sabato 31 ottobre 2015

suonando il tamburo

– Io, – dissi, – non ti stacco mai da me. Ti tengo là, fra le mie cose. Se no certe volte, la mia cornice, non potrei sopportarla.
– Pure la sopportavi, – lui disse, – quando non esistevo ancora, io, per te.
– Sì, la sopportavo, – dissi. – Mi pesava, ma la sopportavo. Ma non sapevo, allora, che la vita potesse avere un altro passo. Lo immaginavo, così, vagamente, ma non lo sapevo.
– Non sapevo, – dissi, – che la vita potesse andare di corsa, suonando il tamburo.

Natalia Ginzburg, “Le voci della sera”

sabato 17 ottobre 2015

due mesi di scarabocchi sparsi

Ho imparato che il tiramisù va fatto almeno il giorno prima, penso sia per quello che non l’ho mai cucinato, credo. Mi son detta che forse deve essere più facile vivere senza affezionarsi mai veramente alle persone, ma nel caso preferisco il difficile. Ho farneticato che magari piangiamo per far scivolar via i pensieri brutti, tipo l'ansia con le boccate di sigaretta, e che certe volte vorrei piangere, ma non fumo. 
Urlare dentro per farmi sentire, sbaglio lì, secondo me, mi son detta. Che cosa ha fatto mentre stavi male? La risposta è (quasi tutta) lì. Svegliarsi alle 4 con l’urlo in gola da incubo, pensare che tanto l’attrazione, volutamente, non la fermi mica, che non esiste dolore di seconda classe (il dolore è sempre dolore), che la gente che compra un libro perché va in vacanza e invece tutto l'anno non ha tempo di leggere, e te lo dice pure, è quella che di più fa paurissima, e che invece, nell’inventare in due le parole crociate, lì c’è moltissimo amore. Lo spazio va sempre e solo dopo la virgola, non è difficile, che a veder scritto a cazzo mi vien il fastidio visivo, però molti tuttologi, più che le cose, dovrebbero imparare a guardar dentro le cosce, secondo me, gli si aprirebbe un mondo. Quale sarà il mondo giusto di conoscersi? 
Le lenzuola verde acido e l’insonnia, non digerire nemmeno un succo di pesca, poi la citrosodina e le mille medicine. Di tutto il corpo, solo i polsi che dormono, o forse sono anestetizzati, poi la fitta forte all'ombelico, i ricordi e in un attimo sbam. Uno sbam fortissimo. Se vuoi bene a qualcuno non dovresti fargli male, non è così? Non era vero niente (ci son delle domande che fan male peggio di tutti i minipimer del mondo)? E come mai la vita, più che effervescente, delle volte è solubile? 
È la collisione delle rispettive finzioni che manda tutto in caos, come nei film di Wes Anderson, la vita non dovrebbe essere sempre tipo un trionfo di chantilly, con le fragole, oppure sogliole e champagne? Il fallimento più grande del genere umano è mettercela tutta per uccidere molto forte l'amore, allora io, per un po', io come stile di vita, in quanto le vite ogni tanto si mescolano e cambiano, io vorrei essere la più lenta delle lumache lenti, starmene lì ad ascoltar la pioggia, che tanto chi cazzo ha mai rincorso una libellula in un prato? Fuori è un brutto mondo pieno di nonostante, poi c’è la solitudine dei marciapiedi affollati che è un fenomeno stranissimo, tipo che se di una persona pensi qualcosa di carino buffo dolce gentile, ma non lo condividi con lei, son pensieri sprecati, mi pare. Anche meditar su se stessi senza pensare agli altri è uno spreco. 
Siam tutti dei diversi molto simili, mi pare, ciascuno con la stabilità come cazzo gli pare, allora va detto che la vita è quella cosa che ogni tanto si diverte a sbalestrarti la fiducia e a farti sentir il male, poi però all'improvviso ti meraviglia di nuovo. L'importante è sdrammatizzare nei momenti critici di scoperte note, in pratica sempre, penso.

[Se hai voluto veramente bene a qualcuno non potrai mai odiarlo, dopo il broncio continuerai a volergli bene. Penso sia un bug del cuore.]

Ogni tanto è bello rileggersi e coccolare il disagio. Siamo in autunno, e un po’ si vede, ma andiamo a camminare.

giovedì 15 ottobre 2015

fuori casa da una vita

Io, delle croste, ammiro la capacità di sbalestrarti tutto in un attimo, tipo che l'ammonimento ce l'hai, hai pure il dubbio che poi rimane il segno, però cazzo sei lì che senti tirare tutta la pelle, e allora come fai a non grattarti? Quelli ad esempio che appena sbagli loro lo sapevan già, ma ti avvisan sempre dopo, non senza soddisfazione, a me stanno sui maroni. Oppure quelli con l'ansia che te la alitano per veder se ti si appiccica anche a te, tipo vetro appannato, ci vuol della fatica per vivere confusi, della passione forte, allora io ci faccio lo scudo, che come stile preferisco quello fagiano. Tipo adesso, ad esempio, adesso mi son chiusa fuori casa, allora io, tu, dove sei? Ci siamo persi? Siamo stati pirla così? Io dico no, la vita scombussola tutta la fiducia, poi però ti meraviglia sempre di nuovo, allora come genere aspettiamo l'improvviso, che siam poi delle croste dure, in pratica.

venerdì 9 ottobre 2015

pensavo


Oggi mi hanno attraversato la strada due gatti neri di corsa, e poi un piccione, lui molto con calma. Io, coi gatti, a vederli attraversare in due ho pensato un po' ridendo e adesso?, invece il piccione aveva una tranquillità che mi son proprio appoggiata al volante a guardarlo, e con la testa inclinata ho fatto tipo il percorso con lui.
Adesso son qui chiusa in cuccia, appallottolata col maglione blu della febbre, senza voce che a mimare sembro epifanio e un po' rido, ma poco, un male ovunque che non so come stare, e soprattutto un power point da editare e un claim da trovare. Chissà come dev'essere la vita del piccione, pensavo.

domenica 4 ottobre 2015

spara cazzate, spara cazzate


Spara cazzate, spara cazzate siamo nelle pubbliche relazioni è questo il nostro lavoro. Ecco io, citazione a parte, io son dei giorni che nuoto in un limbo di cazzate, che delle volte è dura. 
Ti capita di sentire in tivù i testi scritti a tavolino di quelli strappa lacrime che ai poeti del tuider spiccia casa, oppure di vedere che il pubblico reagisce proprio come deve davanti al cantante personaggio del reality e tu nuoti, nuoti nuoti con gli occhi chiusi finché, col cuore in gola, parli con una signora che ha perso la famiglia in una strage, e il dolore lei te lo racconta con una dignità che non puoi non aprirli gli occhi, proprio no. 
Che raccontarsi non è facile, e infatti dopo tutto cambia un po'. Dopo ad esempio apri i social e leggi una marea di cazzate e pensi cazzo sto coso a forza di vomitarci addosso il disagio amoroso televisivo applicativo lo stiamo sputtanando di brutto, dopo hai davanti l'immagine delle tue persone da abbraccio e pensi fortuna che INSERIRE RUMORE DI FRENI STRIDENTISSIMO. 
Porco cazzo, ha cambiato stato e lo scopri dai social. E per stato intendo quello geografico, sull'altro meglio non approfondire. Io adesso non ce la faccio a dire altro, se non che dopo pensi brutto, un brutto che anche adesso che sto camminando a pensarci sento una fitta allo stomaco, un brutto che dici boh, congratulazioni per la nuova vita, ma magari non averlo saputo così mi sarebbe piaciuto, ecco. Dopo hai un po' (molto po') di sfiducia generale nei confronti del genere umano, dopo ti leggi calcare con la copertina alla ricerca del sorriso, dopo ti porti il tuo armadillo cubotto a camminare mogia tipo fagiana abbandonata dal mondo, dopo annusi che fuori c'è odore di camino e senti le guance vive dal freddo, dopo finalmente adesso arriva l'immagine, sabato scorso mi son tagliata i capelli corti corti perché per radio c'era purple rain e io e la parrucchiera cantavamo e ridevamo, e allora mi ricordo che le ho detto taglia taglia, io mi fido di te perché canti. 
Ecco io sono così, io i miei contatti son a pelle, io delle persone mi fido, dei sorrisi, dei pocci, pure dei momenti no che portan sempre a dell'altro, mi fido e continuerò a farlo nonostante i nonostante. (buon viaggio, avrei detto questo, probabilmente stonando cremonini)