venerdì 25 marzo 2022

voglia di leggerezza

Ve li ricordate i primi amori quando ti venivano dei sorrisi pazzeschi che sembravano limoni? Che ti sfiorava e impazzivi? Io mi ricordo che una volta ho accompagnato uno a pescare per quei brividini lì, era luglio, due maroni, una puzza di stagno e un'ustione che però, per lui va bene, vuoi mettere? Un'altra volta un treno a caso, siamo finiti con la neve a Sirmione, bellissimo il lago, la neve, il ritorno col treno a porte aperte per il ghiaccio chissenefrega, vuoi mettere il sesso?
Poi la morte dei miei sono diventata un ghiacciolo, adesso mi dà fastidio addirittura essere sfiorata, mi fanno schifo i corpi, la pelle, dove sono finita? Lo so dov'è morta assassinata la mia voglia di futuro, però in questo momento mi verrebbe da urlare pur di riavere fiducia e vivere leggera. È difficilissimo lasciar andare via chi non c'è più, ma io mi rivoglio. Rivoglio la leggerezza, le cazzate, il sorriso, i corpi. Costruire roba seria la lascio a voi, se vi va, io ho bisogno di emozione perché avere a che fare da quando avevo 20 anni con la responsabilità prosciuga, mi serve una vacanza. Non so cosa fare, ma vabbè, almeno so, finalmente, cosa voglio.

giovedì 17 marzo 2022

perché scrivo

Ci son delle volte che per attraversarle servono mille occhi, io quelle volte lì cammino e scrivo.

Perdonatemi se, nell’ultima lezione del corso, ripeto esattamente quello che avevo scritto nella prima, ma non saprei proprio dirlo in un altro modo. 

Quando arrivo a casa la sera dopo una giornata pesa come il piombo, quando ho mille pensieri in testa senza capo né coda, quando ho dei periodi in cui sento in pancia l’ansia, la paura o peggio il dolore che tende a bloccare, io mi metto lì, inizio a camminare, e nel mentre scrivo. È l’unico modo che conosco per riuscire a stare bene.

Scrivo egoisticamente per me, faccio in modo che i pensieri trovino prima un ordine e poi una forma, li butto giù e li riduco all’essenziale, via gli orpelli, nessun avverbio o aggettivo, li limo per trovare la sintesi, un equilibrio tutto mio che mi permette di ascoltarmi, respirare e stare meglio.

Quando avevo 20 anni ho avuto a che fare con un dolore di quelli che ti blocca tutto, ho perso nel giro di un anno di malattia i miei genitori, e dopo è stata durissima. Fondamentalmente ho cercato di vivere giorno per giorno per non annegare, evitando come la peste qualsiasi forma di vittimismo, perché i come stai degli altri non sono davvero capace di affrontarli. 

È lì che pian piano ho scoperto la scrittura. Guccini canta se son d’umore nero allora scrivo, credo di aver iniziato avvelenata così anch’io, ricordo che ero ferma nelle emozioni e cercavo di trovare un contatto con me stessa, scrivere era una fatica enorme, ma mi ha permesso di ritrovarmi. Ho iniziato col buttare giù appena sveglia i miei incubi, non li ho mai riletti, poi è arrivata la rabbia, mai riletta nemmeno lei, ricordo solo che erano frasi interminabili e contorte e nere, se posso darci un colore. Poi ecco che dall’immobilità, pian piano mi sono rimessa in piedi, e ho iniziato questo processo in cui letteralmente cammino mentre scrivo, ed è lì che finalmente sono tornati i colori. 

Scrivere mi ha salvato, mi ha fatto crescere e aiutato a far pace con la vita, anche se ogni tanto continuo inevitabilmente a darle della zoccola. Scrivere mi ha aiutato a buttare fuori il dolore e a guardarlo dritto in faccia, fino a ritrovare il sorriso. Per questo, passo dopo passo, continuo e non potrei proprio mai farne a meno.

(Ultima lezione del corso con Paolo Nori)