lunedì 6 aprile 2015

Charles Bukowski e le scarpe

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(Scrivo racconti, poesie e romanzi. Di solito infarcisco la mia roba con richiami di sesso tanto per tenerli svegli, e mentre sono svegli gli parlo anche del resto. Infilo tutto di soppiatto. Do loro la morfina e poi rianimo le loro esigue anime.)

Il mio problema è che mi innamoro di tutte le donne che scopo. Scopo bene, ma sono un tipo molto emozionale. Per me quando una donna mi dona il suo corpo, sento come se mi avesse donato la sua anima; questa è una delle cose che mi fa eccitare. E poi l’intero atto ha sfumature di morte e di assassinio e di conquista. Ma più che altro sento l’impulso della passione e dell’amore, e non posso vincerlo. Fremo da capo a piedi per la donna che ho appena scopato. Non ero così verboso, e mi è costato, ma non riesco a cambiare. La maggior parte della gente si scrolla di dosso una scopata come se stesse scrollandosi di dosso le briciole di un picnic. Non capisco quest’atteggiamento.

La radiosveglia ci ha svegliati, e Holly l’ha spenta. “Senti,” le ho detto, “prenditi un giorno libero. Dormiamo. Magari più tardi lo rifacciamo.” “No,” ha detto Holly, “ho finito i giorni di malattia, e oltre a questo, i bambini hanno bisogno di me.” Ho tirato su le coperte e mi sono coricato di nuovo.
Quando mi sono svegliato, Holly se ne era andata. Mi sono alzato e ho girato per l’appartamento. I doposbronza mi fanno sempre arrapare. Bere mi fa arrapare. Non bere mi fa arrapare. Ma i doposbronza mi fanno arrapare più di qualsiasi altra cosa. Ho trovato un paio di scarpe sue nel soggiorno, una di fianco all’altra vicino a una sedia. C’era una strana sensazione di solitudine e di calore – come per il pane abbrustolito imburrato o per la gente che viene gettata da una rupe. I tacchi e le suole delle scarpe erano di legno, e i tacchi (anche se tristemente larghi) erano alti. Le scarpe mi eccitavano. Io sono un tipo da gambe e scarpe. I seni per me vogliono dire poco, anche se li succhio perché alle donne piace. Ma gambe e scarpe mi fanno partire, e non tento di trattenermi. Avevo un’erezione, ho raccolto una scarpa e ho fatto scorrere dentro e fuori l’uccello. La base dell’uccello strusciava contro il legno, e la cappella era trattenuta da una stoffa soffice che chiudeva la punta della scarpa. Magari, ho pensato, un giorno o l’altro mi sposo una scarpa. “Vuoi tu, Henry, prendere questa scarpa come tua...” Facevo scorrere l’uccello dentro e fuori, poi ho trattenuto l’impulso. Dovevo preservare lo sperma. 

Sono tornato in camera da letto e ho guardato nell’armadio. Ho trovato un paio di mutandine blu – non c’erano macchie di merda – e le ho sfregate avanti e indietro sull’uccello. Era bello. Per un pelo non sono venuto. Certa gente, ho pensato, crede che io sia il poeta più grande degli Stati Uniti. Mettiamo che una di queste vaccate esca? Sarei condannato. Ho gettato le mutandine dentro l’armadio. Poi ho visto una scarpa. Solo una scarpa, scompagnata, con il tacco alto, a spillo. Quella sì che era una scarpa eccitante. L’ho raccolta e ho cominciato a scoparmela. Camminavo per la stanza e intanto ci davo dentro con la scarpa. Ho perfino dato dei rapidi affondi circolari, me la stavo scopazzando per bene quella scarpa. Poi, all’ultimo istante, mi sono staccato e l’ho gettata nell’armadio.
 
Charles Bukowski, Reading stupefacente in "Scrivo poesie solo per portarmi a letto le ragazze"    


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