venerdì 19 settembre 2014

divaghiamo pure

I miei nonni, un anno, scoprirono un paesino sperduto in una valle del Trentino e niente, si innamorarono talmente tanto di quella luce lì che si trasferirono, allora io, a neanche un mese, a me i miei mi hanno portato là, che c’era l’aria buona, dicevano, mio fratello lui che è più grande prima lo portavano sempre al mare, e infatti siamo diversi, tipo che io c’ho i capelli e lui no, lui sempre fame e io mai, io arrampicarmi lui nuotare, forse è l’altitudine, non so, ma non divaghiamo.
Io del Trentino, noi emiliani abbiamo sta cosa che quando un nome è doppio usiamo solo il primo, tipo diciamo mi passi il parmigiano e intendiamo il parmigiano reggiano, lo dico perchè sul twitter a parlare del Trentino mi hanno spiegato la differenza tra provincia e regione, ma secondo me la conoscevo anch’io e comunque non divaghiamo, dicevo, io del Trentino da piccola piccola mi ricordo dei personaggi incredibili, tipo il Candido e la Candida che nel biberon dei loro gemelli mettevano sempre latte e grappa così si scaldavano e crescevano furbi, dicevano, che uno può pensare ma no dai la grappa a un neonato? e invece i gemelli son poi diventati dei luminari, allora forse un po’ di grappa sarebbe servita pure a me, ma non divaghiamo.
Io del Trentino, dicevo, io da piccola piccola, oltre al Candido e la Candida (le mogli le chiamavano sempre col nome del marito, tipo Franco e la Franca, Cubotto e Cubotta, tipo così), io mi ricordo le signorine Tettamanzi di professione fruttivendole alla ricerca del grande amore e per questo non troppo amate dalle altre signore (a me comunque, va detto, a me regalavano sempre le caramelle soprattutto quando ci andavo col mio papà e quindi, allora, a me sono sempre state simpatiche), poi mi ricordo Sisino, che per le sue mucche immaginarie riempì talmente tanto una casetta di fieno da farla scoppiare (un boato strepitoso che echeggiò di valle in valle, ma fortunatamente le mucche si salvarono tutte), poi Primo, che mi insegnava a pescare con le scatolette di tonno, la Peppina, signorina di accompagnamento in pensione, forse amica delle Tettamanzi, sicuramente grandissima bevitrice di caffè, e su tutti mi ricordo il Brida, che a me siccome era enorme e barbuto e viveva nel castello del paese, a me era un idraulico che faceva una paura, ma una paura, che anche adesso, a ricordarlo, ho soggezione. Ma non divaghiamo.
In questo strano paesino, oltre a me, ai miei nonni e ai suddetti personaggi, c’erano solo dei bimbi maschi (una volta arrivò una femmina, ma fu azzannata da Spartaco, il cane del paese, allora dopo non tornò più), quindi io sono cresciuta un po’ così, ruspante, tipo che al posto delle bambole vivisezionavo cavallette o allevavo ragni, oppure facevo le gare con lo skateboard che mi piaceva da matti, oppure mi arrampicavo sui sassi (avevo pure il sasso personale che nella mia fantasia era un cavallo e si chiamava Black), sempre di corsa e piena di croste, un po’ zingara e un po’ maschiaccio, e infatti quando tornavo in Emilia che ricominciavano le scuole, oltre alla cappa mi ricordo che in tv davano tutti gli anni miss Italia e a me, a guardare tutte ste tipe pettinate e truccate, a me veniva sempre la soggezione come col Brida, allora almeno mi infilavo le scarpe. Ma non divaghiamo.
Scarpa dopo scarpa, dopo, poi, col tempo, dopo sono cresciuta anch’io, allora è successo che no, il lato barbie manco oggi, però lady disaster dopo è venuta pian piano alla luce, e allora ok reggio rizzone il mare e les folies, ma i primi morosini, le nottate aglio olio e pane appena sfornato, il Natale, il fuoristrada col range, dopo gira e rigira tutto in montagna, che la testa, divaghiamo pure, bisogna tenerla sempre aperta e le stelle con la neve si vedono meglio.

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