sabato 13 ottobre 2012

Favole al telefono

Io ci sono cresciuta con Favole al telefono. E già prima di imparare a leggere mi immaginavo il Ragionier Bianchi, Giovannino Perdigiorno, Alice Cascherina ed il palazzo di gelato di Bologna.
E il 21 marzo penso sempre che tutti dovrebbero farsi un bel giro sul filobus numero 75, fermarsi e convincersi che il primo giorno di primavera tutto è possibile.
Solo che qui è arrivata la prima nebbia e camminando al parco, non solo ho pensato quanto sia lontana la primavera, ma che ormai le favole al telefono non si raccontano più.
Ho incontrato tante sagome grigiastre, tutte urlavano di corsa al loro interlocutore immaginario i propri guai animo-sentimentali-lavorativi, addirittura dettavano la lista della spesa, ma nessuna favola. E me le sono immaginate a cena stasera con il loro telefono, pronte a fotografare amici e cibo, magari aspettando che si faccia viva la persona che a quella cena non c’è ma nella testa sì, ma totalmente impreparate a ricevere, alle 9 in punto, una telefonata capace di far viaggiare con la fantasia. Una telefonata alla Rodari, da ascoltare ed immaginare, capace di incuriosire con il senso del non senso e di far scoprire quanto sia ancora possibile rendere la vita un gioco, liberandola dalle inibizioni. Sarebbe una grande sorpresa. Perchè la capacità di fermarsi un attimo e riuscire ancora a stupirsi di un semaforo blu o di un topo e un gatto da fumetti che si abbracciano capendosi a meraviglia, è una di quelle cose che crea con un’altra persona un legame di testa indissolubile. A qualsiasi età.

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