci devo citofonare da dietro, mi ha detto, che evidentemente chiusa una porta il portone si apre da dietro, non lo sapevo. 
Spazio Sticazzi International Spa? 
Sono Giovanni Rossi. 
Chi? 
Giovanni Rossi (scandito bene) 
E cosa vuole? 
Son qui per un colloquio. 
Ah. 
Eh. 
Lunga pausa di riflessione di quelle che uno fa in tempo a scaccolarsi, ma io sono un signore allora ho solo aspettato davanti al citofono col collo teso. 
Le apro. 
Grazie. 

Buongiorno Giovanni, venga con me, mi segua, mi dice una che c'ha addosso una fretta tipo quando ci sono i saldi, allora via dobbiamo correre, scala di ferro nera coi buchi da capannone, corridoio di ferro nero coi buchi da capannone, in mezzo una marea di vestiti, come cazzo farà a non incastrarsi nei buchi coi tacchi?, vè se va vè se va, stalle dietro che ti perdi Giova.
Si sieda pure qui, la riceveranno presto, arrivederci. 
Arrivederci le dico, ma secondo me è troppo lontana, mi sente più. 
Ed eccomi seduto su una panca di marmo nera piuttosto fredda, davanti a una porta sempre di marmo nera sempre piuttosto fredda, tenuta ferma però da un elefante indiano coloratissimo, un cosino di venti centimetri neanche di una pietra abbastanza molto pesante, si vede ad occhio, tipo che a lanciarlo anche solo con la proboscidina secondo me ammazzi uno. 
Dietro la porta c'è una che urla al telefono incazzata come un daino, e io lì allora mi si è aperto uno scenario nuovo del tipo adesso che faccio, ascolto, faccio finta di niente, o parlo con l'elefante? 
Ascolto per forza mi son detto, senti come urla. La gente passa, sorride, io li guardo come dire eh, l'han fatta arrabbiare, devo ascoltare per forza, loro sospirano come per dire devi ascoltare per forza, ma sei proprio sicuro sicuro di voler venire a lavorare qui?  Io allora penso non lo so, tu che dici elefante? Poi l'elefante non fa in tempo a rispondermi perchè all'improvviso un boato, la voce a un certo punto urla un fortissimo "questa è un'azienda di merda" che a me, sarà perchè mi ricordava la cagata pazzesca di Fantozzi, sarà perchè ha calcato molto sulla a finale, io sono scoppiato a ridere di brutto e allora la tipa di prima è arrivata in un secondo e mi ha portato via. Di corsa.
Me lo fa lei il colloquio, seduti su una scrivania in mezzo ai buchi e ai vestiti. Mica l'ha mai letto il mio curriculum. Neanche ha poi voglia di ascoltarmi, mi pare, c'ha fretta, mi pare. 
Il signor? 
da Vinci Leonardo. 
Interessante. 
Cosa fa nella vita? 
Pitturo. 
Interessante. 
Sono abile anche in matematica. 
Interessante. 
E penso che effettivamente questa sia un'azienda di merda. 
Signor da Vinci, la prego. 
Posso chiederle che cosa state cercando? 
Mi scusi sa Leonardo, ma questo lo analizzeremo eventualmente in un secondo momento. Adesso volevamo solo farci un'idea su di lei. Altre domande? 
Nessuna. Arrivederci signorina. 
Arrivederci signor Da Vinci. 

Dopo io sono uscito, mi spiace solo non aver salvato l'elefante colorato che secondo me se lo meritava, io però ho rifatto i blocchi del centergross a ritroso, ho respirato, ho detto a voce alta due o tre volte job act job act job act che sembrava una scatarrata, poi ho pensato che certe cose, io non lo so se mi capitano solo a me, non lo so, ma comunque, nel caso, le devo proprio raccontare. 

Tempo effettivo del colloquio, comprensivo della lettura ex novo del curriculum di da Vinci Leonardo: 7 minuti e 58 secondi. Job Act.