domenica 29 novembre 2015

cambiamenti imperfetti

A camminare oggi c'è un freddo che sembra di avere gli spilli nelle guance, però a me piace. Mi piace pure che alla sera quando torno a casa ci son già le lucine di Natale, che con la musica dentro fanno tanto ammore. Mi piace anche che son dei giorni che al lavoro scrivo fuffa e rido dandomi della stordita da sola, mi piace. Mi piacciono pure i semi con lo yogurt greco a colazione e la tisana con lo zenzero la sera, mi fa sentire sempre stordita, ma più sana. Pure struccarmi appena torno a casa, che siccome non mi trucco è più un gesto liberatorio tipo c'era una volta in America, ma mi piace. Mi piace il sorriso pirla che mi viene quando annuso l'aria da neve, che in effetti è il sorriso pirla più bello del mondo ed è un peccato non vederlo sempre, credo, mi spiace. Mi spiace anche che le persone ti rimuovono così a cazzo, ogni tanto ci penso e fa mica bene. Mi spiace anche che non sento ancora il Natale, tipo cantare Bruce Springsteen in doccia quest'anno non so se ci riuscirò, mi spiace. L'anno scorso, esattamente questo weekend, un anno fa pensavo di aver sistemato tutto, lavoro nuovo, vita nuova, feste nuove, mi piaceva molto. Mi ricordo che domenica pomeriggio di 365 giorni fa stavo sul divano a leggere Manganelli e ad ogni respiro perdevo un chilo di ansie, mi piaceva. Dopo poi, proprio tutto mica vero che l'avevo sistemato, era più un abbaglio di niente, che gli abbagli son robe difficili che ti sbagliano tutto, ma comunque pian piano ci vedi anche lì e ricominci coi tasselli, infatti dopo cioè adesso, come ago della bilancia, adesso mentre corro tipo trottola avanti indietro tutto il giorno, adesso che non so come al solito ancora un cazzo di certo, adesso stordita imperfetta suonata ogni tanto guardo la mia foto di maggio della carta d'identità e mi dico da sola ma sei te questa qui? lo vedi come sei irriconoscibile? Dopo poi sospiro, faccio una carezzina mentale ai miei cambiamenti imperfetti, rido, e mi piace.

sabato 28 novembre 2015

Nodo

The Story of Us Art Print by Henn Kim:


In fondo siamo solo una storia di parole scrivici, scrivici di come ci siam fatti e disfatti, scrivici pieno di suoni cosa siam stati e non saremo più, scrivici indice sui tasti il mare di traverso, scrivici il non senso del distacco, scrivici in quale ottave il silenzio che urla, scrivici questa delusione lo strappo del cuore, scrivici le scarpe il cielo scrivici. Sospiro, respiro scrivici. Che senza parole non saremmo un cazzo di niente.

martedì 17 novembre 2015

Il soggetto, continuiamo a muoverlo di una virgola?

Il male, lo lasciamo fuori? I brutti, li coloriamo di magenta? Le banalità, le sostituiamo con la musica forte nelle orecchie? Oltre alla lettera della Fallaci, ci rileggiamo quella di Terzani? Io venerdì ero in aeroporto quando è successo e prima di capire ridevo perché eravamo tutti schiacciati come sardine mentre l'autista ascoltava in francese la partita dell'Italia. La paura senza motivo, le facciamo il solletico? Il soggetto, anche sottinteso, continuiamo a muoverlo di una virgola? Le barriere, le uniamo talmente dentro da scioglierle? Dopo poi cantavo la musica ignorante e ho capito. È stato brutto che non voglio parlarne perché tanto sarebbe banale, è stato ancora più brutto ieri un allarme bomba, due in mimetica coi mitra e degli occhi che neanche loro, meglio non parlarne. Di cosa voglio parlare aculei maledetti? Di sabato che ho cenato in un ristorante siriano con italiani, inglesi, francesi, fiamminghi e pure slovacchi e abbiamo fatto un mesculotto di lingue e riso e bevuto e tutto è stato normale. Delle camminate nelle strade sconosciute col vento, dei bagni caldi e le tisane prima di dormire, del mercatino delle pulci che ho preso una giacca vintage stupenda, delle spezie, no cazzo non è vero, voglio parlare di quanto è impagabile rapportarsi con le persone, che senza l'amicizia saremmo tutti completamente persi, e invece io bussola voglio perdermi nei legami. Voglio confrontarmi, capire, conoscere, sostituire ogni possibile forma di odio col più disarmante dei sorrisi, voglio l'amore di pancia e di vita, non i dubbi del cazzo o le circostanze buttate lì. E scusatemi se alla fine sono stata banale, ma io ieri, a tornar a casa, io pensavo questo. I viaggi, non smettiamo di farli mai?

giovedì 5 novembre 2015

ecco

Ho letto che quando si vuole bene a una persona, ma bene veramente, a questa persona qui gli si vuol bene anche se non succede il contrario. Io, allora, anche considerando che a me come si fa a non volermi bene non lo so, io, a me a legger sta frase qui, io ci ho pensato, e insomma, mica è poi vero vero, tipo un po' la pentola del vapore a vanvera, urlare non sentire, atto primo scena seconda, io se ti sto sui maroni tutto tutto sto bene mica lo so se ce l'ho, per te, ce l'ho di sicuro per chi sento che c'è anche quando non c'è, che mica è la stessa cosa, è un'altra cosa che devi dichiarare proprio niente. La vita normale delle previsioni oggettive. Ecco.

domenica 1 novembre 2015

il grande cocomero

Ci son delle volte che il percorso lo devi far per forza in solitaria, che gli altri possono esserci, ascoltare, dire, fare, baciare, ma da quel cazzo di buco (solito doppio senso?) devi per forza passarci solo tu. Dopo è tutto molto strano, dopo ti capita di guardar delle scene di coppie e bambini, oppure ascoltar storie di lavoro, che sembra di veder un film lontanissimo con visione di lato, più che frontale, e mica lo sai come andrà a finire, sei pronta pure al mostro sotto al letto, ma dentro senti con certezza che tu non sei e non vuoi così, e soprattutto indietro mai, e allora provi un sollievo di un bello, ma di un bello, da colorarti tutto, pure il respiro. Ecco io, secondo me, è questo sollievo qui che va condiviso tutto pigmento dopo pigmento, tipo che dovremmo fare a gara a chi abbraccia più forte, oppure stonare vergognosamente canzoni stupidissime, brindare, farci l'amore, rapire un'aragosta, spazzare via le bugie col caffè, incontrarci di nuovo una prima volta per festeggiarci, o per lo meno ricordarci a vicenda, nei momenti pesi, che alla fine, lenti di un lento che una lumaca in confronto è veloce, alla fine ce la si fa. A modo nostro, che è fondamentalmente pirla, maschile femminile singolare plurale.