lunedì 31 marzo 2014

“il mondo di fuori mi è necessario”

Ieri sera Andrea Camilleri a Che Tempo che fa ha detto questa frase qui, che nessuno disturba perchè il mondo di fuori mi è necessario, allora io l’ho amato fortissimo. Camilleri ascoltarlo è un piacere che ti fa sempre pensare, mi sono detta, infatti dopo ha aggiunto che le parole indispensabili secondo lui sono onestà, fantasia, leggerezza e speculazione, nel senso primigenio di mettere in moto il cervello, non in quell’altro, e niente, lo ha detto in un modo, ma in un modo, che l’ho amato ancora di più.

clic

domenica 30 marzo 2014

sabato 29 marzo 2014

(andrà tutto bene)

Il corrierino dei piccoli quando neanche sapevo leggere.
Non son mica capace, io queste cose mi vergogno, io mi viene la tremarella all'ombelico.
Il concorde, la luna che è un cane, perdere l'auto a Parigi.
Te ne sei andato via troppo presto, e la camera oscura?
Tabacco whiskaccio Londra.
Ce la sto mettendo tutta, ma il mondo non migliora col tempo e non capisco perché.
Scimmietta crocchetta cammello.
È che ieri ho ascoltato Jannacci e neanche tanto lontano ti ho pensato subito.
Vivere ridere sdrammatizzare.
Secondo me ci vuole pazienza.
Pattinare, pedalare, frizione acceleratore Gilles.
L'mg sta bene, manchi anche a lei, correre e deltaplano no, io adesso passi piccoli che ho avuto un po' di vuoti d'aria e sono fifona.
Tic toc tic toc, carica manuale e non fermarsi mai.
Mai, è che domani son quattordici e quattordici come limone brucia ancora tanto, allora oggi ho pensato che mi slaccio le cinture, faccio un volo dolce nei ricordi belli, mi fermo un attimo, poi guai chi mi ferma.
Andrà tutto bene.
Lo so.

(clic)
 

giovedì 27 marzo 2014

more spectacular colors

“Perhaps the only difference between me and other people is that I’ve always demanded more from the sunset. More spectacular colors when the sun hit the horizon. That’s perhaps my only sin.”

Nymphomaniac by Lars Von Trier

memo

The secret ingredient to sex is love chantilly cream bombolone. Anche un po’ piadina romagnola, ma meno.
(Nymphomaniac, semicitazione. Pirlate a parte, Lars Von Trier è un genio, punto.)
 
 
 

mercoledì 26 marzo 2014

note colturali

Oggi siccome diluvia ho comprato la solita piantina di basilico mensile che boh, mi abbandona sempre prima del pesto senza ma o perché, stavolta però per non farla sentire troppo sola le ho preso anche dei semi di una "pianta a portamento rampicante dai caratteristici fiori profumati dai toni che vanno dal lilla al bianco".
Io non lo so se ucciderò tutto anche questa semina qui, ma considerando che siamo tutti dei semi o giù di lì, che coltura è una cultura, che c'è scritto di facile coltivazione nei terreni ricchi di nutrimento e soprattutto che i fiori si chiamano "piselli odorosi", io secondo me ho fatto bene.
Sento che sarà una grandissima primavera. (tuono)

martedì 25 marzo 2014

Dancers in Mott Haven

David Gonzalez, Dancers in Mott Haven, The Bronx, August 1956, in Seis del Sur, Bronx Documentary Center
David Gonzalez, Dancers in Mott Haven, The Bronx, August 1956

percezione

"L'idea che per capire la musica si debba per forza possedere un certo bagaglio culturale è una furbata, spesso è una scusa per pigri, o una medaglia acquisita sul campo per chi crede di essere fra quelli che la "capiscono". Avere gli strumenti per godere della musica non significa conoscere nè l'armonia nè l'epoca in cui è stata scritta nè il retroterra culturale del compositore, ma riconoscere qualcosa che abbiamo dentro e che risuona."
Stefano Bollani, Parliamo di musica, 2013

Caravan



Caravan, nell'interpretazione del Duke, mi faceva sentire piacevolmente nell'illecito anche quando me ne stavo rannicchiato tra le lenzuola fresche di bucato di mia madre. Prima l'introduzione del tamtam, quindi il grande trombone fumoso che si levava ondeggiando dalla casbah e poi il flauto insinuante da incantatore di serpenti. Mendy la chiamava "musica da fartelo drizzare".
Philip Roth, Pastorale Americana

lunedì 24 marzo 2014

a mano a mano



... e a mano a mano vedrai con il tempo lì sopra il suo viso lo stesso sorriso che il vento crudele ti aveva rubato...

pesi e misure

Uomo vitruviano
"Vetruvio, architetto, mette nella sua opera d'architectura, chelle misure dell'omo sono dalla natura disstribuite inquessto modo cioè che 4 diti fa 1 palmo, et 4 palmi fa 1 pie, 6 palmi fa un chubito, 4 cubiti fa 1 homo, he 4 chubiti fa 1 passo, he 24 palmi fa 1 homo ecqueste misure son ne' sua edifiti. Settu apri tanto le gambe chettu chali da chapo 1/14 di tua altez(z)a e apri e alza tanto le bracia che cholle lunge dita tu tochi la linia della somita del chapo, sappi che 'l cientro delle stremita delle aperte membra fia il bellicho. Ello spatio chessi truova infralle gambe fia triangolo equilatero"
 
Come un cucchiaio che a seconda della distanza vedi l'immagine rovesciata oppure no, secondo me è un po' così con le persone, invece di volerle cambiare a tutti i costi delle volte conviene cambiarci attraverso, che mica è detto che più vai lontano e più vedi piccolo, invece a salire di testa hai un orizzonte sempre più vasto e allora la gente la misuri meglio.
 

effetti bariccanti

[...] Quella tradizione fra l’aristocratico e il notabilare, o semplicemente lo spocchioso, che comporta il disprezzo verso tutto ciò che è popolare, in Italia si è sempre nutrita di un fraintendimento grossolano, vale a dire dell’incapacità di giudicare il delinearsi degli stili, e, di converso, la formazione dei gusti secondo canoni di valutazione appropriati. Il che significa che va benissimo stroncare Alessandro Baricco e Susanna Tamaro e stupirsi nel contempo che l’affabulatore newage Paulo Coelho venga considerato uno scrittore, o addirittura un grande scrittore, ma bisogna stare attenti a non farlo per le ragioni sbagliate. Soprattutto Baricco andrebbe smontato con scrupolo, esaminando con attenzione i suoi meccanismi, per poter individuare esattamente il trucco. Altrimenti si cade nella sua trappoletta, quella cioè di farsi giudicare uno scrittore alto, per il quale anche un verdetto critico negativo è un implicito riconoscimento di status.
Invece il problema di Baricco, ridotto ai minimi termini, è che lui, l’autore di Castelli di rabbia, si rivolge a un pubblico popolare, a lettori medio-bassi, offrendo una tonalità esteticamente sublime, o presunta tale, in pratica adelphiana, in modo da sollecitare il loro complesso d’inferiorità intellettuale. Il suo ultimo romanzo, Senza sangue, è per molti aspetti stupendamente esemplare. C’è un incipit senza tempo accertato e senza luogo riconoscibile, che deve esprimere d’emblèe l’assoluta forza metafisica o post-storica del racconto: “Nella campagna, la vecchia fattoria di Mato Rujo dimorava cieca, scolpita in nero contro la luce della sera. L’unica macchia nel profilo svuotato della pianura”.
Ci sarà un motivo se questa frase è stata utilizzata dall’editore Rizzoli come strillo pubblicitario del libro; e il motivo è che in essa, nel suo stile senza scampo, è incluso tutto il romanzo. È l’assaggio di un menù striminzito eppure contemplato sub specie aeternitatis, in cui la parola si incide sul bianco del cartoncino prezioso e muto, e resta lì a indicare che oltre il testo si intende il silenzio, l’immortalità o la morte, oppure l’Altrove, e in ogni caso a segnare il confine precario ma probabilmente irrevocabile dell’indicibile. E… ho detto tutto, confermerebbe Peppino de Filippo.
Stesso procedimento per cui il ristoratore parvenu scrive “le orecchiette con le cime di rapa” o “i fusilli con pomodoro fresco e basilico”, con quella canaglia di articolo determinativo che isola l’elencazione dei piatti dal confuso fluire delle proposte gastronomiche possibili e li conferma come scelte definitive, stabilite da un’entità aliena superiore e indiscutibile, un Artusi, un Bocuse, un Vissani, un Andrià.
Al che, un critico attirato insidiosamente verso il tranello si inferocirebbe e andrebbe a caccia delle pugnettine stilistiche di cui è disseminato il romanzo, dei maiuscoletti che gridano, dei corsivi che sottolineano, dei puntini di sospensione che sospendono, dei “da capo” malandrini che alludono, di tutti gli altri effetti bariccanti, e ci cascherebbe dentro come una povera vittima, per concludere con il sopracciglio alzato che trattasi di letteratura di serie B. Mentre non è affatto letteratura, ma un prodotto, un oggetto di fiction, e di serie A, per giunta, che non appena stampato balza in vetta alle classifiche. Perchè ci sono masse di adoratori, e soprattutto di adoratrici, prontissime a confondere il midcult con il sublime, che quindi leggono feticisticamente la produzione siglata Adelphi come se fosse griffata Baricco e viceversa, che al Festival Letteratura di Mantova approcciano chiunque abbia al collo un “passi” chiedendogli: scusi, lei è un Autore?, e che perciò sono disposti, gli idolatri, a giurare che quello di Baricco è un capolavoro.
Lui, la carogna, gli fa le mossettine sornione, così che persino i recensori sono costretti a prenderlo sul serio e a parlare della struttura intimamente musicale del libro, dei due “movimenti” in successione di cui è composto il racconto, della sonorità e della ritmica rock che agitano le pagine.
(Della Tamaro invece si può anche tacere, dopo aver registrato in diverse pagine di Va’ dove ti porta il cuore frasi al di sotto della sufficienza come “il cane abbaiava come un pazzo”: come un pazzo, il cane, e ho detto tutto.)
Quindi l’eventuale incazzatura verso Baricco dovrebbe essere motivata dal fatto che lui non è per niente popolare, ma piuttosto specula sulle insufficienze culturali di un gusto medio-basso spacciando per merce sofisticata della para-letteratura. Popolare Baricco, vogliamo scherzare? Populista, semmai. Paraculo, nel caso. Uno che ha la tenuta morale che gli permette di chiudere il primo capitolo di Oceano mare scrivendo: “Non c’è nulla che possa, nel buio, diventare vero”. Qualcuno capisce perchè scolpisce “vero” in corsivo? A quale lettore o lettrice vorrà strizzare l’occhio con quella sottolineatura? Vorrà dire che il vero è più vero del vero? Vorrà segnalare che quel vero è falso? Oppure Baricco mignottescamente sa - sa- che per qualcuno particolarmente estatico, che legge il suo romanzo con le narici che fremono pregustando il godimento riga per riga dell’altissimo stile, quel corsivo è un indizio di artisticità, non tanto da leggere quanto da contemplare? Un segno del tutto in una sola parola? [...]
Edmondo Berselli, Post italiani. Cronache di un paese provvisorio, Mondadori 2003
(quanto mi manchi)


giovedì 20 marzo 2014

equinozio, è tutta una questione di luce

Quando ero piccola mica solo di testa mi ricordo che da mia nonna, al mattino, volevo sempre tornare a letto perché in camera c'era un lampadario di cristallo che riempiva il soffitto di arcobaleni e io mi ci perdevo dentro e fuori e tutto, pure il cielo con un dito, tutto sembrava possibile.
Dopo io non lo so come mai, dopo quell'arcobaleno lì piano piano non l'ho proprio perso, dopo quell'arcobaleno lì non l'ho più nemmeno cercato, se sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso dopo non lo so, incubi da livido duro e stanza con pareti senza uno straccio di alberello di sicuro, però ecco dopo dopo cioè adesso, in questi giorni qui ho realizzato che è un sacco che quei sognacci lì non li faccio più e allora mi è venuto un sorriso da soffitto talmente spontaneo, ma talmente spontaneo, che penso sia il modo migliore di iniziare la primavera. È tutta una questione di luce.

voilà

Soledad

Gianni Rodari, il filobus numero 75

Una mattina il filobus numero 75, in partenza da Monteverde Vecchio per Piazza Fiume, invece di scendere verso Trastevere, prese per il Gianicolo, svoltò giù per l'Aurelia Antica e dopo pochi minuti correva tra i prati fuori Roma come una lepre in vacanza.

I viaggiatori, a quell'ora, erano quasi tutti impiegati, e leggevano il giornale, anche quelli che non lo avevano comperato, perché lo leggevano sulla spalla del vicino. Un signore, nel voltar pagina, alzò gli occhi un momento, guardò fuori e si mise a gridare:
"Fattorino, che succede? Tradimento, tradimento!"
Anche gli altri viaggiatori alzarono gli occhi dal giornale, e le proteste diventarono un coro tempestoso:
"Ma di qui si va a Civitavecchia!"
"Che fa il conducente?"
impazzito, legatelo!"
"Che razza di servizio!"
"Sono le nove meno dieci e alle nove in punto debbo essere in Tribunale, - gridò un avvocato, - se perdo il processo faccio causa all'azienda."

Il fattorino e il conducente tentavano di respingere l'assalto, dichiarando che non ne sapevano nulla, che il filobus non ubbidiva più ai comandi e faceva di testa sua. Difatti in quel momento il filobus uscì addirittura di strada e andò a fermarsi sulle soglie di un boschetto fresco e profumato.

"Uh, i ciclamini" - esclamò una signora, tutta giuliva.
"È proprio il momento di pensare ai ciclamini" - ribatté l'avvocato.
"Non importa, - dichiarò la signora, - arriverò tardi al ministero, avrò una lavata di capo, ma tanto è lo stesso, e giacché ci sono mi voglio levare la voglia dei ciclamini. Saranno dieci anni che non ne colgo."
Scese dal filobus, respirando a bocca spalancata l'aria di quello strano mattino, e si mise a fare un mazzetto di ciclamini.

Visto che il filobus non voleva saperne di ripartire, uno dopo l'altro i viaggiatori scesero a sgranchirsi le gambe o a fumare una sigaretta e intanto il loro malumore scompariva come la nebbia al sole. Uno coglieva una margherita e se la infilava all'occhiello, l'altro scopriva una fragola acerba e gridava:

"L'ho trovata io. Ora ci metto il mio biglietto, e quando è matura la vengo a cogliere, e guai se non la trovo."

Difatti levò dal portafogli un biglietto da visita, lo infilò in uno stecchino e piantò lo stecchino accanto alla fragola. Sul biglietto c'era scritto: - Dottor Giulio Bollati.

Due impiegati del ministero dell'Istruzione appallottolarono i loro giornali e cominciarono una partita di calcio. E ogni volta che davano un calcio alla palla gridavano: "Al diavolo!"
Insomma, non parevano più gli stessi impiegati che un momento prima volevano linciare i tranvieri. Questi, poi, si erano divisi una pagnottella col ripieno di frittata e facevano un picnic sull'erba.
"Attenzione!" - gridò ad un tratto l'avvocato.

Il filobus, con uno scossone, stava ripartendo tutto solo, al piccolo trotto. Fecero appena in tempo a saltar su, e l'ultima fu la signora dei ciclamini che protestava: - Eh, ma allora non vale. Avevo appena cominciato a divertirmi.

"Che ora abbiamo fatto?" - domandò qualcuno.
"Uh, chissà che tardi."
E tutti si guardarono il polso. Sorpresa: gli orologi segnavano ancora le nove meno dieci. Si vede che per tutto il tempo della piccola scampagnata le lancette non avevano camminato. Era stato tempo regalato, un piccolo extra, come quando si compra una scatola di sapone in polvere e dentro c'è un giocattolo.

"Ma non può essere!" - si meravigliava la signora dei ciclamini, mentre il filobus rientrava nel suo percorso e si gettava giù per via Dandolo.

Si meravigliavano tutti. E sì che avevano il giornale sotto gli occhi, e in cima al giornale la data era scritta ben chiara: 21 marzo. Il primo giorno di primavera tutto è possibile.

Gianni Rodari, Favole al telefono, Einaudi

mercoledì 19 marzo 2014

Luke Wilson with Mordecai

Luke Wilson with Mordecai the falcon, on set of The Royal Tenenbaums, 2000

Laura Wilson, Luke Wilson with Mordecai the falcon, on set of The Royal Tenenbaums, 2000.

martedì 18 marzo 2014

gli amici del muso

La minibimba che gioca sempre col muso mi ha detto che l’altrissimo ieri, cioè due giorni fa, ha visto un film che si chiama zanna gialla dove c’è un cane giallo un po’ vecchio che a un certo punto diventa cattivissimo perchè gli viene l’idrofobia, che è un tipo di paura che lo fa diventare talmente cattivo da non poterlo più accarezzare. Mi ha detto che subito ci è rimasta molto male perchè gli umani non riescono a guarirlo e allora gli sparano e lui muore, dopo è stata meglio perchè il suo cucciolo, che è giallo uguale uguale a lui ma senza paura, per fortuna si salva.

Nicolas Bruno, incubi

Photographer Translates His Nightmares Into Surreal, Haunting Photographs

lunedì 17 marzo 2014

Pagaiare

I buchi neri gli universi paralleli le cavallette, i vuoti i pieni le inversioni, i cerchi i ricerchi le ellissi, l'analessi la prolessi gli incroci.
Io la gente che programma tutto non so bene come faccia, io non ci riesco, a me piacciono troppo le sorprese che in un attimo ti ritrovi l'occhio che ride e allora quando ci sono i periodi da pagaiare pazienza, vuoi mettere poi lo stupore bello bello che prima o poi ritorna?

il sole non ha lune

Nella saliva
nella carta
nell’eclisse.
In tutte le linee
in tutti i colori
in tutti i boccali
nel mio petto
fuori, dentro
nel calamaio – nelle difficoltà a scrivere
nello stupore dei miei occhi
nelle ultime lune del sole
(il sole non ha lune) in tutto.
Dire “in tutto” è stupido e magnifico.
DIEGO nelle mie urine – DIEGO nella mia bocca
nel mio cuore – nella mia follia – nel mio sogno
nella carta assorbente – nella punta della penna
nelle matite – nei paesaggi – nel cibo – nel metallo
nell’immaginazione.
Nelle malattie – nelle rotture – nei suoi pretesti
nei suoi occhi – nella sua bocca
nelle sue menzogne.

Frida Kahlo, Lettere appassionate, Abscondita edizioni, Milano, 2002

(lei lo chiamava il rospo, lui la niña, si sono sposati, traditi, presi pure a colpi di pistola, ma cazzo se si sono amati..)

domenica 16 marzo 2014

memo

"Qualunque cosa che accade, accade."
"Qualunque cosa che, accadendo, ne fa accadere un'altra, ne fa accadere un'altra."
"Qualunque cosa che, accadendo, induce se stessa a riaccadere, riaccade."
"Però non è detto che lo faccia in ordine cronologico."

Douglas Adams, Praticamente innocuo, 1992

Terra: praticamente innocua

“Viviamo in strani tempi. Viviamo anche in strani posti: ognuno di noi abita in un proprio universo. Le persone di cui popoliamo i nostri universi sono le ombre di altri universi che si intersecano con il nostro. Per riuscire a fronteggiare questo sconcertante guazzabuglio di infinita ricorrenza dicendo cose come: — Oh, ciao, Ed! Che bella abbronzatura! Come sta Carol? — occorre che tutte le entità coscienti sviluppino un’eccezionale capacità di filtraggio allo scopo di difendersi dalla contemplazione del caos nel quale annaspano e vagano. Perciò date ai vostri figli la possibilità di riparare ai loro errori, d’accordo?”

Douglas Adams, Praticamente innocuo, 1992

zebra crossing

Camillapresle - Hannes Kilian - Stuttgarter Ballett, 1967 via Matching Moleskine

venerdì 14 marzo 2014

parole (4): la mia settimana

paroleset

Jay Maisel, Harlem dance

Non sono stato sempre buono con lei, anzi

“Non sono stato sempre buono con lei, anzi, di solito ero un figlio di puttana. La amavo tanto e non sapevo cosa fare. Invece di darle ciò che sentivo, di colmarla di quell’amore aspro, me lo inghiottivo. È una cosa che non riesco ancora a capire: il suo amore mi arrivava senza problemi, il mio invece non fluiva verso di lei. Credo che il suo amore reprimesse il mio. Lei e il suo amore formavano una sostanza densa in cui il mio amore e io rimanevamo impantanati, allora diventavo una furia e lei non riusciva a capirlo. L’ho trattata male molte volte perché ero disperato ma l’amavo più della mia stessa vita e quando se n’è andata la mia vita si è spenta.”
Efraim M. Reyes, C’era una volta l’amore ma ho dovuto ammazzarlo

parole (3)

“Ogni tanto bisogna prendere alla lettera le parole che si dicono ai bambini.”

Sandro Veronesi, Caos Calmo

Andy Warhol | Polaroids

parole (2)

“Le cose più importanti sono le più difficili da dire. Sono quelle di cui ci si vergogna, perchè le parole le immiseriscono - le parole rimpiccioliscono cose che finchè erano nella vostra testa sembravano sconfinate, e le riducono a non più che a grandezza naturale quando vengono portate fuori. (…)
E potreste fare rivelazioni che vi costano per poi scoprire che la gente vi guarda strano, senza capire affatto quello che avete detto, senza capire perchè vi sembrava tanto importante da piangere quasi mentre lo dicevate. Questa è la cosa peggiore, secondo me.”

Stephen King, Stand by me

giovedì 13 marzo 2014

parole

“Ecco come sono le parole, nascondono molto, si uniscono pian piano tra di loro, sembra non sappiano dove vogliono andare, e all’improvviso, per via di due o tre, o di quattro che all’improvviso escono, parole semplici, un pronome personale, un avverbio, un verbo, un aggettivo, ecco lì che ci ritroviamo la commozione che sale irresistibilmente alla superficie della pelle e degli occhi, che incrina la compostezza dei sentimenti, a volte sono i nervi a non riuscire a reggere, sopportano molto, sopportano tutto, come se indossassero un’armatura”

José Saramago, Cecità

mercoledì 12 marzo 2014

kiss

 
Solo per dire che “First kiss” di Tatia Pilieva, secondo me, ha avuto un precedente straimportante, che poi è questo qui ed è di Andy Warhol (amen, limonatene tutti):
 

attese

A me, il mondo, a me delle volte sembra striminzito, tipo che non gli va mai bene niente e tu aspetti aspetti aspetti, ma il tuo momento non arriva mai e tutto sembra grigiastro e lento e schematico da sentirsi in letargo pure in primavera, allora io quelle volte lì, che sono mica poche, io penso sempre che le attese non mi piacciono perché non sono mai spontanee, che gli schemi dovrebbero sforzarsi di uscire e svagarsi sempre un po' e soprattutto che siccome preferisco le sorprese, io, quando arriverà il mio momento, io secondo me sarò a Tonga.

sabato 8 marzo 2014

zebra crossing

Flying

Pippo dice no

Pippo - Andrea Pazienza
Andrea Pazienza, Perchè Pippo sembra uno sballato, pag. 11

Come mai

"Siccome voglio provare a tenere una scuola di scrittura a dei bambini, l’altro giorno son stato a Reggio Emilia al centro internazionale Loris Malaguzzi che è un posto dove, tra le altre cose, è possibile consultare il materiale prodotto dalle scuole dell’infanzia di Reggio Emilia che, com’è noto, dicono siano le scuole dell’infanzia migliori del mondo.
Io non lo so se è vero, che son le migliori del mondo, quello che so è che ho passato un paio d’ore a leggere questo materiale e mi sono segnato certe frasi dette dai bambini delle scuole dell’infanzia di Reggio Emilia, per esempio: «La musica aiuta le gambe per danzare», oppure: «Sono nato dalla pancia della mamma, mi sono girato, mi sono liberato e sono nato», o ancora: «Il giornalaio e l’edicola son la stessa cosa, giornalaio è il suo nome, edicola il suo cognome».
O, in una serie di osservazioni sulla città: «nella città ci sono due inizi, e in mezzo, proprio in mezzo, c’è la fine»; «le città sono sempre state costruite perché se no senza città tutte le persone rimanevano in piedi e stavan sempre in giro».
Oppure, in una serie sulle banche: «Te vai in banca e gli dici: Buongiorno, sono venuto a ritirare un po’ di soldini, e loro te li danno. Quando li hai finiti ci torni, loro ce ne hanno sempre, non possono restare senza, se no non si chiamerebbero Banca».
O, sulle biblioteche: «La Biblioteca è gentile perché presta i libri a tutti».
O, sulle ombre:  «Tutto ha un’ombra meno le formiche».O, sugli affreschi: «Gli affreschi si chiamano affreschi perché stanno in cielo, e il cielo è fresco».
Dopo, tornando in treno dal centro internazionale Loris Malaguzzi, l’altro giorno, mi è venuto da chiedermi come saranno, tra quindici anni, le frasi che questi bambini, diventati ragazzi, scriveranno nei loro temi l’anno magari che daranno l’esame di maturità.
E dopo, arrivato a Bologna, sono andato alla libreria Coop Ambasciatori, ho aperto un libro, ho guardato la nota biografica e ho letto che quello scrittore lì, che si chiama Lorenzo Silva, e è nato a Madrid nel 1966, «è autore di numerosi libri», e ho pensato che nelle quarte di copertina i libri son sempre numerosi, non sono mai tanti; e che la scuola il mestiere che fa, forse, è un po’ quello lì, di dare un tono alle nostre scritture, di insegnarci a scrivere in una lingua che non è esattamente la nostra lingua madre, una lingua dove non si arriva ma si giunge, dove non ci sono mamme ma madri, e non ci sono babbi ma padri, e non ci sono vecchi ma anziani, e non ci sono macchine ma autovetture, e non si dice «Che ti venga un canchero» ma «Vai al diavolo», e mi è venuto in mente lo scrittore e matematico russo Aleksandr Zinov’ev che nel libro Cime abissali si chiede come mai, in Unione sovietica, l’università riusciva a produrre, dalle decine di migliaia di studenti dotati che tutti gli anni si iscrivevano, quel centinaio di burocrati che ogni anno si laureavano con il massimo dei voti, e mi è venuto da pensare che un lavoro come quello che fa il centro internazionale Loris Malaguzzi, di conservare quelle scritture così belle, così poetiche e così strampalate, è un lavoro che meno male che c’è qualcuno che lo fa."
[Paolo Nori]

giovedì 6 marzo 2014

memo

uno scarabocchio della (e dalla) mia testa

alison coaten, small monkey and child

Alison Coaten

sento che fa bene

Io ci sono delle volte che ho la contentezza da idiota che guai chi me la tocca, poi ci sono delle altre che il mio stato d'animo non lo capisco proprio e allora lo annoto, mi occupo di cavolate o di cose piccine che sono le più issime per via dei sorrisi, rileggo quello che ho scritto e la luce cambia sempre un po', allora sento che fa bene.
Ho letto che scrivere serve a nascondersi e questa frase qui non solo è una citazione snaturata mozzata annullata di Calvino, era per la scoperta, lui, ma secondo me è anche una grandissima cagata. Io senza scrittura, ma anche senza musica e arte, mica l'ora di storia, nemmeno quella da palazzo, l'altra, io mi nasconderei talmente tanto da non trovarmi più. Porca rogna italiana del denigramento di noi stessi. Questo è Gadda, ripeterlo sento che fa bene.

martedì 4 marzo 2014

En avant la musique, 1907

En avant la musique (Segundo de Chomón, 1907)

Lucio Dalla - Stella di mare



.. che le stelle della notte fossero ai tuoi piedi, che potessi essere meglio di quello che vedi, avessi qualcosa da regalarti e se non ti avessi uscirei fuori a comprarti, stella di mare, tra le lenzuola, la nostra barca non naviga vola, vola, vola, tu voli con me..

lunedì 3 marzo 2014

secondo me si chiama anche Nicola

La bambina di Reggio io, quella un po’ cresciuta, ma mica poi tanto, a leggere di Pierino, che secondo me si chiama anche Nicola, ride sempre da matti.

reggio

Paolo Nori: clic

Il faut se perdre

"Comment ne pas revenir? Il faut se perdre. Je ne sais pas. Tu apprendras. Je voudrais une indication pour me perdre. Il faut être sans arrière-pensée, se disposer à ne plus reconnaître rien de ce qu’on connaît, diriger ses pas vers le point de l’horizon le plus hostile, sorte de vaste étendue de marécages que mille talus traversent en tous sens on ne voit pas pourquoi."
Marguerite Duras, Le Vice-consul

Je me souviens de toi

“… Je te rencontre.
Je me souviens de toi.
Qui es-tu?
Tu me tues.
Tu me fais du bien.
Comment me serais-je doutée que cette ville étail faite à la taille de l’amour?
Comment me serais-je doutée que tu étais fait à la taille de mon corps même ?
Tu me plais. Quel événement. Tu me plais.
Quelle lenteur tout à coup.
Quelle douceur.
Tu ne peux pas savoir.
Tu me tues.
Tu me fais du bien.
Tu me tues.
Tu me fais du bien.
J’ai le temps.
Je t’en prie.
Dévore-moi.
Déforme-moi jusqu’à la laideur.
Pourquoi pas toi ?
Pourquoi pas toi dans cette ville et dans cette nuit pareille aux autres au point de s’y méprendre ?
Je t’en prie…”  

Marguerite Duras, Hiroshima mon amour


John Lennon’s letter to Cynthia Powell (1958)

 

Dear Cyn,
I love you , I love you I love you I love you I love you I love u I lllllove U I love you Like Mad I do I do love you YES YES YES I do love you CYN you I love I love you Cynthia Powell John Winston love C.Powell Cynthia Cynthia Cynthia I love you I love you I love you forever and ever isn’t it great? I love you like Guitars I love you like anything lovely lovely lovely lovely Cyn I love lovely Cynthia Cynthia I love you. You are Wonderful I adore you I want you I need you. I need you don’t go I love You Happy Christmas Merry Chrimbo I love you I love you I love you Cynthia Cyn Cyn Cyn Cyn Cyn Cyn Cyn is loved by John John John John John I love you.
Love John

domenica 2 marzo 2014

Delle volte

Il fatto è che ci sono delle volte che ti vengono delle domande che mica ce la fai a rispondere e più ci pensi e più ti parli e più ti tarli e più non ce la fai, allora secondo me l'unica è rinunciare ad andare dritti, che tanto nessuno può andare sempre rettilineo nella vita, smettere di inseguire i vari non ho capito bene sparsi qua e là, sedersi nell'armadio e ascoltare, che il ritmo vale più dei concetti. Delle volte.

zebra crossing

Rain

sabato 1 marzo 2014

Hermes vintage

vistoporahifuera:<br /><br />stoneponi&#160;:<br /><br />Hermes Vintage<br /><br />

Ruotini

- Cosa vogliamo noi?
- WhatsApp!
- Perché lo vogliamo?
- È veloce! È gratis! È figo! È social! Ci piace! Scaricalo!

- Cosa vogliamo noi?
- Telegram!
- Non WhatsApp?
- Telegram!
- Aem, perché lo vogliamo?
- Perché laggente spia e non ci piace!
- Ma chi? Dove? Cosa? Perché?
- È veloce! È gratis! È figo! È social! Scaricalo!

Poi dicono che non siamo mica dei criceti.