giovedì 31 dicembre 2015

l'effetto autostrada

Son mica capace io di fare i bilanci, però a me il 2015, lo dico piano, a me è piaciuto. Cioè, ha avuto dei momenti di merda tipo le paludi di Atreiu che non so come ho fatto a tornare pulita, però l'odore di lagavulin l'ho sentito, quindi sì, gli alti e i bassi sarà la vita, a me è piaciuto. La svolta, se devo dire una svolta, continuo a non essere capace di un sacco di roba, però la svolta è stato realizzare che il mio sorriso è prezioso e che non voglio rinunciarci per nessuno per niente, e allora non che sia diventata più forte, resto sempre la solita fragile e sottile, ma la svolta è stata quella, di pensare a cosa mi fa stare bene me. La musica. Chissà se riuscirò mai a rispondere quando è ora alla gente maleducata. Tipo, io l'odore delle sigarette me lo ricordo fin da piccolina, mi ricorda mia nonna e i miei genitori, pure la mia maestra alle elementari, è un odore che mi piace anche se non fumo, anche il lagavulin è un odore che mi piace anche se non lo bevo, anche il lexotan è un odore che mi piace, anche quello speziato dell'umanità dei souk, invece mia nipote di anni due, se vede uno che fuma lo guarda e gli dice puzza dritto in faccia, che glielo insegneranno all'asilo o sua mamma non so, però sta cosa a me non sembra naturale, io così mica son pratica. Ancora più che rispondere e far scivolare, comunque, io se devo dire un proposito, devo dire un proposito? io l'anno prossimo vorrei imparare a regolare l'effetto autostrada, tipo quando guidi ai 130 e dopo esci nei paesini, dopo ti vien lo stesso di andare forte e invece non va bene, ecco io vorrei imparare ad andare pianino e soprattutto a fermarmi quando è il caso, che non mi accorgo quando mi stanco troppo ed è una cosa che dopo mi fa male fisicamente mentalmente tutta. Tipo gli odori, a me ad esempio degli uomini fa impazzire l'odore tra collo e orecchio, di me quello della pelle abbronzata, però la verità sacrosanta è l'odore del sesso, maledetto Ligabue che c'ha fatto una canzone banale come poche, che va bene che passi dalla chimica alla testa e diventiamo tutti animali con istinti uguali ma diversi, però se non ti piace l'odore del suo cazzo è già un amore andato a male scaduto che non puoi farci niente, non funzionerà mai, invece se l'odore ti piace la meraviglia, ci sei già dentro fino all'utero e non ti resta che ballare, però, caro stivaletto, le paure le difese il branco, mica vero che l'odore del sesso non va più via, ti entra pian piano dentro poi ti appartiene talmente tanto che alla fine, troppo veloce o troppo lento, dopo non lo riconosci più. E io no, io almeno per un po', io 2016 non vorrei questo. Mi senti?



lunedì 28 dicembre 2015

dal libro che ne vorrei altri mille così nel 2016

“Avercele delle braccia grandi tutta la città per poterti coprire e stringere ovunque tu sia amore mio, avercela una lingua lunga mille leghe per leccarti e un uccello in volo sopra i mari e ai monti e ai fiumi per raggiungerti affezionato mio caro, e per venirti dentro e strusciarti e spezzare così questa atroce lontananza e invece rimango solo, la notte tutt'intorno tace e la mia stanza invece urla e grida per te che non ci sei, io, io non ce la faccio proprio più.”

“Ma in fondo chissenefrega del Johnny e di tutta la baracca del postoristoro, io ci voglio sopravvivere anche se l'ho capita ormai che nel sangue e nella merda ci dormo da quando son nato per cui non me la meno più di tanto, qualcosa succederà o s'aggiusterà e non ha importanza adesso quello che sarà domani o posdomani e ancora dopo, perché primaoppoi qualcosa cambierà e sarò uomo e non me la farò più con tutti i porci lerci del postoristoro e troverò una donna e ci farò dei figli e mi sbatterò coi buchi fin che ho vene e soldi e un pezzo di culo da dar via, perché perché perché.”

“Lacrime lacrime non ce n’è mai abbastanza quando vien su la scoglionatura, inutile dire cuore mio spaccati a mezzo come un uovo e manda via il vischioso male, quando ti prende lei la bestia non c’è da fare proprio nulla solo stare ad aspettare un giorno appresso all’altro. E quando viene comincia ad attaccarti la bassa pancia, quindi sale su allo stomaco e lo agita in tremolio di frullatore e dopo diventa ansia che è come un sospiro trattenuto che dice vengo su eppoi non viene mai.”

“Bando a isterismi, depressioni scoglionature e smaronamenti. Cercatevi il vostro odore eppoi ci saran fortune e buoni fulmini sulla strada. Non ha importanza alcuna se sará di sabbia del deserto o di montagne rocciose, fossanche quello dell'incenso giù nell'India o quello un po’ più forte, tibetano o nepalese. No, sará pure l'odore dell'arcobaleno e del pentolino pieno d'ori, degli aquiloni bimbi miei, degli uccelletti, dei boschi verdi con in mezzo ruscelletti gai e cinguettanti, delle giungle, sará l'odore delle paludi, dei canneti, dei venti sui ghiacciai, saranno gli odori delle bettole di Marrakesh o delle fumerie di Istanbul, ah buoni davvero buoni odori in veritá, ma saran pur sempre i vostri odori e allora via, alla faccia di tutti avanti! Col naso in aria fiutate il vento, strapazzate le nubi all'orizzonte, forza, é ora di partire, forza tutti insieme incontro all'avventuraaaa!”


Pier Vittorio Tondelli, Altri libertini (leggetelo, nel caso)

sabato 26 dicembre 2015

Perché scrivere

Perché scioglie i pesi. Perché libera. Perché delle volte non capisco. Perché mi domando. Perché dentro brucia. Perché l'ansia nella pancia. Perché canto, ma la leggerezza la respiri. Perché la musica. Perché tu. Perché elaborare il male. Perché vedo le immagini e descriverle è una sfida. Perché serve a leggersi. Perché ricordarsi. Perché il sorriso è prezioso. Perché io. Perché le domande ci vuole lo sforzo. Perché le risposte. Perché la ricerca. Perché la coccola. Perché senza non sarei. Ecco perché.

venerdì da tre giorni

Sono qui con un libro fotografico stampato in carta kiwi che mi osserva, il cane di fianco che dorme e mi ignora, una candela da accendere e la tovaglia da sparecchiare, da ieri. Non so che giorno è, forse venerdì, ho perso il conto. Non so un sacco di cose, tipo che il libro è scritto metà in cinese e chissà che vorrà dire, mi fissa lo guardo e sorrido, ma va bene. Non ho nemmeno voglia molto di pulir casa, anche se tra carte e bottiglie sembra stata abitata da mille persone. Ho tipo un po' una paura generica, l'annuso e non la distinguo, avrò bevuto troppo in questi giorni, ma va bene, oggi le cose non le voglio sapere. Pensavo. Nel senso che adesso non penso più, accendo la candela, e mi metto di fianco al cane a fissarla. Il resto, per oggi, lo faccio profumare poi meglio domani.

domenica 20 dicembre 2015

zeroquindici

Mi fido di zerocalcare, del panino con la mortazza dopo la sbronza, dello scrivere per elaborare. Non son capace di giocare a briscola, di solito appena lo dico tutti si scandalizzano manco fosse non sapersi allacciare le scarpe, comunque di chi mi insegnerà a giocare a briscola mi fiderò. Mi fido di chi inciampa ma si rialza, di chi non si vergogna e quando c'ha voglia canta ignorante e poi si commuove tipo con Stevie Wonder. Non son capace di stirare, di fare la composta tipo la Bellucci, di parcheggiare in retromarcia, ma forse questa cosa del parcheggio è femmina quindi ok. Io di quest'anno gennaio è stata la primavera anticipata che anche coi metri di neve di febbraio mi faceva sentire caldo e raccontare tutto, e io ci credevo a quella primavera lì, si capiva dal sorriso. Dopo poi marzo son venuti dei momenti di delusione da averci male a tutte le parole e non riuscire a infilarle (perché non mi hai letto?), ma più che tipo collana, dopo mi son sentita come una chiocciola offesa con le ferite serie, una che ha provato ad aprirsi ma siccome non c'è riuscita allora ha preferito dormire, maledetto freddo umido della primavera vera, non funziona dormire, non funziona manco per un cazzo. Venerdì in una mail mi hanno scritto "imbocca" il lupo, che a pensarci è un lapsus bellissimo, a me fa ridere molto. Vorrei il calore della vasca da bagno, tipo far la nebbia nella stanza e ascoltare la musica, o forse anche solo le parole, si infilerebbero da far intenerire pure il lupo più stronzo di tutti, vero? Aprile depistar la bestiola non è stato facile, tutto lento e grigio, e strano e ovattato e senza vino, poi però son arrivati dei cambiamenti inaspettati di un veloce che maggio giugno luglio caldo fuori freddo dentro, pian piano son cambiata pure io. E io adesso, io non li sto a descrivere tutti i miei cambiamenti, c'ho pure il viso diverso che tutti mi chiedono sei dimagrita e bla bla bla, io adesso continuo a cercare la stabilità del cuor di mela, però se devo dire una cosa sola come bilancio di quest'anno, la cosa da dire è che tutto può cambiare da un momento all'altro, ma io, io i punti fermi nonostante i nonostante ci sono, e infatti, esattamente come un anno fa, continuo a tifare per l'aragosta di Annie Hall. 
E non c'è niente da capire, o forse tutto, vedremo.

domenica 13 dicembre 2015

Le regine cattive

Le tasche scucite. Non sono mai stata capace di impormi per ottenere qualcosa. Tipo il mio ex aveva il terrore di volare, con la nuova morosa dopo neanche un mese era in aereo. Le tasche cucite. Di pensiero praticante, frullo e mi tengo il male dentro. Quando hai paura hai tutte le difese in allerta e in un certo senso sei più protetta, appena ti rilassi la prendi nel culo, penso sia una qualche legge o corollario sul non mollare o giù di lì. Gli occhiali da sole. Mica li capisci gli incisivi sulla pelle, ho il sorriso che mi viene naturale e sdrammatizza sempre, pure quando piango delle volte rido e a illuminare tutto non ci si capisce giustamente mai un cazzo. Gli occhiali da vista. Quelli da lontano, mi servono, soprattutto per il lato sinistro. Simmetria. Non ce l'ho. Intonazione. Secondo me mi manca, ma il mio musicista di fiducia sostiene di sì, in ogni caso l'ottava giusta vorrei trovarla. I vuoti a perdere, sono le possibilità? Mai capito perché le sprechiamo, forse la cosa del farsi condizionare andrebbe rivista. Li voglio. I vuoti a prendere, son quelli che colmano i pieni? Ascoltare la pancia, che ad essere se stessi pure coi difetti ma con la verità, si vince sempre. Voglio anche quelli. Le regine cattive fan sempre una brutta fine, io credo.

martedì 8 dicembre 2015

spolmonare quel che ho dentro

Tipo:
"perché la vita è davvero vita cioè una porcheria dietro l'altra e allora è come sbattere giù merda ogni giorno che poi ti dimentichi che fa schifo, e ne diventi magari goloso"

Oppure:
"però l'intensità della scossa fra le gambe sale e stringe lo stomaco e le tempie si inumidiscono leggere e tiepide che paiono baciate dalle perle e allarga le braccia e trema, troppo bella quella scossa, troppo diretta al cuore"

E anche:
"Notte raminga e fuggitiva lanciata veloce lungo le strade d'Emilia  a spolmonare quel che ho dentro, notte solitaria e vagabonda a pensierare in auto verso la prateria, lasciare che le storie riempiano la testa che così poi si riposa".

Pier Vittorio Tondelli, Altri libertini
No niente, le certe notti lungo la via Emilia o a cavalcioni sui leoni di piazza San Prospero le ha raccontate meglio lui.

mercoledì 2 dicembre 2015

Camomilla

Io cosa c'è di preciso preciso nell'amore mica lo so, però due tazzine da caffè ci stan per forza, anche guardare novecento tutto intero sotto Natale con l'albero acceso. Poi la musica e la scossa. Tipo tutte le cose che ti fanno stare bene col sorrisetto pirla, ma anche quelle che ti sbadilano via l'ansia quando stai male, che poi è uguale, credo. Camminare di notte che sembra di essere ovattati, fare la spesa ignorante, perdersi i nervi nella coperta, il vino, le cazzate stonate di voce bella, la neve al mare che vorrei fotografarla da sempre, chissà se ci riuscirò mai, il sesso da non riuscire a smettere di sentirsi, le caramelle, conoscersi le pance da farsi un quadro. Volersi vivere, ma un viversi davvero da lavarsi via il non capirsi sotto la doccia, fidarsi senza parlare, la fissa. Magari sembro banale, io di preciso preciso infatti cosa c'è nell'amore mica lo so, ci deve essere un odore buono, al resto ci penso.

domenica 29 novembre 2015

cambiamenti imperfetti

A camminare oggi c'è un freddo che sembra di avere gli spilli nelle guance, però a me piace. Mi piace pure che alla sera quando torno a casa ci son già le lucine di Natale, che con la musica dentro fanno tanto ammore. Mi piace anche che son dei giorni che al lavoro scrivo fuffa e rido dandomi della stordita da sola, mi piace. Mi piacciono pure i semi con lo yogurt greco a colazione e la tisana con lo zenzero la sera, mi fa sentire sempre stordita, ma più sana. Pure struccarmi appena torno a casa, che siccome non mi trucco è più un gesto liberatorio tipo c'era una volta in America, ma mi piace. Mi piace il sorriso pirla che mi viene quando annuso l'aria da neve, che in effetti è il sorriso pirla più bello del mondo ed è un peccato non vederlo sempre, credo, mi spiace. Mi spiace anche che le persone ti rimuovono così a cazzo, ogni tanto ci penso e fa mica bene. Mi spiace anche che non sento ancora il Natale, tipo cantare Bruce Springsteen in doccia quest'anno non so se ci riuscirò, mi spiace. L'anno scorso, esattamente questo weekend, un anno fa pensavo di aver sistemato tutto, lavoro nuovo, vita nuova, feste nuove, mi piaceva molto. Mi ricordo che domenica pomeriggio di 365 giorni fa stavo sul divano a leggere Manganelli e ad ogni respiro perdevo un chilo di ansie, mi piaceva. Dopo poi, proprio tutto mica vero che l'avevo sistemato, era più un abbaglio di niente, che gli abbagli son robe difficili che ti sbagliano tutto, ma comunque pian piano ci vedi anche lì e ricominci coi tasselli, infatti dopo cioè adesso, come ago della bilancia, adesso mentre corro tipo trottola avanti indietro tutto il giorno, adesso che non so come al solito ancora un cazzo di certo, adesso stordita imperfetta suonata ogni tanto guardo la mia foto di maggio della carta d'identità e mi dico da sola ma sei te questa qui? lo vedi come sei irriconoscibile? Dopo poi sospiro, faccio una carezzina mentale ai miei cambiamenti imperfetti, rido, e mi piace.

sabato 28 novembre 2015

Nodo

The Story of Us Art Print by Henn Kim:


In fondo siamo solo una storia di parole scrivici, scrivici di come ci siam fatti e disfatti, scrivici pieno di suoni cosa siam stati e non saremo più, scrivici indice sui tasti il mare di traverso, scrivici il non senso del distacco, scrivici in quale ottave il silenzio che urla, scrivici questa delusione lo strappo del cuore, scrivici le scarpe il cielo scrivici. Sospiro, respiro scrivici. Che senza parole non saremmo un cazzo di niente.

martedì 17 novembre 2015

Il soggetto, continuiamo a muoverlo di una virgola?

Il male, lo lasciamo fuori? I brutti, li coloriamo di magenta? Le banalità, le sostituiamo con la musica forte nelle orecchie? Oltre alla lettera della Fallaci, ci rileggiamo quella di Terzani? Io venerdì ero in aeroporto quando è successo e prima di capire ridevo perché eravamo tutti schiacciati come sardine mentre l'autista ascoltava in francese la partita dell'Italia. La paura senza motivo, le facciamo il solletico? Il soggetto, anche sottinteso, continuiamo a muoverlo di una virgola? Le barriere, le uniamo talmente dentro da scioglierle? Dopo poi cantavo la musica ignorante e ho capito. È stato brutto che non voglio parlarne perché tanto sarebbe banale, è stato ancora più brutto ieri un allarme bomba, due in mimetica coi mitra e degli occhi che neanche loro, meglio non parlarne. Di cosa voglio parlare aculei maledetti? Di sabato che ho cenato in un ristorante siriano con italiani, inglesi, francesi, fiamminghi e pure slovacchi e abbiamo fatto un mesculotto di lingue e riso e bevuto e tutto è stato normale. Delle camminate nelle strade sconosciute col vento, dei bagni caldi e le tisane prima di dormire, del mercatino delle pulci che ho preso una giacca vintage stupenda, delle spezie, no cazzo non è vero, voglio parlare di quanto è impagabile rapportarsi con le persone, che senza l'amicizia saremmo tutti completamente persi, e invece io bussola voglio perdermi nei legami. Voglio confrontarmi, capire, conoscere, sostituire ogni possibile forma di odio col più disarmante dei sorrisi, voglio l'amore di pancia e di vita, non i dubbi del cazzo o le circostanze buttate lì. E scusatemi se alla fine sono stata banale, ma io ieri, a tornar a casa, io pensavo questo. I viaggi, non smettiamo di farli mai?

giovedì 5 novembre 2015

ecco

Ho letto che quando si vuole bene a una persona, ma bene veramente, a questa persona qui gli si vuol bene anche se non succede il contrario. Io, allora, anche considerando che a me come si fa a non volermi bene non lo so, io, a me a legger sta frase qui, io ci ho pensato, e insomma, mica è poi vero vero, tipo un po' la pentola del vapore a vanvera, urlare non sentire, atto primo scena seconda, io se ti sto sui maroni tutto tutto sto bene mica lo so se ce l'ho, per te, ce l'ho di sicuro per chi sento che c'è anche quando non c'è, che mica è la stessa cosa, è un'altra cosa che devi dichiarare proprio niente. La vita normale delle previsioni oggettive. Ecco.

domenica 1 novembre 2015

il grande cocomero

Ci son delle volte che il percorso lo devi far per forza in solitaria, che gli altri possono esserci, ascoltare, dire, fare, baciare, ma da quel cazzo di buco (solito doppio senso?) devi per forza passarci solo tu. Dopo è tutto molto strano, dopo ti capita di guardar delle scene di coppie e bambini, oppure ascoltar storie di lavoro, che sembra di veder un film lontanissimo con visione di lato, più che frontale, e mica lo sai come andrà a finire, sei pronta pure al mostro sotto al letto, ma dentro senti con certezza che tu non sei e non vuoi così, e soprattutto indietro mai, e allora provi un sollievo di un bello, ma di un bello, da colorarti tutto, pure il respiro. Ecco io, secondo me, è questo sollievo qui che va condiviso tutto pigmento dopo pigmento, tipo che dovremmo fare a gara a chi abbraccia più forte, oppure stonare vergognosamente canzoni stupidissime, brindare, farci l'amore, rapire un'aragosta, spazzare via le bugie col caffè, incontrarci di nuovo una prima volta per festeggiarci, o per lo meno ricordarci a vicenda, nei momenti pesi, che alla fine, lenti di un lento che una lumaca in confronto è veloce, alla fine ce la si fa. A modo nostro, che è fondamentalmente pirla, maschile femminile singolare plurale.

sabato 31 ottobre 2015

suonando il tamburo

– Io, – dissi, – non ti stacco mai da me. Ti tengo là, fra le mie cose. Se no certe volte, la mia cornice, non potrei sopportarla.
– Pure la sopportavi, – lui disse, – quando non esistevo ancora, io, per te.
– Sì, la sopportavo, – dissi. – Mi pesava, ma la sopportavo. Ma non sapevo, allora, che la vita potesse avere un altro passo. Lo immaginavo, così, vagamente, ma non lo sapevo.
– Non sapevo, – dissi, – che la vita potesse andare di corsa, suonando il tamburo.

Natalia Ginzburg, “Le voci della sera”

sabato 17 ottobre 2015

due mesi di scarabocchi sparsi

Ho imparato che il tiramisù va fatto almeno il giorno prima, penso sia per quello che non l’ho mai cucinato, credo. Mi son detta che forse deve essere più facile vivere senza affezionarsi mai veramente alle persone, ma nel caso preferisco il difficile. Ho farneticato che magari piangiamo per far scivolar via i pensieri brutti, tipo l'ansia con le boccate di sigaretta, e che certe volte vorrei piangere, ma non fumo. 
Urlare dentro per farmi sentire, sbaglio lì, secondo me, mi son detta. Che cosa ha fatto mentre stavi male? La risposta è (quasi tutta) lì. Svegliarsi alle 4 con l’urlo in gola da incubo, pensare che tanto l’attrazione, volutamente, non la fermi mica, che non esiste dolore di seconda classe (il dolore è sempre dolore), che la gente che compra un libro perché va in vacanza e invece tutto l'anno non ha tempo di leggere, e te lo dice pure, è quella che di più fa paurissima, e che invece, nell’inventare in due le parole crociate, lì c’è moltissimo amore. Lo spazio va sempre e solo dopo la virgola, non è difficile, che a veder scritto a cazzo mi vien il fastidio visivo, però molti tuttologi, più che le cose, dovrebbero imparare a guardar dentro le cosce, secondo me, gli si aprirebbe un mondo. Quale sarà il mondo giusto di conoscersi? 
Le lenzuola verde acido e l’insonnia, non digerire nemmeno un succo di pesca, poi la citrosodina e le mille medicine. Di tutto il corpo, solo i polsi che dormono, o forse sono anestetizzati, poi la fitta forte all'ombelico, i ricordi e in un attimo sbam. Uno sbam fortissimo. Se vuoi bene a qualcuno non dovresti fargli male, non è così? Non era vero niente (ci son delle domande che fan male peggio di tutti i minipimer del mondo)? E come mai la vita, più che effervescente, delle volte è solubile? 
È la collisione delle rispettive finzioni che manda tutto in caos, come nei film di Wes Anderson, la vita non dovrebbe essere sempre tipo un trionfo di chantilly, con le fragole, oppure sogliole e champagne? Il fallimento più grande del genere umano è mettercela tutta per uccidere molto forte l'amore, allora io, per un po', io come stile di vita, in quanto le vite ogni tanto si mescolano e cambiano, io vorrei essere la più lenta delle lumache lenti, starmene lì ad ascoltar la pioggia, che tanto chi cazzo ha mai rincorso una libellula in un prato? Fuori è un brutto mondo pieno di nonostante, poi c’è la solitudine dei marciapiedi affollati che è un fenomeno stranissimo, tipo che se di una persona pensi qualcosa di carino buffo dolce gentile, ma non lo condividi con lei, son pensieri sprecati, mi pare. Anche meditar su se stessi senza pensare agli altri è uno spreco. 
Siam tutti dei diversi molto simili, mi pare, ciascuno con la stabilità come cazzo gli pare, allora va detto che la vita è quella cosa che ogni tanto si diverte a sbalestrarti la fiducia e a farti sentir il male, poi però all'improvviso ti meraviglia di nuovo. L'importante è sdrammatizzare nei momenti critici di scoperte note, in pratica sempre, penso.

[Se hai voluto veramente bene a qualcuno non potrai mai odiarlo, dopo il broncio continuerai a volergli bene. Penso sia un bug del cuore.]

Ogni tanto è bello rileggersi e coccolare il disagio. Siamo in autunno, e un po’ si vede, ma andiamo a camminare.

giovedì 15 ottobre 2015

fuori casa da una vita

Io, delle croste, ammiro la capacità di sbalestrarti tutto in un attimo, tipo che l'ammonimento ce l'hai, hai pure il dubbio che poi rimane il segno, però cazzo sei lì che senti tirare tutta la pelle, e allora come fai a non grattarti? Quelli ad esempio che appena sbagli loro lo sapevan già, ma ti avvisan sempre dopo, non senza soddisfazione, a me stanno sui maroni. Oppure quelli con l'ansia che te la alitano per veder se ti si appiccica anche a te, tipo vetro appannato, ci vuol della fatica per vivere confusi, della passione forte, allora io ci faccio lo scudo, che come stile preferisco quello fagiano. Tipo adesso, ad esempio, adesso mi son chiusa fuori casa, allora io, tu, dove sei? Ci siamo persi? Siamo stati pirla così? Io dico no, la vita scombussola tutta la fiducia, poi però ti meraviglia sempre di nuovo, allora come genere aspettiamo l'improvviso, che siam poi delle croste dure, in pratica.

venerdì 9 ottobre 2015

pensavo


Oggi mi hanno attraversato la strada due gatti neri di corsa, e poi un piccione, lui molto con calma. Io, coi gatti, a vederli attraversare in due ho pensato un po' ridendo e adesso?, invece il piccione aveva una tranquillità che mi son proprio appoggiata al volante a guardarlo, e con la testa inclinata ho fatto tipo il percorso con lui.
Adesso son qui chiusa in cuccia, appallottolata col maglione blu della febbre, senza voce che a mimare sembro epifanio e un po' rido, ma poco, un male ovunque che non so come stare, e soprattutto un power point da editare e un claim da trovare. Chissà come dev'essere la vita del piccione, pensavo.

domenica 4 ottobre 2015

spara cazzate, spara cazzate


Spara cazzate, spara cazzate siamo nelle pubbliche relazioni è questo il nostro lavoro. Ecco io, citazione a parte, io son dei giorni che nuoto in un limbo di cazzate, che delle volte è dura. 
Ti capita di sentire in tivù i testi scritti a tavolino di quelli strappa lacrime che ai poeti del tuider spiccia casa, oppure di vedere che il pubblico reagisce proprio come deve davanti al cantante personaggio del reality e tu nuoti, nuoti nuoti con gli occhi chiusi finché, col cuore in gola, parli con una signora che ha perso la famiglia in una strage, e il dolore lei te lo racconta con una dignità che non puoi non aprirli gli occhi, proprio no. 
Che raccontarsi non è facile, e infatti dopo tutto cambia un po'. Dopo ad esempio apri i social e leggi una marea di cazzate e pensi cazzo sto coso a forza di vomitarci addosso il disagio amoroso televisivo applicativo lo stiamo sputtanando di brutto, dopo hai davanti l'immagine delle tue persone da abbraccio e pensi fortuna che INSERIRE RUMORE DI FRENI STRIDENTISSIMO. 
Porco cazzo, ha cambiato stato e lo scopri dai social. E per stato intendo quello geografico, sull'altro meglio non approfondire. Io adesso non ce la faccio a dire altro, se non che dopo pensi brutto, un brutto che anche adesso che sto camminando a pensarci sento una fitta allo stomaco, un brutto che dici boh, congratulazioni per la nuova vita, ma magari non averlo saputo così mi sarebbe piaciuto, ecco. Dopo hai un po' (molto po') di sfiducia generale nei confronti del genere umano, dopo ti leggi calcare con la copertina alla ricerca del sorriso, dopo ti porti il tuo armadillo cubotto a camminare mogia tipo fagiana abbandonata dal mondo, dopo annusi che fuori c'è odore di camino e senti le guance vive dal freddo, dopo finalmente adesso arriva l'immagine, sabato scorso mi son tagliata i capelli corti corti perché per radio c'era purple rain e io e la parrucchiera cantavamo e ridevamo, e allora mi ricordo che le ho detto taglia taglia, io mi fido di te perché canti. 
Ecco io sono così, io i miei contatti son a pelle, io delle persone mi fido, dei sorrisi, dei pocci, pure dei momenti no che portan sempre a dell'altro, mi fido e continuerò a farlo nonostante i nonostante. (buon viaggio, avrei detto questo, probabilmente stonando cremonini)

domenica 27 settembre 2015

granelli

Io non ce l'ho mica il perché delle cose, non ce l'ho, perché uno ad esempio da un momento all'altro diventa violento, perché un altro ti abbandona senza nemmeno una spiegazione, perché il bene diventa male così a cazzo? Perché la bolla esplode e si rimane lì senza poterci fare niente? E come si fa a perdonare un castello di sabbia che crolla? Io non ce l'ho il perché, secondo me è tipo un granello che abbiamo dentro che pian piano senza farsi notare attacca tutto fino a diventare una tempesta rumorosissima, mi viene da dire, ma comunque il perché non ce l'ho, ho il terrore di cader nella banalità monocellulare, non ce l'ho il perché, però se ce l'avessi, il perché, penso che lo guarderei in silenzio dritto negli occhi e poi gli soffierei fortissimo da fargli bruciare le pupille, e poi lo farei non dico sanguinare, che cadiam nel pulp, ma piangere tanto tantissimo da buttare fuori tutto, la rabbia, la cattiveria, il viola grigio livido, l'abbandono, il dolore irrisolto, tutto soffierei via, fino a recuperarlo quel cazzo di granello, allora dopo non chiederei niente nemmeno a lui, gli sorriderei fino a fargli sentire il disagio e poi lo scioglierei col calore del sorriso, tipo metallo liquido da riplasmare lucido liscio limpido come dico io, e dopo lo trasformerei in una medicina portentosa che l'ingoi e guarisce tutto il dolore. Sarebbe bello. Impossibile, direte voi. La vita è una zoccoletta che mescola tutto e ti annienta a sorpresa e bla bla bla, la gente sono tutti stronzi coi coltelli nascosti e sbarababam, l'amore è fottutamente difficile e appena ti abitui 9 volte su 10 la prendi nel culo, so tutto, le croste, le incomprensioni, il rancore, tutto, proprio per questo al perché non gli farei le domande, credo.

mercoledì 23 settembre 2015

la prima sera d'autunno


La prima sera d'autunno e oggi mi sono pure messa la sciarpa rossa perché c'era un'aria che pelava. Sto anche bevendo il nescafè alla nocciola brodoso bollente e, come da copione, ho rivisto il solito pezzo di carrie col vinile di big, raccolto le foglie e fatto cic cic cic da matti, che il vinile porcocazzo quattro stagioni scade mai. Mi è tornato in mente anche che stamattina ho incontrato una quattrenne che piangeva perché non voleva entrar all'asilo, e a vederla così disperata ho pensato cucciola, ascoltami a me, piangerai ancora un sacco, fidati, ma tu non mollare e smoccola e urla sempre con questa classe smisurata rosa fluo, che sfogarsi è importante, invece nascondersi dentro una stronzata da evitar come i gatti. Dopo poi, dopo una mia amica mi ha detto che vorrebbe che spiegassi la storia al suo bimbo, che io le ho chiesto le storie? e lei invece mi ha detto no no, proprio la storia, e io le ho chiesto la storia dell'arte? e lei mi ha detto no no, proprio la storia la storia, allora le ho detto ok, l'importante è che non sia la matematica, che sarei in grado di far fallire le banche, io. 
Dopo poi ho pensato che far capire a un bimbo il senso della storia è mica facile e che a me, alle elementari, a me avevan fatto scrivere un quaderno che si chiamava "la mia storia" dove mia mamma e mio papà avevan risposto alle domande di quando sono nata io, che è una cosa che per me è stata ed è importantissima, tanto che il quaderno è l'unico che conservo ancora, e ogni tanto lo rileggo, perché anche solo a riveder le scritture mi faccio delle immagini in testa, delle immagini che è una coccola pazzesca. 
Dopo dopo, invece, dopo dopo ho pensato che io, la storia, io a dover scegliere un'epoca, io vorrei vivere coi babilonesi, dove vivi tu? coi babilonesi, che figata, ho pensato, chissà se miss Italia mi dà il permesso.

lunedì 21 settembre 2015

dovrebbe esser sempre così

E quando c'eran i momenti brutti, che quelli ci son sempre, si accovacciavano sotto al tavolo talmente vicini da sentirsi la pelle e i nervi, che battevano molto più forte di quel cazzo di cuore, poi dondolavano abbracciati e aspettavano col muso lavato di ansia, paglia e lexotan. Vedrai che passa, respira, respira, lo vedi che passa? ma lei niente lacrime, non ce la faceva nemmeno a guardarlo negli occhi, allora lui le prendeva le guance e poi le baciava coi baci piccoli delicati di una dolcezza che le guance pian piano si abbandonavano del tutto alle mani,  e allora la maschera diventava morbida, e i nervi una spirale sempre più bollente da perderci dentro le ossa e il respiro, e dopo era un attimo nuotare spontaneo le pance le croste le cosce, giù più giù fin a quando non diventava tutto magenta. Era la loro camomilla, la musica più musica di tutte le lenzuola del mondo che solo loro due. Dovrebbe esser sempre così. Io credo.

domenica 20 settembre 2015

la ribellione alla statistica


La mia testa, tipo se parlo di qualcosa, lei nel frattempo se lo immagina, che io credevo succedesse a tutti, e invece no. È purtroppo anche molto veloce coi collegamenti tra i pensieri, che anche questo succede mica a tutti, mi par di capire, non lo sapevo. 
La mia testa si fa i film con le immagini che corron via veloci, solo che lei, la testa, lei le immagini le sente davvero, potrebbe pure usarle tipo sciarpina o coperta di sera rigorosamente con la musica funk, oppure farsi un cloud fagiano, che in effetti anche adesso a scriverlo me lo immagino il cloud e rido. Ma comunque non funziona così, no, impariamolo testa, cazzo.
Alla gente piaccion amelie, il piccolo principe, pure stivaletto al campovolo. Non pensan minimamente che a Eco gli sia scesa un po' la catena coll'ultimo articolo del tu e del lei, la gente in più ti correggon coll, che porca crusca non si scrive così, impara l'italiano saputella strafottente che non sei altro, la gente. Mapperò, la gente. Mica straborda, lei. 
La gente si sposan perché convivere è una via di mezzo che va mica bene, figurati vivere da soli uhsignor l'egoismo. La gente non aman gli spazi vuoti, ti guardan male se dici che i bambini non li vuoi, tipo per la precisione come una lebbrosa, poi magari passan le giornate online per trovarsi l'amante virtuale che colma il vuoto facile facile, la gente, ma fuori mica si nota, che l'ordine bianco lo batte il mio caos colorato, impara, la gente. 
La gente programman tutto, le vacanze, le trombate, la spesa, mica compran ignorante come noi, la gente, son computerini, c'han probabilmente anche la cucina nuova nell'appartamento rinnovato colle pareti rosse, poi guardan i reality tipo topolini in scatola coi contenuti scritti apposta per farli reagir così, la gente, mica camminan la sera per pensarsi, non leggon neanche con la camicia azzurra stirata tipo coccola, loro dormon sereni otto ore filate, impara, la gente. 
La gente si metton lo smalto melanzana coi brillantini e dicon che quello opaco è da giovani, e se cerchi di aiutarla, ti etichettan come irrispettosa arrampicatrice troppo entusiasta blablabla, la gente, le dan fastidio le domande, cazzo, devo imparare a star zitta, che è un po' come chieder a un cieco di ricopiar la divina commedia, ma vabbè. 
La gente non parlan, profetizzan su twitter questo si fa questo no, l'amore è così, io son meglio di te che non capisci un cazzo, e se scrivon mi manchi come la mano che lavora piano sta a gloria, loro mica cascan nei doppi sensi, pirletta, loro c'han sempre il tono aulico scocciato superiore sofferente che funziona, la gente. Fondamentalmente, loro, secondo me, la gente ridon poco, allora io, con curtis molto forte nelle orecchie, io mentre scrivo, stono e rido, io ho pensato che son fierissima di non esser così.

domenica 13 settembre 2015

costruzioni

Ho voglia di scrivere, e allora a parte che son stanchissima e non ho avuto molto tempo sta settimana per pensare, allora sai cosa? io scrivo.
Come sto? Mica lo so, però la confusione tutto bene, grazie. 
Confondo soprattutto sopravvalutare e sottovalutare, ho notato, tipo come quando il navigatore dice svolta a destra e invece vado a sinistra. Quante cazzo di cose sono cambiate in un anno? Poi uno dice la paura. Diciamola tutta, quando si tratta di destra sinistra, essendo stordita, penso sempre anche al segno della croce, poi dopo dentro canto Gaber, ma questa è un'altra storia. La paura. La paura. Io la mia paura ha perso il conto, però sento, sento tutto, giusto per aumentare la confusione. 
Sono anche fondamentalmente un poccio, tipo che in questo momento mentre scrivo sto sbadigliando coi lacrimoni che scendono dalla stanchezza (bella) e ho pure un male a respirare sotto alla tetta sinistra che non so come stare. Pure le foto fighe, son mica capace, mai una volta con la bocca uguale, in pratica son giorni che sto alla femminilità come la rottura delle infradito in corsa, ma comunque sento. 
Oltre a sentire sarebbe carino radunare anche tutti gli altri sensi, credo, ma son per la non forzatura, e alla fine la lentezza ha il podio che merita.
È un periodo che mi stan sui maroni le femmine che per far vedere che han le palle criticano le abitudini tipo delle donne comuni. Io, a parte che a me piacciono gli uomini con le palle, quelli col carattere che se ti vogliono mica ti perdono, quelli che si innamoran delle teste, io a parte questo, io i lavorini da donna media mica li rinnego. Io dico sì all'ikea soprattutto al reparto candele, sì a scarpe, borse, vestiti pure uguali in colore diverso, sì a cremine rossetti e smalti, sì pure a collane anelli e poi fragole con la panna, lamponi e cioccolato, e ficchiamoci dentro pure i saldi, che non si buttan mai mai via, tipo il maiale. Sì soprattutto all'indecisione, al naturale sfracellamento di maroni nei confronti del povero malcapitato, alla fragilità, ai dubbi, alla paura, al caos, a non capirci un cazzo senza nasconderlo, a piangere, ridere, appallottolarsi, ascoltare e soprattutto aspettare. 
Secondo me le costruzioni sono molto più fighe delle palle a rischio esplosione, sicuramente più buffe, uffe e vere, ma guardiamo avanti.

lunedì 7 settembre 2015

sono i passanti che passano


"Sono seduti là, a un tavolino all'aperto di un bar. Guardano passare la gente. La gente passa, come sempre, come chiunque, come si conviene, passa. Alla gente piace passare. Io mi trascino, mi trascino dietro di loro. M'infurio, mi fermo, sputo, piango, poi mi siedo sul bordo del marciapiede, e faccio la lingua ai passanti che passano."
Agota Kristof, La Vendetta

domenica 6 settembre 2015

Non sono capace

Non sono capace di cucinare, partiamo dalla cosa più immediata e palese e inobiettabile. 
Non sono capace di cantare, altra cosa palesissima, stono da matti e mai solo sotto la doccia, ma comunque come difesa mi piace dir che interpreto. Rido sempre, cantando. 
Non son capace di star seria, soprattutto se me lo dico dentro che devo, dopo un secondo scoppio a ridere. 
Non son capace di mentire, ci ho provato ma niente, me lo si legge in faccia a caratteri cubitali, quindi onde evitare figure del cazzo meglio esser sinceri, questo l'ho capito. 
Non sono capace di rimanere arrabbiata, al massimo vomito parole per liberarmene e dopo le dimentico subito. 
Non son capace di far la persona posata ed elegante, son pirla, infatti quando ci provo inciampo, sempre. 
Non son capace di fermare le emozioni, capace che passo dal pianto al riso in due minuti due senza nemmeno un motivo, ma le assecondo perché mi piace sentirle.
Non sono capace di fare la ciccipucciosa, tipo dormire abbracciati, non ce la faccio, sarà l'egoismo da insonnia cronica, non so. 
Non son capace di fare e ricevere i complimenti, mi sembran sempre vuoti, preferisco punzecchiare ridendo, ci vedo più complicità. 
Non sono capace di aprirmi con gli altri, mi metto sempre in discussione moltissimo, ma raccontarmi me e le cose brutte agli altri mi sembra sempre di rompere i maroni, non ce la faccio. Son timida, oltre che chiusa, ma purtroppo non tutti se ne accorgono. 
Non son capace di seguire i percorsi semplici, tipo le convenzioni del cazzo, io non le vorrei vedere neanche in dissolvenza, invece di uscire per dar il meglio di sé parlando del possibile ingigantito e girarci tanto intorno, ad esempio, delle volte, non sarebbe più spontaneo trombarsi le pance e conoscersi dopo? 
Le bocche ascoltano, solo che non le diamo mai il tempo per farlo. E l'amore non dovrebbe far male, invece lo fa sempre, c'ha tipo la doppia medaglia perché se no mi sa che ci abitueremmo e allora diventerebbe un sentimento meno figo. Ma comunque io non sono capace di parlar d'amore, fondamentalmente volevo dire questo.

venerdì 4 settembre 2015

a tornar a casa

A tornar a casa e a uscir dal buridone, che mi fischian ancora le orecchie, non so se son state le nuvole basse e la luce da tramonto col temporale, nemmeno la piada salsiccia rucola caprino tartufato e pomodoro che mi son pappata a pranzo, credo, sarà che è un periodo che mi sta sui maroni il parlarsi guardando solo il telefono, ma mentre guidavo mi son immaginata due bocche che ridevano mentre si ascoltavano al telefono senza parlarsi. Le facce niente, non le ho viste, ma secondo me lì c'era del fottutissimo amore.

mercoledì 2 settembre 2015

languore tattile concentrato

"Sono passati a un comportamento decisamente sessuale. Lei sbatte le palpebre, quelle di Orin si chiudono. C'è un languore tattile concentrato. Lei è mancina. Non c'entra la consolazione. Iniziano la cosa con i bottoni l'uno dell'altro. Non c'entra la conquista o la cattura forzata. Non c'entrano le ghiandole o gli istinti o il brivido che spacca il secondo o il chiodo fisso di doverti lasciare andare; non c'entra neanche l'amore né l'amore per qualcuno che desideri dentro di te, dal quale ti senti tradito. Non c'entra l'amore e non è mai l'amore, che uccide chi ne ha bisogno."
David Foster Wallace, Infinite Jest

giovedì 27 agosto 2015

L'insonnia

Le quattro e trentasette e penso di essere sveglia da sempre. Insonnia maledetta. Mi stan sul culo quelli che dicono "ma tu, non dormi mai? ", però la categoria "io ti salverò, io ti insegnerò, con me sarà diverso" è peggio. La mia penso sia ormai un'insonnia cronica, è iniziata quando si è ammalato mio papà insieme a mille sigarette, il formicolio della testa all'improvviso, veder tutto nero senza sapere quando passa e non andare più in bagno. Quando il tuo papà si ammala può succedere, lo dico a quelli che passan le giornate a farsi le foto segzzi lamentandosi per innamorati poco sul pezzo. Siccome dopo poco si è ammalata mia mamma, dopo le sigarette son diventate millemila e penso di aver fatto settimane senza dormire, insieme alla perdita di più di venti chili in un anno, svenimenti, pianti di nascosto sopra un tetto e sfogliamenti di pubblicità di riviste ignoranti per cercar di distrarmi non pensando. Anche "ma tu, che tipo di insonnia hai?" mi son sentita chiedere, tutte domande che insieme alla sindrome dell'io ti salverò fan poi capire molto forte i miei aculei, credo. Dopo comunque, dopo che son rimasta sola anche senza la mamma, dopo non son crollata del tutto perché ho cercato di rimuovere il male non pensandolo, ma comunque sta cazzo di insonnia ogni notte me lo ricordava il difficile, insieme tra l'altro al non digerire più nulla, e per nulla intendo anche un solo boccone di pizza. Giusto per ricordarmi che il cordone ombelicale si era spezzato per sempre ho iniziato in contemporanea a gonfiarmi tipo palloncino nella pancia e a bloccare prima il metabolismo, poi pari pari anche tutto il resto del corpo. Fateli intanto due pensieri sulle sofferenze amorose, cercate però di imparare anche a sopravvivere, che non è sempre così facile. A me, dopo, io poi ho iniziato a elaborare il dolore, ma tutto è passato dagli incubi, e la fase insonnia horror da pianger per le immagini che non ci capisci è stata la più dura, ma mi è servita a salvarmi, quindi a parte che potrei scriver scene da non far più dormire nessuno, lei mi sento di volerle bene, come fase. Adesso son invece nella nuova fase che non respiro e alle quattro la mia testa inizia a cantar ritornelli senza possibilità di smettere. Di solito le canzoni di Cremonini. Forse è la volta buona che impazzisco del tutto, altro che io ti salverò e ti insegnerò a dormire. Questa cosa deve farmi decisamente paura perché a scriverlo sto iniziando a piangere, quindi cinque e un quarto direi pubblichiamo, fine seduta.

sabato 22 agosto 2015

io non lo so

Mia zia mi ha appena detto sei bella, che non è un semplice sei bella detto così a cazzo, è più un'analisi psicolosomaticainteriore coi raggi x che se ci fosse lei come metal detector avremmo pure risolto il problema del terrorismo nel mondo. Io allora non lo so, ho anche appena guidato una macchina che quando la spegni dopo ti dà il voto, non lo so, io, le occhiaie da bambi dilatate, il brutto pian piano smette di rompere, la luce le costole i gomiti, io non lo so, la mia testa è piena di cose da dire non ora, non lo so, penso siano i buoni propositi, la telepatia o cantare cuccuruccucu paloma lady madonna senza riuscire a stare seria, io non lo so, ma le credo.

giovedì 20 agosto 2015

la stabilità dei cuor di mela

Siccome la vita è troppo corta e non possiamo perdere tempo, penso che oltre ai nuovi angoli da baciare sarebbe molto carino se tu salvassi me. Potremmo condividere tutti i nostri libri, e i vinili, e suonarci, oppure litigare per i film, invece le parole no, quelle rinunciamoci che tanto non sono loro a capirci veramente. 
Cuore bacino testa. Non sono una tipa che si mette lì a far le marmellate, poi cucinare si è già detto è roba tua, preferisco guardarti con un calice in mano mentre sei ai fornelli. Cuore bacino testa, sparare ai mostri è un'altra cosa, sai? Come sto? Cosa voglio? Perché non dormo? Quali sono le domande esatte? Non lo so, non so niente in questo periodo. Centinaia di variabili, mille possibili collisioni, ma io preferisco ustionare i pensieri fino a fermarli, come quando tutta la stanchezza del mondo arriva e allora chiudi gli occhi e disidrati il cervello. Odio l'invadenza, e se dormire è impossibile, allora voglio la mia panchina fino a quando non torno a respirare. La stabilità dei cuor di mela. Stare con gli altri, ma anche con me stessa. Il mare col vino. Pensare sul pavimento, sotto al tavolo e nell'armadio. Scegliere di guardare in modo diverso. Scoppiare a ridere per una cosa tragigrottesca. Perdersi in un libro. Accendere una candela e sentirmi femmina. Cantare molto forte le canzoni stupide, ascoltare la musica bella nella vasca. Sorridere i brividini e sentire l'impossibile. Non avere paura di nessun suono cristallino. Lasciarti camminare e scivolare dentro me fino in fondo, soprattutto se piove. Il cronometro gira, io non ho fretta.

martedì 18 agosto 2015

Jana Černá | Lettera


Risultati immagini per in culo oggi noPraga, attorno al 1962.
Caro, caro, caro e insomma, ecco, dunque, per quel che ne so, ho preso in prestito questa macchina per poter assicurare, scrivendo, la base materiale di sussistenza per i bambini, per noi, insomma per tutti, e adesso invece eccomi qui a scrivere una lettera d'amore - c'è qualcosa da qualche parte che non funziona - o forse al contrario tutto è in perfetto ordine, solo che poi è una situazione di merda in un altro senso, e quindi non c'è scelta.
Sento però i Tuoi baci ancora sulle labbra - dirla in modo più banale forse neanche si può, ma è così e io sono già abbastanza in là con gli anni per non dover evitare le banalità. Abbastanza in là con gli anni e abbastanza innamorata - perché oltre a tutto ciò di cui abbiamo parlato e che riguarda noi, sono anche innamorata - lo scopro alla mia età con uno stupore un po’ divertito, ma siccome il mondo davvero non è credibile neanche un po’, lo prendo come un dato di fatto. Prendila così anche tu. Se avessi la tendenza a drammatizzare le cose, diventerei fatalista e sarei convinta che in questo rapporto c'è qualcosa di predestinato, ma fatalista non sono e così mi dico solo che Dio è potente e sia fatta la sua volontà - soprattutto se corrisponde così perfettamente a ciò che mi fa piacere.
Uno spettatore non partecipe potrebbe dire che se non ci fossimo conosciuti, ci saremmo potuti risparmiare svariate cose, io però non avrei voluto risparmiarmi neanche una delle nostre situazioni incasinate, neanche le cose cattive - o apparentemente cattive - mi sarei voluta risparmiare - è anche per questo forse che non mi hanno risparmiato, che Dio ne sia lodato.
Dici che non mi piace il Tuo sentimentalismo - Ti sbagli di grosso, tesoro, Ti sbagli davvero di grosso. Mi piace molto e ne ho bisogno solo che ho avuto bisogno anche di molti anni per poterci credere. Oggi lo voglio, non perché io abbia scoperto un particolare gusto per il sentimentalismo, ma perché proviene da Te, è semplicemente parte di Te; parte di noi.
Non ho mai avuto una tendenza particolare a mantenere un atteggiamento ragionevole, forse semplicemente perché ragionevole non lo sono per niente, o forse dipende dal fatto che provo nei confronti degli atteggiamenti sani e ragionevoli una ripugnanza quasi fisica. Se e quando nella vita ho combinato qualcosa di cui vergognarmi, sono sempre state cose che ho combinato per voler essere ragionevole. No grazie, difendetemi dalla peste, dal tifo e dalla ragionevolezza, ragionevolezza sono i manifesti contro l'alcolismo e gli stati centralisti, ragionevolezza sono i preservativi e i televisori, ragionevolezza è la poesia al servizio di un ideale positivo, risparmiatemi per carità la ragionevolezza, con la mia vitalità sono in grado di sopportare più di chiunque altro, ma di ragionevolezza potrei morire entro una settimana della morte più triste che esista, la ragionevolezza liquida dentro di me tutto ciò che in me abbia un senso, la ragionevolezza mi priva della potenza, di qualsiasi potenza, da quella erotica a quella intellettuale. Mi si creda quindi quando dico che non è la ragionevolezza ciò che mi induce a pensare che se staremo insieme sarà in seguito a una riflessione veramente libera. Ma proprio perché non ho neanche un pizzico di questa oscura qualità così altamente stimata e riverita in questo mondo irrazionale, proprio per questo quindi non sono in grado di pormi alcun limite, non voglio pormelo. Non è parte del mio mondo. Se sento il Tuo bacio, voglio essere baciata ancora e penso che vada bene così.
In questo periodo sono stata molte volte felice con Te - solo lo sono sempre di più, non è normale, ma continua a crescere, penso di non essere mai stata così felice come oggi, forse sono matta e forse sono io questa volta a essere insopportabilmente «sentimentale», ma non ci posso fare niente, per tutto questo tempo sono stata follemente e spensieratamente e tranquillamente e splendidamente felice. E lo sono anche adesso nonostante Tu non sia qui e nonostante che se Tu fossi qui, starei a scrivere la mia novella e Tu staresti seduto di fronte o accanto o in qualsiasi altro posto, ti occuperesti delle tue cose e sarebbe bene, sarebbe ottimo e sarebbe veramente un essere a casa, così come mi immagino l'essere a casa e come lo voglio e ne ho bisogno.
Ma nonostante non sia così e nonostante Tu sia da qualche parte spaventosamente via, nonostante ciò sono felice, soltanto che non sono potuta rientrare a casa e cominciare a trafficare come se niente fosse, giusto per fare qualcosa, così ho cominciato a scrivere una lettera che non ha nessuno scopo né senso, con la quale non voglio dire nulla né risolvere nulla, penso proprio di non doverlo spiegare, lo capirai senz'altro e non Ti darà fastidio. Ci troveremo ancora spesso nella situazione di dover decidere le cose, e va bene; ma ci saranno anche volte in cui faremo le cose solo così, per la gioia di farle, per una sensazione di felicità o chissà per che diavolo di ragione, insomma proprio così come sto scrivendo ora.
Non puoi sapere quanto sono orgogliosa (è una tendenza che ho sempre avuto, come forse sai), né puoi sapere come sono infinitamente orgogliosa del fatto di averTi, del fatto che mi ami (perché credo che Tu mi ami) del fatto che Ti amo io, di come sei e di chi sei. Dico sul serio, Zbynek, molto più sul serio di quello che riesci a immaginare. Dire che Ti stimo sarebbe sì la verità, ma non tutta la verità, solo un pezzetto. Ma è ancora diverso, è la sicurezza della Tua irripetibile eccezionalità a essere la fonte del mio orgoglio. Non ammiro il Tuo intelletto, lo considero ovvio, quello va bene. Ma quello che mi eccita quasi fisicamente è la fantastica miscela di intelletto e irrazionalità logica fino al delirio, quella poesia filosofica, quella filosofia poetica della quale abbiamo parlato un po’ oggi, la cui portata va molto più lontano, oltre i limiti di ciò di cui abbiamo parlato oggi. Perché in realtà non esistono le due cose una accanto all'altra - la filosofia e la poesia - in realtà, è dalla loro unione che si forma un terza cosa il cui valore non è oggi ancora comprensibile.
Non c'è errore più grande della tua paura della ciarlataneria, anche se è del tutto comprensibile. Nasce dal pregiudizio secondo cui la filosofia è il risultato tedioso dell'erudizione e la poesia un lavoro diligente atto a costruire il ruolo ereditario della nazione. Né l'una né l'altra cosa corrispondono a verità, la filosofia erudita è infatti buona in ambito accademico e per i cervelli sterili della gente che in essa cerca la giustificazione della propria nullità e la poesia laboriosa è una affaticata assurdità per antologie di lettura, per eccitare le insegnanti di economia domestica che tentano così di addolcire il proprio destino, peraltro abbastanza amaro. Posso capire che non è facile liberarsi di questi pregiudizi, ma ciò nonostante vorrei dirTi che liberarTene è per Te un dovere; altrimenti diventerebbero una palla al piede che Ti inchioderebbe alla schiavitù dell'essere servo. Tali pregiudizi sono infatti solo a un passo dall'idea che la filosofia deve avere un'utilità e che la poesia deve rendere felici, a un passo dalla terrificante situazione in cui entrambe perdono il senso che hanno di per sé e si comincia ad attribuirgli mille sensi differenti, cominciano a inquinarsi di quel servilismo di cui parlo, e che è la peste di questo secolo e forse di molti secoli del passato. Cominciano a inquinarsi in modo tale che in ultimo perdono definitivamente qualsiasi senso. Chissà perché diavolo la maggior parte della gente che si occupa di produrre poesia pensa che essa debba servire a qualcuno o a qualcosa, a tal punto che scrive per persone delle quali non gli importa nulla e alle quali con i soldi guadagnati non offrirebbe neanche un bicchierino di rum. Grazie a questo stato di cose, da una parte si guasta la poesia e dall'altra ne vengono guastati con una insistenza degna di miglior causa i beneficiari, ai quali viene inculcato a forza nella testa che la poesia, creata da uno con il quale non resisterebbero allo stesso tavolo neanche mezz'ora, questa poesia procurerà loro sensazioni inattese e la felicità stracotta e distillata di una emozione culturale.
La filosofia finisce anche peggio: se la poesia in questo modo diventa una serva, la filosofia diventa una ragazza di buona famiglia proletarizzata, la quale si è messa a fare la donna di servizio, cosa che peraltro non sa fare, ma in compenso ci guadagna un buon profilo quadri. Da una parte le si richiedono una noia e una indigeribilità tali che una persona perbene non è in grado di consumarla senza sentirsi imbarazzata; la può trovare eccitante solo un professore universitario, impegnato a verificare che i soldi spesi per la sua istruzione non sono stati spesi invano; la cosa è particolarmente esaltante per i ragazzi di famiglia povera che ce l'hanno fatta, e il tutto sa di commoventi immagini di mamme che mantengono agli studi i figli pieni di talento lavando mutandoni militari. D'altra parte si vuole dalla filosofia che giustifichi e sopporti tutto il peso dell'imbecillità umana, sulla sua base vengono costruiti gli Stati e viene utilizzata come scopetta per la pulizia delle latrine, deve servire da giustificazione per l'arresto di ministri e per l'aumento del prezzo del burro, e lo deve fare con persone che non sono capaci né disposte a comprendere uno solo dei suoi postulati. Non ne sono capaci perché sono ignoranti, è un circolo vizioso che genera altri orrori ancora, per esempio la spocchiosa sensazione di superiorità e di potere di coloro che pensano erroneamente di aver capito qualcosa. Ogni cretino medio, che solo per puro caso non fa il contabile, con quel suo grammo di cervello riempito di sconfinate nozioni - in parte inutili e in parte per lui inutilizzabili - ogni cretino medio ha la fissazione di dover diventare primo ministro, essere lui a governare il mondo, che diventerebbe subito «un mondo migliore», basta che gli diate in mano qualche chilo di letteratura filosofica e vedrete come ve lo combina, il mondo. (…)
Sta di fatto che in realtà ogni postulato filosofico ha senso di per se stesso e ogni definizione poetica è un oggetto di valore che non è necessario valorizzare ulteriormente dandogli un fine. Ed ecco quello che volevo dire: che la vera ciarlataneria non è quella che eserciti tu, vera ciarlataneria sono le scuole dalle quali escono filosofi laureati, gente con il brevetto per pensare filosofia - che razza di assurdità mostruosa e disumana è quella di esaminare qualcuno su quanto sa del contenuto di un numero X di manuali e laurearlo di conseguenza in filosofia, di che razza di follia si tratta, che ti mozza il fiato e ti costringe in isteriche convulsioni di risa e di spavento disperato e di paura! Non ha in comune con la filosofia neanche quello che ho io in comune con una casalinga esemplare, è qualche cosa da cui bisogna isolarsi per principio e totalmente, neanche una delle verità scoperte da costoro può infatti essere accettata, è stata scoperta in un contesto in cui non può essere vera neanche lo fosse. In una delle Tue lettere scrivi che il Tuo lavoro filosofico lo hai svolto in giro per birrerie, in compagnia della mia fica, nella disperazione, nel cinismo e nell'infamia, dappertutto ma non nelle biblioteche. Non è proprio così, ma lo è in buona misura, lo è insomma senz'altro, senza badare al fatto che durante quel periodo Tu sia stato qualche volta anche in biblioteca. Grazie a questo il Tuo lavoro è quello che è, e così è servito anche a fini diversi da quelli puramente filosofici, il che può essere un punto di partenza su cui è possibile costruire. Non credo e non riuscirò mai a credere che in filosofia sia possibile raggiungere qualcosa per una via arida, per la via dell'erudizione, per la via del lustro nozionismo. Non so cosa c'è di più eccitante della filosofia, ma chi può combinare qualcosa in filosofia se esclude da essa questa orgiastica eccitazione, vorrei proprio vederlo. Assomiglia a uno scopare esercitato con pillole perfettamente disinfettate e non dannose alla salute - solamente che la filosofia non è scevra dall'essere dannosa alla salute, e non è possibile esercitarla in questo modo. Liberati per cortesia del trauma che Ti viene dal fatto che la Tua filosofia non è abbastanza noiosa da diventare ornamento delle biblioteche accademiche, questa è una sua qualità, non un suo difetto e soprattutto è la sua maggiore speranza, non permettere Ti prego che questa speranza venga affogata dalle stille di un erudito sudore! Se per ora hai avuto bisogno di produrre la Tua filosofia in giro per birrerie, ne è risultato che va bene così. Perché allora quel convulso bisogno di fatica e di erudizione? Se questo bisogno diverrà un giorno davvero spontaneo allora sia, uno dei doni che in parte hai e in parte hai pagato e riscattato a caro prezzo è proprio questa armonia tra bisogno e senso. Significa che in genere hai sentito il bisogno di fare cose che hanno senso, anche se nel momento dato è un senso del quale addirittura non sei a conoscenza, ovvero che si manifesta solo dopo un po’ di tempo, qualche volta perfino dopo molto tempo. Fidati un po’ di Te stesso, la carenza di consapevolezza dei propri mezzi e la sottovalutazione delle proprie possibilità è infatti uno dei peccati mortali, veramente e letteralmente mortali, dei peccati dei quali si muore. Forse anche più che di sopravvalutazione. Devi infatti essere cosciente delle Tue possibilità, già semplicemente perché Tu possa utilizzarle, perché Tu riesca a farci ciò per cui Ti sono state date. Sarebbe abbastanza difficile un giorno rendere conto del fatto che ti sei fatto accecare da una cosa così dubbia come i complessi.
In questo senso infatti la modestia non è una virtù, in questo senso la modestia è nel migliore dei casi una stupidità. Ti è stata data una fantasia quasi fantastica, una fantasia che è terreno di coltura per la poesia e per la filosofia, e terreno di coltura per ciò che per ora non so nominare, e cioè per quella cosa che si forma come composto omogeneo di entrambe. La cosa peggiore sarebbe bardare e imbrigliare questa fantasia con gli assiomi dei dizionari di filosofia. Chiuderla ben bene a chiave in una stanza perché non Ti disturbi nel lavoro che stai facendo nella stanza accanto. Se c'è una reale e concreta speranza che Tu maturi un frutto (e c'è), succederà solo se in esso sarai contenuto tutto intero, con i calzini; la barba, la birra, la fantasia, l'intelletto, l'uccello, con tutto quanto. Niente mi eccita più della speranza in un'opera che nascerà in diretta dipendenza da tutte queste cose, la speranza in un'opera dalla quale niente verrà eliminato, la speranza in un'opera non censurata, cruda, crudele e mostruosa, ma assoluta. Un'opera che sarà dannosa alla salute, che dopo averla consumata farà vomitare e farà cacare, che dopo averla consumata farà venire allo stesso tempo un senso di felicità e un senso di terrore, un opera che non avrà limiti e che non permetterà che limiti le vengano imposti, mai e da nessuno.
E di niente sono così convinta come del fatto che tale frutto lo darai in tutta la sua dolcezza e convulsione orgasmica. Ma è proprio per questo che non voglio che Tu ne allontani la maturazione con dei pregiudizi che sono di un altro mondo e non del nostro. Nessuna puttanata che potrai fare, nessuna assurdità e nessun delitto che commetterai, è un difetto. Ma la meschinità lo è, e i complessi e il sottovalutarsi sono meschinità, questo lo sappiamo tutti e due. Capiscimi bene, tesoro, è tutto indissolubilmente legato, il fatto che Ti amo e voglio venire a letto con Te col fatto che sono attaccata al Tuo lavoro, difficile dire quanto, nell'eccitazione che mi procuri, è dovuto al Tuo corpo che conosco così intimamente; e posso parlare con Te di filosofia a letto, e mi si mette la fica sull'attenti se ne parliamo a tavola, non è proprio possibile separare e astrarre una cosa dall'altra. Voglio passare con Te ore e ore a chiacchierare per poter venire a letto con Te e voglio scopare con Te per arrivare a ore e ore di conversazione, voglio, anzi devo sapere che sia l'andare a letto sia le ore passate a chiacchierare hanno a che vedere col Tuo lavoro, tutto ciò non avrebbe senso se quel legame non fosse così stretto, così forte e così intrecciato come me lo immagino. Forse un giorno

these days

"è stata la prima cosa che ho avuto, prima ancora che sapessi di cosa avrebbe parlato il film, sapevo solo che avrei avuto quella canzone, e che qualcuno avrebbe camminato al suo ritmo"

Wes Anderson 

domenica 16 agosto 2015

Compito del non mi ricordo (ovvero del come parlare di dolore senza mai usare la parola dolore)

Non mi ricordo le voci di chi non c'è più, che è la cosa che amo e quindi odio di più.
Non mi ricordo come si fa la crema al pomodoro della nonna.
Non mi ricordo se son ancora capace di andare a cavallo, spero sia come la bicicletta, lo scoprirò presto, è lì insieme al basso, al tatuaggio e me.
Non mi ricordo quanto è facile rimuovere senza elaborare, che è una cosa che faccio sempre per proteggermi, ma è sbagliata, dovrei avelo capito, ma si vede che son lenta.
Non mi ricordo i nomi delle persone che non mi interessano. A dirla tutta, in quei casi lì, non mi ricordo anche voci e facce, infatti quando poi li incontro son sempre figure imbarazzanti.
Non mi ricordo quand'è che la gente è diventata così merda, tutti con la filosofia dell'usa e getta uno contro l'altro, pronti a vomitarti addosso i propri cazzi e usarti come valvola di sfogo (la voce in quel caso lì è sempre alta e se non me la ricordo è meglio).
Non mi ricordo quand'è che in tanti son diventati razzisti, quello lì sul barcone non lo voglio non lo aiuto via via, forse hanno dimenticato più cose di me, mi vien da dire.
Non mi ricordo le strade e mi perdo sempre. Anche dove sono le cose al supermercato, non mi ricordo, infatti mi perdo sempre anche lì (i miei buoni coop ieri me li han usati da filtrini, quello me lo ricordo).
Non mi ricordo un sacco di cose del prima, so che ridevo di più e pensavo di meno, purtroppo son dovuta diventare grande tutto in una volta, e per certe cose fa bene, tipo scantarsi, per altre meno.
Non mi ricordo com'è vivere senza aculei.
Non mi ricordo com'è vivere senza pensieri.
Non mi ricordo come si fa a dormire otto ore di fila senza incubi.
Non mi ricordo come si dorme abbracciati, ma l'abbraccio che intendo io non è quello fisico.
Non mi ricordo come si mette in pancia e in cuore una barriera da far scivolare via tutto senza rimanerci male.
Non mi ricordo come si fa a fidarsi totalmente di qualcuno senza aver paura.
Non mi ricordo la stabilità.
(pausa, carezzina agli aculei)
Non mi ricordo come mai quello che non mi ricordo sono tutte mancanze, però la mancanza, come immagine, lei me la ricordo, è tipo un vaso molto largo di plastica trasparente un po' sporca, un vaso che ci vedi la base e non l'inizio e siccome è pesante devi tenerla con tutte le mani che puoi.
Non mi ricordo come va a finire, penso dovrò continuare a scrivere.
Non mi ricordo di averlo detto, ma è molto difficile parlar di dolore senza mai usare la parola dolore, spero di non esser stata stucchevole, nel caso chiedo scusa.

sabato 15 agosto 2015

quella musica lì

Leccare le orecchie forse è il modo migliore per far capire le cose, anche se secondo me molti tuttologi dovrebbero imparare a guardare anche dentro le cosce, gli si aprirebbe un mondo. Fare la settimana enigmistica bevendo vino e inventando le parole tra una casella e l'altra (il disegno dei baffi sulla foto di copertina è mio). E poi: un trionfo di chantilly con le fragole, stonare le canzoni, lo schifo della logica e del fare perché va fatto, la complicità degli errori comuni (non esiste dolore di seconda classe). Forse piangiamo per non far scivolar giù in gola i pensieri brutti, tipo per l'ansia la boccata di fumo, forse per ora o forse per sempre? Ecco io adesso ho come la sensazione che i mie cinque minuti siano finiti, allora devo correre che mi aspettan doccia, vino, grigliata e un sacco di cose, però manca poco. Dopo basta agosto offuscato, basta gente che compra un libro solo perché va in vacanza, basta folla invadente e code aggressive, tra poco tornerà settembre da farci l'amore sotto la pioggia. Con quella musica lì.

giovedì 13 agosto 2015

Compito della parola

Io di parole faccio un po' fatica a scegliere, me ne piacciono troppe, tipo: orsù, che è una parola trascurata ma quando uno la dice dopo gli viene il sorriso, pirla, per lo stesso identico motivo e cioè che fa complicità e mai offesa, abitacolo, perché mi sembra iniziato molto da lì, gnappa, che è la molletta del bucato e quando le trovo per terra abbandonate mi vien sempre da adottarle, tipo come con gli accendini gialli, solo che le gnappe le uso per chiuder i biscotti, gli accendini adesso che non fumo più li uso meno. 
Son lunga, lo so, ma prima della mia parola volevo aggiungere anche scopavirgole, che ho scoperto da pochissimo e si usa in Finlandia per indicare la gente puntigliosa che ti corregge solo le banalità. Scopavirgole mi piace da matti, la userei sempre. 
Ma veniamo a noi. La parola più mia non esiste in italiano e nemmeno in dialetto, è una parola che ha inventato mio papà quando era piccolo ed è uovo sbabolato. L'uovo sbabolato, in pratica, è una frittata venuta male tutta mezza rotta, che girar la frittata è difficilissimo e io non son capace, infatti il primo uovo sbabolato poteva esser un errore di giramento di mia nonna, mi vien da dire, oppure, siccome era durante la guerra, poteva esser anche una variante voluta, chissà, quello che so con certezza è che mio papà non aveva mai appetito, invece dopo voleva sempre solo l'uovo sbabolato, e siccome così mangiava, allora andava bene. 
L'uovo sbabolato, dopo, è diventato un grande classico anche per figli e nipoti, almeno una volta a settimana senza guai, però io se devo dire il ricordo più grosso legato a questa parola, io è quando mio papà si è ammalato e non riusciva a mangiare più niente, invece l'uovo sbabolato faceva sempre molta fatica, però quello un pochino lo mangiava lo stesso. Deve averci delle proteine magiche.

martedì 11 agosto 2015

Compito del mi ricordo (ovvero del come parlare di amore senza mai usare la parola amore)


Mi ricordo che di fronte a casa mia, in montagna, c'era un campo di fragole.
Mi ricordo che tu andavi lì, raccoglievi le fragole nel cestino, le pesavi e andavi via. 
Mi ricordo che mia nonna le raccoglieva, e io invece scappavo nel campo, e poi le mangiavo di nascosto senza riuscire a smettere.
Mi ricordo che c'era la musica e allora ballavo, chissà se c'era strawberry fields forever, questo non me lo ricordo. 
Mi ricordo che anche la prima volta che mi sono infragolata di brutto c'era la musica. 
Mi ricordo che ero alle folies de pigalle e mi son girata e gli ho chiesto ce l'hai una caramella? 
Mi ricordo che ho pensato ma sei cretina, questo pensa sicuramente che vuoi calare, sei sempre la solita pasticciona. 
Mi ricordo che invece lui ha tirato fuori dalle tasche un sacco di tipi di caramelle caramelle, allora io ho riso e ho mangiato una golia. 
Mi ricordo che in quel momento lì ci siam sorrisi e guardati dritto negli occhi, e io ho avuto il colpo di fulmine che veramente ti senti la scossa nella pancia e non riesci più a staccarti. 
Mi ricordo che dopo ero talmente infulminata, che mentre tornavo a casa pioveva e per radio c'era piove, e jovanotti mica mi è mai piaciuto, ma diosanto come veniva giù. 
Mi ricordo però che la scossa più scossa l'ho presa dopo con un altro.
Mi ricordo che come al solito non mi ero ricordata di niente, poi succede che ti sfiori un attimo e sì, mi sono decisamente svegliata. 
Mi ricordo che il primo brivido dalla pancia alla figa è arrivato tipo bomba, ma di quelle con la calamita che non puoi farci niente, impossibile resistere. 
Mi ricordo che stavolta per radio c'era vasco, e se mordo una fragola, cazzo mordimi a me, ho pensato. 
Mi ricordo benissimo tutto, soprattutto l'abbracciarsi pancia contro pancia da dentro senza smettere più. 
Mi ricordo soprattutto che è bellissimo questa cosa che senti tutti i sensi e contemporaneamente perdi il senso di tutto. 
Mi ricordo che ho scritto che parlare d'amore senza usare la parola amore non è mica facile, io comunque, non per darmi un tono, ma in questi colori qui, secondo me, di amore ce n'è un sacco.

sabato 8 agosto 2015

Compito della sbobinatura

[lo sbobinamemento ha sempre a che fare con me, sul com'ero e come son diventata, che non è che son egocentrica, magari, semplicemente faccio più una fatica porca a capire i miei passini mentali e solo chi mi conosce veramente bene può aiutarmi a capirli]

Mama ragazzi, io comprerei la casa a Ramiseto, un caldo stasera da infarto, da panico. (sospira) Caldo. Era caldo quando ti ho conosciuto, ma non come adesso, comunque era estate. Eri stanca, in generale, su tutto, di quello che succedeva, del tuo rapporto, insofferente. Adesso sei consapevole. Consapevole. Cioè. Ha un significato preciso. La consapevolezza è una conquista. Faticosa no? La consapevolezza riduce le barriere, le barriere sono difese contro le insicurezze, uno si difende da quello che non capisci, da cosa ti difendi? Da quello che non conosci. Adesso conosci. Detto così sembro un deficiente che parla da solo, Renzi praticamente, noi abbiamo fatto, abbiamo rinnovato, investito, bla bla bla. Tu in un certo senso ti sei rinnovata, tu non sei come Renzi. Capire è fatica, scrivilo. Scusa ma se ti dico cubotto è un cane di merda, scrivi anche quello, non lo scrivi, come funziona? Consapevolezza. Sei anche più forte. Più sicura, meno rabbiosa, tipo che la rabbia è cieca, tu ci vedi benissimo. Voglio i diritti comunque, fì, scrivilo. Poi una cosa, io mica mi son accorto quando ti ho iniziato a volere bene, non mi hai nemmeno parlato di un cane, dopo è saltato fuori che c'era un cane, dopo è saltato fuori che eran due, la gatta non è mai stata confidenziale, te sì. Ridi? Il frigo comunque non l'ho invece mica aperto. Io mi ricordo che ho chiesto da mangiare e avevi solo una piada. Tipo invito a non tornare. Adesso sia chiaro non è cambiato un cazzo quello, però coi lamponi, le fragole, lo yogurt, ti impegni. I sapori del trentino. Adesso basta, mangiamo il tiramisù. L'hai fatto tu? È compero, strano. Si chiama bontà divina veramente? Umile. (risata bella, grassa, di quelle che ti fan sentire a casa)

la verità

“Chiunque lo voglia davvero sa la verità. È solo che la maggior parte della gente non vuole saperla. Significa ascoltare ciò che viene dal profondo. La maggior parte della gente non vuole farlo. Ma le persone speciali ascoltano. La verità la senti, dentro di te. Ascolta. La senti sempre. Nella pioggia. Nelle frequenze morte fra una stazione e l’altra. Nel sussurro magnetico del nastro subito prima che cominci la musica. E nel suono che ti crea nelle orecchie il silenzio assoluto e completo: quel tintinnio luccicante, come un carillon alto nel cielo.”

David Foster Wallace

Dovevo cercare un libretto

Stamattina dovevo cercare il libretto delle istruzioni della lavastoviglie in un cassetto e, nel mentre, ho buttato: vecchie buste paga, ricette, estratti conto, bollette, assicurazioni tipo del 2009, tessere sanitarie scadute, istruzioni di oggetti tecnologici che non so più nemmeno dove sono, e un kit professionalissimo da cucire che secondo me era tipo un regalo della mamma del mio ex, altrimenti non si spiega.


Ho tenuto: la foto del mio primissimo cane kira con dietro un mio scarabocchio e la scritta (dettata a mia mamma) "quella che vedete davanti è la kira, quella che vedete dietro è la sua padroncina" (io ho la zampa fagiana al posto della mano), il disegnino del cubotto di dieci anni fa quando ancora dovevamo adottarci, degli adesivi coi maialini meravigliosi, la matita rossa e blu, il passaporto, i contatti inglesi e di marrakech, la faber castel super figa, tutte le foto stravecchie di mondi passati, i quadernini con i miei pensieri sparsi ed eventuali.

Secondo me qualcosa ho trovato.


mercoledì 5 agosto 2015

Compito della finestra: descrivi quello che vedi dalla tua finestra

Termo, davanzale e poi giù. La mia finestra è arrogante, del tipo che arriva dal soffitto fin quasi al pavimento, e infatti abitando al piano terra ed essendo un po' selvaggia, io l'ho sempre usata come porta, che scavalcare mi dà un senso di libertà come poco. A me inoltre piace scrivere di getto mentre cammino, di solito senza rileggere perché dopo cerco di capire i miei collegamenti mentali, allora come prima cosa mi vien da dire che star ferma a guardar fuori mi fa strano, molto strano. Come seconda, invece, va detto che non ci sono le tende, non ci saranno mai, son meteoqualcosa e le tende sono tipo l'elastico delle mutande della libertà, preferisco la luce, non ci saranno mai. Ma guardiamoci un po' intorno, io questa finestra è il punto dove d'inverno sto di più a leggere, e infatti di fianco a me c'è il pouff magenta che appiccico al termo per godermi i miei viaggi mentali, tipo quest'inverno son rimasta bloccata in casa dalla neve e questa era la postazione ufficiale mia e del mio cane cubotto, e leggevo e guardavo fuori e scrivevo, ed era molto strano essere isolati, ma anche molto molto bello, perché certi legami, forse la neve, certi legami li sentivi indistruttibili, invece se guardo fuori adesso, io adesso vedo il deserto. Il caldo, il lavoro, corri corri sempre fuori casa, io mi è morta pure la menta marocchina sulla fioriera, che quella cresce verde con quaranta gradi, io invece oasi poca, io l'ho mica mai annaffiata, è morta. Ma guardiamo meglio. Come altra immagine mi viene in mente il mio primissimo ricordo di quando da piccola mio nonno liberava la kyra, il mio cane si chiamava la kyra, e siccome lei correva fortissima e io avevo paura, la guardavo qui dalla finestra in piedi un metro e uno sputo, e ridevo e mi sentivo molto sicura e leggera. Dopo poi scavalcavo e la accarezzavo e ci giocavo da perdere il senso del tempo. I miei nonni abitavano in trentino e avevano una finestra molto simile a questa ma forse più luminosa e sicuramente più profumata di legno, e siccome abitavano al primo piano, questa finestra non la scavalcavo, ma ci lanciavo giù i puffi sui porcini a seccare dei vicini, secondo me quello era il loro habitat ideale, dei puffi, ne sono credo ancora convinta. Dalla finestra ci guardavo anche le montagne, la stradina per capire quando al sabato stavano arrivando i miei genitori a trovarci, e anche i caprioli. Mai visto uno, di caprioli, invece quando dalla stradina vedevo mia mamma e mio papà, dentro una gioia di riabbracciarli che se fosse un colore, sarebbe tutto il pantonario. A pensarci bene, la mia finestra fa ancora da campanello, nel senso che quando arriva qualcuno lo vedo sempre da qui, dopo vado alla porta e gli apro, oppure lo faccio direttamente scavalcare, che ho ancora tanto mojito da preparare, quindi secondo me, annaffiando un po' il deserto, secondo me pian piano torna la neve.

sabato 1 agosto 2015

Scopavirgole

Ho scoperto che c'è questa parola finlandese qui, pilkunnussija, che mica so bene bene pronunciarla, pilkunnussija, penso per via della esse emiliana, penso, pilkunnussija, che letteralmente si traduce scopavirgole, pilkunnussija, e si usa per tutta la gente pedante puntigliosa che corregge solo inezie e banalità. Sono talmente commossa, pilkunnussija, che sto dando dello scopavirgola a chiunque.

domenica 26 luglio 2015

Partiamo dalla fine

Ogni riferimento a cose o persone è puramente casuale, questo racconto è frutto dell'immaginazione malata di una fagiana bruciata e scottata dal sole.

Partiamo dalla fine. 
La protagonista butta nel lavandino un vino di merda provenzale rosato, vino da taglio da turista ignorante decisamente imbevibile, vino da bestemmia, in pratica. Mentre si versa del solido vermentino nel calice, noi le vediamo una lacrima sulla guancia, ma facciamo finta di niente e guardiamo fuori dalla finestra il tramonto insieme a lei.

Lei non parla, sospira. Hai perdonato quando testa pancia e cuore pensano allo stesso modo, si dice, ma è troppo presto anche solo per pensare. Ha come un blocco e l'ombelico che urla, non ce la fa.

Indietro ancora.
Lui è partito e non l'ha messa in valigia, non le ha nemmeno chiesto come stava, lui è sparito, da un giorno all'altro. Peggio dei cani che si abbandonano in autostrada d'estate. Cani che lei salva, peraltro, lui invece non lo vuole più.

Lei poteva chiedere spiegazioni, è vero, ma non lo farebbe mai. Si chiede invece se quello che sente è l'odio, pensa che sto pirla fa pure meditazione e poi calpesta le persone manco fossero merde, sta male per la delusione di aver condiviso se stessa e un libro mai letto, ma inutile, non ce la fa proprio a volergli male, gli augura pure di trovare finalmente la sua strada (agli egoisti del resto va sempre bene), però sotto sotto lo sa, quando sarà tutto stabilizzato e normale, lo sa che arriverà il momento in cui lui si accorgerà del vuoto.
Un vuoto che schiaccia e trita dentro molto peggio di un minipimer. E in quel momento, probabilmente di sera, con delle stelle che sembreranno limoni riflesse sul suo cazzo di mare, lui, nella sua stanza gelata, penserà che la vera assenza non si potrà mai colmare con un vino da taglio.
(immagine ispirata da compagni di viaggio | de Gregori)

venerdì 24 luglio 2015

Compilazioni


Presenza e diffusione di procedure. Sistema di gestione obiettivi. Presenza di un piano formativo e di recepimento del disagio. 
Sarebbe il titolo, peraltro figo. 
Freedom qui independence, mi ricevi freedom? (la risposta è roger).
A me quando qualcuno vuole sfogarsi capita sempre che vengon da me, allora mentre ascolto ci penso che io mannaggia la testona non mi sfogo mai e tengo dentro, poi dici parli da sola come i matti, testona, ci penso, tipo stamattina la processione, i miei due neuroni sono stanchi, ci penso. 
I ruoli sono definiti o sovrapposti? Le informazioni sono contrastanti? Esiste una cazzo di metodologia? 
Io come criterio ho che al mattino in macchina canto e poi la fiducia (bentornato anche a chi torna dopo un po', a proposito - ride bello). Tipo che se mi fido, di te, resto sempre un riccio, ma a modo mio sei dentro e col cazzo che ti faccio uscire. Pacco. Ride. 
Sono presenti rigidi protocolli di supervisione? I conflitti vengono segnalati? Vi sono rischi porcocazzo di aggressioni? I cartoni sono 11? 
La mia segnaletica è chiara, c'ho scritto fragile ovunque, allora pensaci mille volte più una, che tanto non mi arrabbio uguale, ma la delusione è grigia e son per i colori e cosa mi fai male a fare? Cosa?
L'asino raglia. Il pollo polla. Il neo nea. Il grillo fregna. 
Le interruzioni sono frequenti? La monotonia è presente? Chiarisca i compiti. Ci sono variazioni imprevedibili? Le decisioni sono rapide? 
Cioè capiamoci. Io sta settimana volevo far il polpettone di tonno e mi è uscito un coso fallico che a farlo apposta non sarebbe mai venuto. Ridere fa bene. Tipo che in questi giorni ho lavorato con una che parla come la bellucci, con le pause. Stilosa daddio che fa pure le scale coi tacchi a spillo senza guardare gli stessi gradini dove io sono inciampata con le converse. Io sta qui ci ho pensato, anche io voglio esser lenta e sensuale così, solo che poi no, ci ho ripensato, io preferisco ridere e pocciare, quindi no, l'analisi degli indicatori ha rilevato che no, preferisco esser me stessa.

(Si consiglia di ripetere la valutazione in caso di dubbi o sbattimento ingiustificato di disagio multiplo.)

domenica 19 luglio 2015

Ho ascoltato tutto

Notte insonne, molto insonne, allora siccome dentro sto di merda scrivo. Ho ascoltato stasera, tutto, ho legittimato come farò sempre l'esplosione di vitalità, ho detto che va vissuta la tirella, che l'unico modo per capire è non precludersi niente e ne sono convinta, al solito, non potrei mai essere bacchettona, io e il fiume, mai, conta stare bene, ne sono convinta. Però. Però, cazzo. Vedere come ci si scorda in un attimo del resto fa male, tipo che adesso ho il cuore in gola da piangere, che il resto è tanto e ha i suoi pregi e invece il nuovo sembra affogare tutto, tipo reazione chimica che ti annulla la logica e non ti rendi conto del male che fai agli altri. Che ci sono, gli altri. E io adesso son qui a palla, col numero uno di linus che è tanto amore, con la finestra spalancata e il cubotto sui piedi che russa, e ho tipo un frullatore in testa da non respirare. Io non le voglio più ste cose che in un attimo sbam ti cancellano ogni forma di equilibrio e non capisci più un cazzo. Più. E a non volerle più ci si emozionerà diverso? Come? Da grandi? Io ho una confusione adesso dentro che so solo che vorrei tornare bambina. E adesso spegnamo tutto e aspettiamo l'alba.

un progetto, robo, coso, martelletto, progetto

Laurina Paperina
Io siccome il caldo, adesso scrivo. Che ieri, per motivi che non sto a spiegare, il caldo, forse, ieri mi è venuto in mente un progetto (vuol dir tutto vuol dir niente come parola, progetto, tipo coso o robo, martelletto, progetto), un progetto fagiano per apple italia (minuscolo si può scrivere? a me stan sui maroni le maiuscole, è più forte di me, poi mi dicon che sono ignorante e devo legger di più, ma è più forte di me, martelletto) che spiegarlo bene tutto tutto qui anche no (martelletto, martelletto, martelletto), mapperò (quanto mi piace a me dire mapperò e quanto mi sta sul culo invece apperò, gli sgrisori che chiudiamo la parentesi subito), io, in pratica, io dovevo spiegarmi attraverso quello che mi appassionava più di tutto, allora nel progetto robo coso martelletto, io siccome ragiono e comunico più facile con le immagini, per descrivermi sceglievo l'arte contemporanea.
fontana
Che uno dice arte contemporanea e subito tutti a criticare e quasi sempre, anzi, semprissimo, dopo la dichiarazione che nell’arte contemporanea non si capisce un benemerito (che anche a me, in effetti, capirmi è strano forte), dopo, semprissimo, dopo come esempio saltan fuori i tagli di lucio fontana e arriva il più furbo e spara un "capirai, un taglio nella tela, lo potevo fare anche io" e invece no, cazzo, io ai furboni gli rispondo sempre che invece è stato lui il primo, e che il suo taglio, di lucio fontana, non è stato semplicemente un taglio, ma è stato il momento esatto in cui l'arte italiana ha fatto il suo passino tridimensionale verso lo spettatore.

manzoni

Che prima era più ferma l'arte italiana, tipo perdersi dentro un de chirico, bello eh, ma due palle dopo un po’, e invece dopo no, dopo, sempre a milano, dopo quel genio di manzoni (piero) ha iniziato a inscatolare merde d’artista e linee infinite, oppure burri  (non a milano) ha usato un sacco di materiali strani per esprimerci noi, e insomma, mica solo i sacchi, i gretti cazzo, burri ci ha inglobato piccoli piccoli dentro gibellina e lo smarrimento lo ha comunicato bene, più dei labirinti di parma, secondo me, ma vedete voi.

burri

Dopo poi, a parte gli specchi di Pistoletto, che per la prima volta l’opera era completa solo con lo spettatore dentro, dopo c’è stato il periodo che a me piace più di tutti, quello dell’arte povera, che lì cazzo i materiali, zorio e le stelle, mattiacci e le spirali e merz, chi mi conosce lo sa, io mario merz lo amo più di tutti, lui ha fatto i tavoli vivi che si intitolavano tipo la frutta siamo noi, nel senso che noi maturiamo e pian piano marciamo come le pesche e insomma, come si fa a guardar queste opere e dir che non si capiscono? Basta ascoltarle senza fretta e l’illuminazione arriva, trasmettere trasmettono sempre, secondo me, tipo il mare, ma ascoltate voi.

pistoletto
merz
Dopo poi c’è stata un sacco di roba fighissima, tipo la transavanguardia con paladino e clemente che son arrivati dritto dritto in america (coi coccodrilli nella doccia), dopo ancora basta, adesso io non scrivo più che son mica pratica e mi sembra di spiegarla, chiedo scusa nel caso, fagiana sono fagiana resto, dopo però l’ultima cosa adesso magari c’è cattelan che ti spiazza coi cavalli oi papi (oi, martelletto!), che tu dici quindi? quindi li guardi epperò ti scervelli e alla fine una sensazione comunque cell’hai, mi pare, dopo, insomma, adesso, secondo me, adesso ancora vale la pena non aver mica fretta di giudicare e martelletto bla bla bla, meglio fermarsi un attimo ed imparare, che l’arte parla. Sempre.
clemente clemente 1
cattelan
(Ci saremo capiti? Eh? chissà.)
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