Le quattro e trentasette e penso di essere sveglia da sempre. Insonnia maledetta. Mi stan sul culo quelli che dicono "ma tu, non dormi mai? ", però la categoria "io ti salverò, io ti insegnerò, con me sarà diverso" è peggio. La mia penso sia ormai un'insonnia cronica, è iniziata quando si è ammalato mio papà insieme a mille sigarette, il formicolio della testa all'improvviso, veder tutto nero senza sapere quando passa e non andare più in bagno. Quando il tuo papà si ammala può succedere, lo dico a quelli che passan le giornate a farsi le foto segzzi lamentandosi per innamorati poco sul pezzo. Siccome dopo poco si è ammalata mia mamma, dopo le sigarette son diventate millemila e penso di aver fatto settimane senza dormire, insieme alla perdita di più di venti chili in un anno, svenimenti, pianti di nascosto sopra un tetto e sfogliamenti di pubblicità di riviste ignoranti per cercar di distrarmi non pensando. Anche "ma tu, che tipo di insonnia hai?" mi son sentita chiedere, tutte domande che insieme alla sindrome dell'io ti salverò fan poi capire molto forte i miei aculei, credo. Dopo comunque, dopo che son rimasta sola anche senza la mamma, dopo non son crollata del tutto perché ho cercato di rimuovere il male non pensandolo, ma comunque sta cazzo di insonnia ogni notte me lo ricordava il difficile, insieme tra l'altro al non digerire più nulla, e per nulla intendo anche un solo boccone di pizza. Giusto per ricordarmi che il cordone ombelicale si era spezzato per sempre ho iniziato in contemporanea a gonfiarmi tipo palloncino nella pancia e a bloccare prima il metabolismo, poi pari pari anche tutto il resto del corpo. Fateli intanto due pensieri sulle sofferenze amorose, cercate però di imparare anche a sopravvivere, che non è sempre così facile. A me, dopo, io poi ho iniziato a elaborare il dolore, ma tutto è passato dagli incubi, e la fase insonnia horror da pianger per le immagini che non ci capisci è stata la più dura, ma mi è servita a salvarmi, quindi a parte che potrei scriver scene da non far più dormire nessuno, lei mi sento di volerle bene, come fase. Adesso son invece nella nuova fase che non respiro e alle quattro la mia testa inizia a cantar ritornelli senza possibilità di smettere. Di solito le canzoni di Cremonini. Forse è la volta buona che impazzisco del tutto, altro che io ti salverò e ti insegnerò a dormire. Questa cosa deve farmi decisamente paura perché a scriverlo sto iniziando a piangere, quindi cinque e un quarto direi pubblichiamo, fine seduta.
giovedì 27 agosto 2015
sabato 22 agosto 2015
io non lo so
Mia zia mi ha appena detto sei bella, che non è un semplice sei bella detto così a cazzo, è più un'analisi psicolosomaticainteriore coi raggi x che se ci fosse lei come metal detector avremmo pure risolto il problema del terrorismo nel mondo. Io allora non lo so, ho anche appena guidato una macchina che quando la spegni dopo ti dà il voto, non lo so, io, le occhiaie da bambi dilatate, il brutto pian piano smette di rompere, la luce le costole i gomiti, io non lo so, la mia testa è piena di cose da dire non ora, non lo so, penso siano i buoni propositi, la telepatia o cantare cuccuruccucu paloma lady madonna senza riuscire a stare seria, io non lo so, ma le credo.
giovedì 20 agosto 2015
la stabilità dei cuor di mela
Siccome la vita è troppo corta e non possiamo perdere tempo, penso che oltre ai nuovi angoli da baciare sarebbe molto carino se tu salvassi me. Potremmo condividere tutti i nostri libri, e i vinili, e suonarci, oppure litigare per i film, invece le parole no, quelle rinunciamoci che tanto non sono loro a capirci veramente.
Cuore bacino testa. Non sono una tipa che si mette lì a far le marmellate, poi cucinare si è già detto è roba tua, preferisco guardarti con un calice in mano mentre sei ai fornelli. Cuore bacino testa, sparare ai mostri è un'altra cosa, sai? Come sto? Cosa voglio? Perché non dormo? Quali sono le domande esatte? Non lo so, non so niente in questo periodo. Centinaia di variabili, mille possibili collisioni, ma io preferisco ustionare i pensieri fino a fermarli, come quando tutta la stanchezza del mondo arriva e allora chiudi gli occhi e disidrati il cervello. Odio l'invadenza, e se dormire è impossibile, allora voglio la mia panchina fino a quando non torno a respirare. La stabilità dei cuor di mela. Stare con gli altri, ma anche con me stessa. Il mare col vino. Pensare sul pavimento, sotto al tavolo e nell'armadio. Scegliere di guardare in modo diverso. Scoppiare a ridere per una cosa tragigrottesca. Perdersi in un libro. Accendere una candela e sentirmi femmina. Cantare molto forte le canzoni stupide, ascoltare la musica bella nella vasca. Sorridere i brividini e sentire l'impossibile. Non avere paura di nessun suono cristallino. Lasciarti camminare e scivolare dentro me fino in fondo, soprattutto se piove. Il cronometro gira, io non ho fretta.
martedì 18 agosto 2015
Jana Černá | Lettera
Praga, attorno al 1962.
Caro, caro, caro e insomma, ecco, dunque, per quel che ne so, ho preso in prestito questa macchina per poter assicurare, scrivendo, la base materiale di sussistenza per i bambini, per noi, insomma per tutti, e adesso invece eccomi qui a scrivere una lettera d'amore - c'è qualcosa da qualche parte che non funziona - o forse al contrario tutto è in perfetto ordine, solo che poi è una situazione di merda in un altro senso, e quindi non c'è scelta.
Sento però i Tuoi baci ancora sulle labbra - dirla in modo più banale forse neanche si può, ma è così e io sono già abbastanza in là con gli anni per non dover evitare le banalità. Abbastanza in là con gli anni e abbastanza innamorata - perché oltre a tutto ciò di cui abbiamo parlato e che riguarda noi, sono anche innamorata - lo scopro alla mia età con uno stupore un po’ divertito, ma siccome il mondo davvero non è credibile neanche un po’, lo prendo come un dato di fatto. Prendila così anche tu. Se avessi la tendenza a drammatizzare le cose, diventerei fatalista e sarei convinta che in questo rapporto c'è qualcosa di predestinato, ma fatalista non sono e così mi dico solo che Dio è potente e sia fatta la sua volontà - soprattutto se corrisponde così perfettamente a ciò che mi fa piacere.
Uno spettatore non partecipe potrebbe dire che se non ci fossimo conosciuti, ci saremmo potuti risparmiare svariate cose, io però non avrei voluto risparmiarmi neanche una delle nostre situazioni incasinate, neanche le cose cattive - o apparentemente cattive - mi sarei voluta risparmiare - è anche per questo forse che non mi hanno risparmiato, che Dio ne sia lodato.
Dici che non mi piace il Tuo sentimentalismo - Ti sbagli di grosso, tesoro, Ti sbagli davvero di grosso. Mi piace molto e ne ho bisogno solo che ho avuto bisogno anche di molti anni per poterci credere. Oggi lo voglio, non perché io abbia scoperto un particolare gusto per il sentimentalismo, ma perché proviene da Te, è semplicemente parte di Te; parte di noi.
Non ho mai avuto una tendenza particolare a mantenere un atteggiamento ragionevole, forse semplicemente perché ragionevole non lo sono per niente, o forse dipende dal fatto che provo nei confronti degli atteggiamenti sani e ragionevoli una ripugnanza quasi fisica. Se e quando nella vita ho combinato qualcosa di cui vergognarmi, sono sempre state cose che ho combinato per voler essere ragionevole. No grazie, difendetemi dalla peste, dal tifo e dalla ragionevolezza, ragionevolezza sono i manifesti contro l'alcolismo e gli stati centralisti, ragionevolezza sono i preservativi e i televisori, ragionevolezza è la poesia al servizio di un ideale positivo, risparmiatemi per carità la ragionevolezza, con la mia vitalità sono in grado di sopportare più di chiunque altro, ma di ragionevolezza potrei morire entro una settimana della morte più triste che esista, la ragionevolezza liquida dentro di me tutto ciò che in me abbia un senso, la ragionevolezza mi priva della potenza, di qualsiasi potenza, da quella erotica a quella intellettuale. Mi si creda quindi quando dico che non è la ragionevolezza ciò che mi induce a pensare che se staremo insieme sarà in seguito a una riflessione veramente libera. Ma proprio perché non ho neanche un pizzico di questa oscura qualità così altamente stimata e riverita in questo mondo irrazionale, proprio per questo quindi non sono in grado di pormi alcun limite, non voglio pormelo. Non è parte del mio mondo. Se sento il Tuo bacio, voglio essere baciata ancora e penso che vada bene così.
In questo periodo sono stata molte volte felice con Te - solo lo sono sempre di più, non è normale, ma continua a crescere, penso di non essere mai stata così felice come oggi, forse sono matta e forse sono io questa volta a essere insopportabilmente «sentimentale», ma non ci posso fare niente, per tutto questo tempo sono stata follemente e spensieratamente e tranquillamente e splendidamente felice. E lo sono anche adesso nonostante Tu non sia qui e nonostante che se Tu fossi qui, starei a scrivere la mia novella e Tu staresti seduto di fronte o accanto o in qualsiasi altro posto, ti occuperesti delle tue cose e sarebbe bene, sarebbe ottimo e sarebbe veramente un essere a casa, così come mi immagino l'essere a casa e come lo voglio e ne ho bisogno.
Ma nonostante non sia così e nonostante Tu sia da qualche parte spaventosamente via, nonostante ciò sono felice, soltanto che non sono potuta rientrare a casa e cominciare a trafficare come se niente fosse, giusto per fare qualcosa, così ho cominciato a scrivere una lettera che non ha nessuno scopo né senso, con la quale non voglio dire nulla né risolvere nulla, penso proprio di non doverlo spiegare, lo capirai senz'altro e non Ti darà fastidio. Ci troveremo ancora spesso nella situazione di dover decidere le cose, e va bene; ma ci saranno anche volte in cui faremo le cose solo così, per la gioia di farle, per una sensazione di felicità o chissà per che diavolo di ragione, insomma proprio così come sto scrivendo ora.
Non puoi sapere quanto sono orgogliosa (è una tendenza che ho sempre avuto, come forse sai), né puoi sapere come sono infinitamente orgogliosa del fatto di averTi, del fatto che mi ami (perché credo che Tu mi ami) del fatto che Ti amo io, di come sei e di chi sei. Dico sul serio, Zbynek, molto più sul serio di quello che riesci a immaginare. Dire che Ti stimo sarebbe sì la verità, ma non tutta la verità, solo un pezzetto. Ma è ancora diverso, è la sicurezza della Tua irripetibile eccezionalità a essere la fonte del mio orgoglio. Non ammiro il Tuo intelletto, lo considero ovvio, quello va bene. Ma quello che mi eccita quasi fisicamente è la fantastica miscela di intelletto e irrazionalità logica fino al delirio, quella poesia filosofica, quella filosofia poetica della quale abbiamo parlato un po’ oggi, la cui portata va molto più lontano, oltre i limiti di ciò di cui abbiamo parlato oggi. Perché in realtà non esistono le due cose una accanto all'altra - la filosofia e la poesia - in realtà, è dalla loro unione che si forma un terza cosa il cui valore non è oggi ancora comprensibile.
Non c'è errore più grande della tua paura della ciarlataneria, anche se è del tutto comprensibile. Nasce dal pregiudizio secondo cui la filosofia è il risultato tedioso dell'erudizione e la poesia un lavoro diligente atto a costruire il ruolo ereditario della nazione. Né l'una né l'altra cosa corrispondono a verità, la filosofia erudita è infatti buona in ambito accademico e per i cervelli sterili della gente che in essa cerca la giustificazione della propria nullità e la poesia laboriosa è una affaticata assurdità per antologie di lettura, per eccitare le insegnanti di economia domestica che tentano così di addolcire il proprio destino, peraltro abbastanza amaro. Posso capire che non è facile liberarsi di questi pregiudizi, ma ciò nonostante vorrei dirTi che liberarTene è per Te un dovere; altrimenti diventerebbero una palla al piede che Ti inchioderebbe alla schiavitù dell'essere servo. Tali pregiudizi sono infatti solo a un passo dall'idea che la filosofia deve avere un'utilità e che la poesia deve rendere felici, a un passo dalla terrificante situazione in cui entrambe perdono il senso che hanno di per sé e si comincia ad attribuirgli mille sensi differenti, cominciano a inquinarsi di quel servilismo di cui parlo, e che è la peste di questo secolo e forse di molti secoli del passato. Cominciano a inquinarsi in modo tale che in ultimo perdono definitivamente qualsiasi senso. Chissà perché diavolo la maggior parte della gente che si occupa di produrre poesia pensa che essa debba servire a qualcuno o a qualcosa, a tal punto che scrive per persone delle quali non gli importa nulla e alle quali con i soldi guadagnati non offrirebbe neanche un bicchierino di rum. Grazie a questo stato di cose, da una parte si guasta la poesia e dall'altra ne vengono guastati con una insistenza degna di miglior causa i beneficiari, ai quali viene inculcato a forza nella testa che la poesia, creata da uno con il quale non resisterebbero allo stesso tavolo neanche mezz'ora, questa poesia procurerà loro sensazioni inattese e la felicità stracotta e distillata di una emozione culturale.
La filosofia finisce anche peggio: se la poesia in questo modo diventa una serva, la filosofia diventa una ragazza di buona famiglia proletarizzata, la quale si è messa a fare la donna di servizio, cosa che peraltro non sa fare, ma in compenso ci guadagna un buon profilo quadri. Da una parte le si richiedono una noia e una indigeribilità tali che una persona perbene non è in grado di consumarla senza sentirsi imbarazzata; la può trovare eccitante solo un professore universitario, impegnato a verificare che i soldi spesi per la sua istruzione non sono stati spesi invano; la cosa è particolarmente esaltante per i ragazzi di famiglia povera che ce l'hanno fatta, e il tutto sa di commoventi immagini di mamme che mantengono agli studi i figli pieni di talento lavando mutandoni militari. D'altra parte si vuole dalla filosofia che giustifichi e sopporti tutto il peso dell'imbecillità umana, sulla sua base vengono costruiti gli Stati e viene utilizzata come scopetta per la pulizia delle latrine, deve servire da giustificazione per l'arresto di ministri e per l'aumento del prezzo del burro, e lo deve fare con persone che non sono capaci né disposte a comprendere uno solo dei suoi postulati. Non ne sono capaci perché sono ignoranti, è un circolo vizioso che genera altri orrori ancora, per esempio la spocchiosa sensazione di superiorità e di potere di coloro che pensano erroneamente di aver capito qualcosa. Ogni cretino medio, che solo per puro caso non fa il contabile, con quel suo grammo di cervello riempito di sconfinate nozioni - in parte inutili e in parte per lui inutilizzabili - ogni cretino medio ha la fissazione di dover diventare primo ministro, essere lui a governare il mondo, che diventerebbe subito «un mondo migliore», basta che gli diate in mano qualche chilo di letteratura filosofica e vedrete come ve lo combina, il mondo. (…)
Sta di fatto che in realtà ogni postulato filosofico ha senso di per se stesso e ogni definizione poetica è un oggetto di valore che non è necessario valorizzare ulteriormente dandogli un fine. Ed ecco quello che volevo dire: che la vera ciarlataneria non è quella che eserciti tu, vera ciarlataneria sono le scuole dalle quali escono filosofi laureati, gente con il brevetto per pensare filosofia - che razza di assurdità mostruosa e disumana è quella di esaminare qualcuno su quanto sa del contenuto di un numero X di manuali e laurearlo di conseguenza in filosofia, di che razza di follia si tratta, che ti mozza il fiato e ti costringe in isteriche convulsioni di risa e di spavento disperato e di paura! Non ha in comune con la filosofia neanche quello che ho io in comune con una casalinga esemplare, è qualche cosa da cui bisogna isolarsi per principio e totalmente, neanche una delle verità scoperte da costoro può infatti essere accettata, è stata scoperta in un contesto in cui non può essere vera neanche lo fosse. In una delle Tue lettere scrivi che il Tuo lavoro filosofico lo hai svolto in giro per birrerie, in compagnia della mia fica, nella disperazione, nel cinismo e nell'infamia, dappertutto ma non nelle biblioteche. Non è proprio così, ma lo è in buona misura, lo è insomma senz'altro, senza badare al fatto che durante quel periodo Tu sia stato qualche volta anche in biblioteca. Grazie a questo il Tuo lavoro è quello che è, e così è servito anche a fini diversi da quelli puramente filosofici, il che può essere un punto di partenza su cui è possibile costruire. Non credo e non riuscirò mai a credere che in filosofia sia possibile raggiungere qualcosa per una via arida, per la via dell'erudizione, per la via del lustro nozionismo. Non so cosa c'è di più eccitante della filosofia, ma chi può combinare qualcosa in filosofia se esclude da essa questa orgiastica eccitazione, vorrei proprio vederlo. Assomiglia a uno scopare esercitato con pillole perfettamente disinfettate e non dannose alla salute - solamente che la filosofia non è scevra dall'essere dannosa alla salute, e non è possibile esercitarla in questo modo. Liberati per cortesia del trauma che Ti viene dal fatto che la Tua filosofia non è abbastanza noiosa da diventare ornamento delle biblioteche accademiche, questa è una sua qualità, non un suo difetto e soprattutto è la sua maggiore speranza, non permettere Ti prego che questa speranza venga affogata dalle stille di un erudito sudore! Se per ora hai avuto bisogno di produrre la Tua filosofia in giro per birrerie, ne è risultato che va bene così. Perché allora quel convulso bisogno di fatica e di erudizione? Se questo bisogno diverrà un giorno davvero spontaneo allora sia, uno dei doni che in parte hai e in parte hai pagato e riscattato a caro prezzo è proprio questa armonia tra bisogno e senso. Significa che in genere hai sentito il bisogno di fare cose che hanno senso, anche se nel momento dato è un senso del quale addirittura non sei a conoscenza, ovvero che si manifesta solo dopo un po’ di tempo, qualche volta perfino dopo molto tempo. Fidati un po’ di Te stesso, la carenza di consapevolezza dei propri mezzi e la sottovalutazione delle proprie possibilità è infatti uno dei peccati mortali, veramente e letteralmente mortali, dei peccati dei quali si muore. Forse anche più che di sopravvalutazione. Devi infatti essere cosciente delle Tue possibilità, già semplicemente perché Tu possa utilizzarle, perché Tu riesca a farci ciò per cui Ti sono state date. Sarebbe abbastanza difficile un giorno rendere conto del fatto che ti sei fatto accecare da una cosa così dubbia come i complessi.
In questo senso infatti la modestia non è una virtù, in questo senso la modestia è nel migliore dei casi una stupidità. Ti è stata data una fantasia quasi fantastica, una fantasia che è terreno di coltura per la poesia e per la filosofia, e terreno di coltura per ciò che per ora non so nominare, e cioè per quella cosa che si forma come composto omogeneo di entrambe. La cosa peggiore sarebbe bardare e imbrigliare questa fantasia con gli assiomi dei dizionari di filosofia. Chiuderla ben bene a chiave in una stanza perché non Ti disturbi nel lavoro che stai facendo nella stanza accanto. Se c'è una reale e concreta speranza che Tu maturi un frutto (e c'è), succederà solo se in esso sarai contenuto tutto intero, con i calzini; la barba, la birra, la fantasia, l'intelletto, l'uccello, con tutto quanto. Niente mi eccita più della speranza in un'opera che nascerà in diretta dipendenza da tutte queste cose, la speranza in un'opera dalla quale niente verrà eliminato, la speranza in un'opera non censurata, cruda, crudele e mostruosa, ma assoluta. Un'opera che sarà dannosa alla salute, che dopo averla consumata farà vomitare e farà cacare, che dopo averla consumata farà venire allo stesso tempo un senso di felicità e un senso di terrore, un opera che non avrà limiti e che non permetterà che limiti le vengano imposti, mai e da nessuno.
E di niente sono così convinta come del fatto che tale frutto lo darai in tutta la sua dolcezza e convulsione orgasmica. Ma è proprio per questo che non voglio che Tu ne allontani la maturazione con dei pregiudizi che sono di un altro mondo e non del nostro. Nessuna puttanata che potrai fare, nessuna assurdità e nessun delitto che commetterai, è un difetto. Ma la meschinità lo è, e i complessi e il sottovalutarsi sono meschinità, questo lo sappiamo tutti e due. Capiscimi bene, tesoro, è tutto indissolubilmente legato, il fatto che Ti amo e voglio venire a letto con Te col fatto che sono attaccata al Tuo lavoro, difficile dire quanto, nell'eccitazione che mi procuri, è dovuto al Tuo corpo che conosco così intimamente; e posso parlare con Te di filosofia a letto, e mi si mette la fica sull'attenti se ne parliamo a tavola, non è proprio possibile separare e astrarre una cosa dall'altra. Voglio passare con Te ore e ore a chiacchierare per poter venire a letto con Te e voglio scopare con Te per arrivare a ore e ore di conversazione, voglio, anzi devo sapere che sia l'andare a letto sia le ore passate a chiacchierare hanno a che vedere col Tuo lavoro, tutto ciò non avrebbe senso se quel legame non fosse così stretto, così forte e così intrecciato come me lo immagino. Forse un giorno
Sento però i Tuoi baci ancora sulle labbra - dirla in modo più banale forse neanche si può, ma è così e io sono già abbastanza in là con gli anni per non dover evitare le banalità. Abbastanza in là con gli anni e abbastanza innamorata - perché oltre a tutto ciò di cui abbiamo parlato e che riguarda noi, sono anche innamorata - lo scopro alla mia età con uno stupore un po’ divertito, ma siccome il mondo davvero non è credibile neanche un po’, lo prendo come un dato di fatto. Prendila così anche tu. Se avessi la tendenza a drammatizzare le cose, diventerei fatalista e sarei convinta che in questo rapporto c'è qualcosa di predestinato, ma fatalista non sono e così mi dico solo che Dio è potente e sia fatta la sua volontà - soprattutto se corrisponde così perfettamente a ciò che mi fa piacere.
Uno spettatore non partecipe potrebbe dire che se non ci fossimo conosciuti, ci saremmo potuti risparmiare svariate cose, io però non avrei voluto risparmiarmi neanche una delle nostre situazioni incasinate, neanche le cose cattive - o apparentemente cattive - mi sarei voluta risparmiare - è anche per questo forse che non mi hanno risparmiato, che Dio ne sia lodato.
Dici che non mi piace il Tuo sentimentalismo - Ti sbagli di grosso, tesoro, Ti sbagli davvero di grosso. Mi piace molto e ne ho bisogno solo che ho avuto bisogno anche di molti anni per poterci credere. Oggi lo voglio, non perché io abbia scoperto un particolare gusto per il sentimentalismo, ma perché proviene da Te, è semplicemente parte di Te; parte di noi.
Non ho mai avuto una tendenza particolare a mantenere un atteggiamento ragionevole, forse semplicemente perché ragionevole non lo sono per niente, o forse dipende dal fatto che provo nei confronti degli atteggiamenti sani e ragionevoli una ripugnanza quasi fisica. Se e quando nella vita ho combinato qualcosa di cui vergognarmi, sono sempre state cose che ho combinato per voler essere ragionevole. No grazie, difendetemi dalla peste, dal tifo e dalla ragionevolezza, ragionevolezza sono i manifesti contro l'alcolismo e gli stati centralisti, ragionevolezza sono i preservativi e i televisori, ragionevolezza è la poesia al servizio di un ideale positivo, risparmiatemi per carità la ragionevolezza, con la mia vitalità sono in grado di sopportare più di chiunque altro, ma di ragionevolezza potrei morire entro una settimana della morte più triste che esista, la ragionevolezza liquida dentro di me tutto ciò che in me abbia un senso, la ragionevolezza mi priva della potenza, di qualsiasi potenza, da quella erotica a quella intellettuale. Mi si creda quindi quando dico che non è la ragionevolezza ciò che mi induce a pensare che se staremo insieme sarà in seguito a una riflessione veramente libera. Ma proprio perché non ho neanche un pizzico di questa oscura qualità così altamente stimata e riverita in questo mondo irrazionale, proprio per questo quindi non sono in grado di pormi alcun limite, non voglio pormelo. Non è parte del mio mondo. Se sento il Tuo bacio, voglio essere baciata ancora e penso che vada bene così.
In questo periodo sono stata molte volte felice con Te - solo lo sono sempre di più, non è normale, ma continua a crescere, penso di non essere mai stata così felice come oggi, forse sono matta e forse sono io questa volta a essere insopportabilmente «sentimentale», ma non ci posso fare niente, per tutto questo tempo sono stata follemente e spensieratamente e tranquillamente e splendidamente felice. E lo sono anche adesso nonostante Tu non sia qui e nonostante che se Tu fossi qui, starei a scrivere la mia novella e Tu staresti seduto di fronte o accanto o in qualsiasi altro posto, ti occuperesti delle tue cose e sarebbe bene, sarebbe ottimo e sarebbe veramente un essere a casa, così come mi immagino l'essere a casa e come lo voglio e ne ho bisogno.
Ma nonostante non sia così e nonostante Tu sia da qualche parte spaventosamente via, nonostante ciò sono felice, soltanto che non sono potuta rientrare a casa e cominciare a trafficare come se niente fosse, giusto per fare qualcosa, così ho cominciato a scrivere una lettera che non ha nessuno scopo né senso, con la quale non voglio dire nulla né risolvere nulla, penso proprio di non doverlo spiegare, lo capirai senz'altro e non Ti darà fastidio. Ci troveremo ancora spesso nella situazione di dover decidere le cose, e va bene; ma ci saranno anche volte in cui faremo le cose solo così, per la gioia di farle, per una sensazione di felicità o chissà per che diavolo di ragione, insomma proprio così come sto scrivendo ora.
Non puoi sapere quanto sono orgogliosa (è una tendenza che ho sempre avuto, come forse sai), né puoi sapere come sono infinitamente orgogliosa del fatto di averTi, del fatto che mi ami (perché credo che Tu mi ami) del fatto che Ti amo io, di come sei e di chi sei. Dico sul serio, Zbynek, molto più sul serio di quello che riesci a immaginare. Dire che Ti stimo sarebbe sì la verità, ma non tutta la verità, solo un pezzetto. Ma è ancora diverso, è la sicurezza della Tua irripetibile eccezionalità a essere la fonte del mio orgoglio. Non ammiro il Tuo intelletto, lo considero ovvio, quello va bene. Ma quello che mi eccita quasi fisicamente è la fantastica miscela di intelletto e irrazionalità logica fino al delirio, quella poesia filosofica, quella filosofia poetica della quale abbiamo parlato un po’ oggi, la cui portata va molto più lontano, oltre i limiti di ciò di cui abbiamo parlato oggi. Perché in realtà non esistono le due cose una accanto all'altra - la filosofia e la poesia - in realtà, è dalla loro unione che si forma un terza cosa il cui valore non è oggi ancora comprensibile.
Non c'è errore più grande della tua paura della ciarlataneria, anche se è del tutto comprensibile. Nasce dal pregiudizio secondo cui la filosofia è il risultato tedioso dell'erudizione e la poesia un lavoro diligente atto a costruire il ruolo ereditario della nazione. Né l'una né l'altra cosa corrispondono a verità, la filosofia erudita è infatti buona in ambito accademico e per i cervelli sterili della gente che in essa cerca la giustificazione della propria nullità e la poesia laboriosa è una affaticata assurdità per antologie di lettura, per eccitare le insegnanti di economia domestica che tentano così di addolcire il proprio destino, peraltro abbastanza amaro. Posso capire che non è facile liberarsi di questi pregiudizi, ma ciò nonostante vorrei dirTi che liberarTene è per Te un dovere; altrimenti diventerebbero una palla al piede che Ti inchioderebbe alla schiavitù dell'essere servo. Tali pregiudizi sono infatti solo a un passo dall'idea che la filosofia deve avere un'utilità e che la poesia deve rendere felici, a un passo dalla terrificante situazione in cui entrambe perdono il senso che hanno di per sé e si comincia ad attribuirgli mille sensi differenti, cominciano a inquinarsi di quel servilismo di cui parlo, e che è la peste di questo secolo e forse di molti secoli del passato. Cominciano a inquinarsi in modo tale che in ultimo perdono definitivamente qualsiasi senso. Chissà perché diavolo la maggior parte della gente che si occupa di produrre poesia pensa che essa debba servire a qualcuno o a qualcosa, a tal punto che scrive per persone delle quali non gli importa nulla e alle quali con i soldi guadagnati non offrirebbe neanche un bicchierino di rum. Grazie a questo stato di cose, da una parte si guasta la poesia e dall'altra ne vengono guastati con una insistenza degna di miglior causa i beneficiari, ai quali viene inculcato a forza nella testa che la poesia, creata da uno con il quale non resisterebbero allo stesso tavolo neanche mezz'ora, questa poesia procurerà loro sensazioni inattese e la felicità stracotta e distillata di una emozione culturale.
La filosofia finisce anche peggio: se la poesia in questo modo diventa una serva, la filosofia diventa una ragazza di buona famiglia proletarizzata, la quale si è messa a fare la donna di servizio, cosa che peraltro non sa fare, ma in compenso ci guadagna un buon profilo quadri. Da una parte le si richiedono una noia e una indigeribilità tali che una persona perbene non è in grado di consumarla senza sentirsi imbarazzata; la può trovare eccitante solo un professore universitario, impegnato a verificare che i soldi spesi per la sua istruzione non sono stati spesi invano; la cosa è particolarmente esaltante per i ragazzi di famiglia povera che ce l'hanno fatta, e il tutto sa di commoventi immagini di mamme che mantengono agli studi i figli pieni di talento lavando mutandoni militari. D'altra parte si vuole dalla filosofia che giustifichi e sopporti tutto il peso dell'imbecillità umana, sulla sua base vengono costruiti gli Stati e viene utilizzata come scopetta per la pulizia delle latrine, deve servire da giustificazione per l'arresto di ministri e per l'aumento del prezzo del burro, e lo deve fare con persone che non sono capaci né disposte a comprendere uno solo dei suoi postulati. Non ne sono capaci perché sono ignoranti, è un circolo vizioso che genera altri orrori ancora, per esempio la spocchiosa sensazione di superiorità e di potere di coloro che pensano erroneamente di aver capito qualcosa. Ogni cretino medio, che solo per puro caso non fa il contabile, con quel suo grammo di cervello riempito di sconfinate nozioni - in parte inutili e in parte per lui inutilizzabili - ogni cretino medio ha la fissazione di dover diventare primo ministro, essere lui a governare il mondo, che diventerebbe subito «un mondo migliore», basta che gli diate in mano qualche chilo di letteratura filosofica e vedrete come ve lo combina, il mondo. (…)
Sta di fatto che in realtà ogni postulato filosofico ha senso di per se stesso e ogni definizione poetica è un oggetto di valore che non è necessario valorizzare ulteriormente dandogli un fine. Ed ecco quello che volevo dire: che la vera ciarlataneria non è quella che eserciti tu, vera ciarlataneria sono le scuole dalle quali escono filosofi laureati, gente con il brevetto per pensare filosofia - che razza di assurdità mostruosa e disumana è quella di esaminare qualcuno su quanto sa del contenuto di un numero X di manuali e laurearlo di conseguenza in filosofia, di che razza di follia si tratta, che ti mozza il fiato e ti costringe in isteriche convulsioni di risa e di spavento disperato e di paura! Non ha in comune con la filosofia neanche quello che ho io in comune con una casalinga esemplare, è qualche cosa da cui bisogna isolarsi per principio e totalmente, neanche una delle verità scoperte da costoro può infatti essere accettata, è stata scoperta in un contesto in cui non può essere vera neanche lo fosse. In una delle Tue lettere scrivi che il Tuo lavoro filosofico lo hai svolto in giro per birrerie, in compagnia della mia fica, nella disperazione, nel cinismo e nell'infamia, dappertutto ma non nelle biblioteche. Non è proprio così, ma lo è in buona misura, lo è insomma senz'altro, senza badare al fatto che durante quel periodo Tu sia stato qualche volta anche in biblioteca. Grazie a questo il Tuo lavoro è quello che è, e così è servito anche a fini diversi da quelli puramente filosofici, il che può essere un punto di partenza su cui è possibile costruire. Non credo e non riuscirò mai a credere che in filosofia sia possibile raggiungere qualcosa per una via arida, per la via dell'erudizione, per la via del lustro nozionismo. Non so cosa c'è di più eccitante della filosofia, ma chi può combinare qualcosa in filosofia se esclude da essa questa orgiastica eccitazione, vorrei proprio vederlo. Assomiglia a uno scopare esercitato con pillole perfettamente disinfettate e non dannose alla salute - solamente che la filosofia non è scevra dall'essere dannosa alla salute, e non è possibile esercitarla in questo modo. Liberati per cortesia del trauma che Ti viene dal fatto che la Tua filosofia non è abbastanza noiosa da diventare ornamento delle biblioteche accademiche, questa è una sua qualità, non un suo difetto e soprattutto è la sua maggiore speranza, non permettere Ti prego che questa speranza venga affogata dalle stille di un erudito sudore! Se per ora hai avuto bisogno di produrre la Tua filosofia in giro per birrerie, ne è risultato che va bene così. Perché allora quel convulso bisogno di fatica e di erudizione? Se questo bisogno diverrà un giorno davvero spontaneo allora sia, uno dei doni che in parte hai e in parte hai pagato e riscattato a caro prezzo è proprio questa armonia tra bisogno e senso. Significa che in genere hai sentito il bisogno di fare cose che hanno senso, anche se nel momento dato è un senso del quale addirittura non sei a conoscenza, ovvero che si manifesta solo dopo un po’ di tempo, qualche volta perfino dopo molto tempo. Fidati un po’ di Te stesso, la carenza di consapevolezza dei propri mezzi e la sottovalutazione delle proprie possibilità è infatti uno dei peccati mortali, veramente e letteralmente mortali, dei peccati dei quali si muore. Forse anche più che di sopravvalutazione. Devi infatti essere cosciente delle Tue possibilità, già semplicemente perché Tu possa utilizzarle, perché Tu riesca a farci ciò per cui Ti sono state date. Sarebbe abbastanza difficile un giorno rendere conto del fatto che ti sei fatto accecare da una cosa così dubbia come i complessi.
In questo senso infatti la modestia non è una virtù, in questo senso la modestia è nel migliore dei casi una stupidità. Ti è stata data una fantasia quasi fantastica, una fantasia che è terreno di coltura per la poesia e per la filosofia, e terreno di coltura per ciò che per ora non so nominare, e cioè per quella cosa che si forma come composto omogeneo di entrambe. La cosa peggiore sarebbe bardare e imbrigliare questa fantasia con gli assiomi dei dizionari di filosofia. Chiuderla ben bene a chiave in una stanza perché non Ti disturbi nel lavoro che stai facendo nella stanza accanto. Se c'è una reale e concreta speranza che Tu maturi un frutto (e c'è), succederà solo se in esso sarai contenuto tutto intero, con i calzini; la barba, la birra, la fantasia, l'intelletto, l'uccello, con tutto quanto. Niente mi eccita più della speranza in un'opera che nascerà in diretta dipendenza da tutte queste cose, la speranza in un'opera dalla quale niente verrà eliminato, la speranza in un'opera non censurata, cruda, crudele e mostruosa, ma assoluta. Un'opera che sarà dannosa alla salute, che dopo averla consumata farà vomitare e farà cacare, che dopo averla consumata farà venire allo stesso tempo un senso di felicità e un senso di terrore, un opera che non avrà limiti e che non permetterà che limiti le vengano imposti, mai e da nessuno.
E di niente sono così convinta come del fatto che tale frutto lo darai in tutta la sua dolcezza e convulsione orgasmica. Ma è proprio per questo che non voglio che Tu ne allontani la maturazione con dei pregiudizi che sono di un altro mondo e non del nostro. Nessuna puttanata che potrai fare, nessuna assurdità e nessun delitto che commetterai, è un difetto. Ma la meschinità lo è, e i complessi e il sottovalutarsi sono meschinità, questo lo sappiamo tutti e due. Capiscimi bene, tesoro, è tutto indissolubilmente legato, il fatto che Ti amo e voglio venire a letto con Te col fatto che sono attaccata al Tuo lavoro, difficile dire quanto, nell'eccitazione che mi procuri, è dovuto al Tuo corpo che conosco così intimamente; e posso parlare con Te di filosofia a letto, e mi si mette la fica sull'attenti se ne parliamo a tavola, non è proprio possibile separare e astrarre una cosa dall'altra. Voglio passare con Te ore e ore a chiacchierare per poter venire a letto con Te e voglio scopare con Te per arrivare a ore e ore di conversazione, voglio, anzi devo sapere che sia l'andare a letto sia le ore passate a chiacchierare hanno a che vedere col Tuo lavoro, tutto ciò non avrebbe senso se quel legame non fosse così stretto, così forte e così intrecciato come me lo immagino. Forse un giorno
these days
"è stata la prima cosa che ho avuto, prima ancora che sapessi di cosa avrebbe parlato il film, sapevo solo che avrei avuto quella canzone, e che qualcuno avrebbe camminato al suo ritmo"
Wes Anderson
lunedì 17 agosto 2015
domenica 16 agosto 2015
Compito del non mi ricordo (ovvero del come parlare di dolore senza mai usare la parola dolore)
Non mi ricordo le voci di chi non c'è più, che è la cosa che amo e quindi odio di più.
Non mi ricordo come si fa la crema al pomodoro della nonna.
Non mi ricordo se son ancora capace di andare a cavallo, spero sia come la bicicletta, lo scoprirò presto, è lì insieme al basso, al tatuaggio e me.
Non mi ricordo quanto è facile rimuovere senza elaborare, che è una cosa che faccio sempre per proteggermi, ma è sbagliata, dovrei avelo capito, ma si vede che son lenta.
Non mi ricordo i nomi delle persone che non mi interessano. A dirla tutta, in quei casi lì, non mi ricordo anche voci e facce, infatti quando poi li incontro son sempre figure imbarazzanti.
Non mi ricordo quand'è che la gente è diventata così merda, tutti con la filosofia dell'usa e getta uno contro l'altro, pronti a vomitarti addosso i propri cazzi e usarti come valvola di sfogo (la voce in quel caso lì è sempre alta e se non me la ricordo è meglio).
Non mi ricordo quand'è che in tanti son diventati razzisti, quello lì sul barcone non lo voglio non lo aiuto via via, forse hanno dimenticato più cose di me, mi vien da dire.
Non mi ricordo le strade e mi perdo sempre. Anche dove sono le cose al supermercato, non mi ricordo, infatti mi perdo sempre anche lì (i miei buoni coop ieri me li han usati da filtrini, quello me lo ricordo).
Non mi ricordo un sacco di cose del prima, so che ridevo di più e pensavo di meno, purtroppo son dovuta diventare grande tutto in una volta, e per certe cose fa bene, tipo scantarsi, per altre meno.
Non mi ricordo com'è vivere senza aculei.
Non mi ricordo com'è vivere senza pensieri.
Non mi ricordo come si fa a dormire otto ore di fila senza incubi.
Non mi ricordo come si dorme abbracciati, ma l'abbraccio che intendo io non è quello fisico.
Non mi ricordo come si mette in pancia e in cuore una barriera da far scivolare via tutto senza rimanerci male.
Non mi ricordo come si fa a fidarsi totalmente di qualcuno senza aver paura.
Non mi ricordo la stabilità.
(pausa, carezzina agli aculei)
Non mi ricordo come mai quello che non mi ricordo sono tutte mancanze, però la mancanza, come immagine, lei me la ricordo, è tipo un vaso molto largo di plastica trasparente un po' sporca, un vaso che ci vedi la base e non l'inizio e siccome è pesante devi tenerla con tutte le mani che puoi.
Non mi ricordo come va a finire, penso dovrò continuare a scrivere.
Non mi ricordo di averlo detto, ma è molto difficile parlar di dolore senza mai usare la parola dolore, spero di non esser stata stucchevole, nel caso chiedo scusa.
Non mi ricordo come si fa la crema al pomodoro della nonna.
Non mi ricordo se son ancora capace di andare a cavallo, spero sia come la bicicletta, lo scoprirò presto, è lì insieme al basso, al tatuaggio e me.
Non mi ricordo quanto è facile rimuovere senza elaborare, che è una cosa che faccio sempre per proteggermi, ma è sbagliata, dovrei avelo capito, ma si vede che son lenta.
Non mi ricordo i nomi delle persone che non mi interessano. A dirla tutta, in quei casi lì, non mi ricordo anche voci e facce, infatti quando poi li incontro son sempre figure imbarazzanti.
Non mi ricordo quand'è che la gente è diventata così merda, tutti con la filosofia dell'usa e getta uno contro l'altro, pronti a vomitarti addosso i propri cazzi e usarti come valvola di sfogo (la voce in quel caso lì è sempre alta e se non me la ricordo è meglio).
Non mi ricordo quand'è che in tanti son diventati razzisti, quello lì sul barcone non lo voglio non lo aiuto via via, forse hanno dimenticato più cose di me, mi vien da dire.
Non mi ricordo le strade e mi perdo sempre. Anche dove sono le cose al supermercato, non mi ricordo, infatti mi perdo sempre anche lì (i miei buoni coop ieri me li han usati da filtrini, quello me lo ricordo).
Non mi ricordo un sacco di cose del prima, so che ridevo di più e pensavo di meno, purtroppo son dovuta diventare grande tutto in una volta, e per certe cose fa bene, tipo scantarsi, per altre meno.
Non mi ricordo com'è vivere senza aculei.
Non mi ricordo com'è vivere senza pensieri.
Non mi ricordo come si fa a dormire otto ore di fila senza incubi.
Non mi ricordo come si dorme abbracciati, ma l'abbraccio che intendo io non è quello fisico.
Non mi ricordo come si mette in pancia e in cuore una barriera da far scivolare via tutto senza rimanerci male.
Non mi ricordo come si fa a fidarsi totalmente di qualcuno senza aver paura.
Non mi ricordo la stabilità.
(pausa, carezzina agli aculei)
Non mi ricordo come mai quello che non mi ricordo sono tutte mancanze, però la mancanza, come immagine, lei me la ricordo, è tipo un vaso molto largo di plastica trasparente un po' sporca, un vaso che ci vedi la base e non l'inizio e siccome è pesante devi tenerla con tutte le mani che puoi.
Non mi ricordo come va a finire, penso dovrò continuare a scrivere.
Non mi ricordo di averlo detto, ma è molto difficile parlar di dolore senza mai usare la parola dolore, spero di non esser stata stucchevole, nel caso chiedo scusa.
sabato 15 agosto 2015
quella musica lì
Leccare le orecchie forse è il modo migliore per far capire le cose, anche se secondo me molti tuttologi dovrebbero imparare a guardare anche dentro le cosce, gli si aprirebbe un mondo.
Fare la settimana enigmistica bevendo vino e inventando le parole tra una casella e l'altra (il disegno dei baffi sulla foto di copertina è mio). E poi: un trionfo di chantilly con le fragole, stonare le canzoni, lo schifo della logica e del fare perché va fatto, la complicità degli errori comuni (non esiste dolore di seconda classe). Forse piangiamo per non far scivolar giù in gola i pensieri brutti, tipo per l'ansia la boccata di fumo, forse per ora o forse per sempre? Ecco io adesso ho come la sensazione che i mie cinque minuti siano finiti, allora devo correre che mi aspettan doccia, vino, grigliata e un sacco di cose, però manca poco. Dopo basta agosto offuscato, basta gente che compra un libro solo perché va in vacanza, basta folla invadente e code aggressive, tra poco tornerà settembre da farci l'amore sotto la pioggia. Con quella musica lì.
giovedì 13 agosto 2015
Compito della parola
Io di parole faccio un po' fatica a scegliere, me ne piacciono troppe, tipo: orsù, che è una parola trascurata ma quando uno la dice dopo gli viene il sorriso, pirla, per lo stesso identico motivo e cioè che fa complicità e mai offesa, abitacolo, perché mi sembra iniziato molto da lì, gnappa, che è la molletta del bucato e quando le trovo per terra abbandonate mi vien sempre da adottarle, tipo come con gli accendini gialli, solo che le gnappe le uso per chiuder i biscotti, gli accendini adesso che non fumo più li uso meno.
Son lunga, lo so, ma prima della mia parola volevo aggiungere anche scopavirgole, che ho scoperto da pochissimo e si usa in Finlandia per indicare la gente puntigliosa che ti corregge solo le banalità. Scopavirgole mi piace da matti, la userei sempre.
Ma veniamo a noi. La parola più mia non esiste in italiano e nemmeno in dialetto, è una parola che ha inventato mio papà quando era piccolo ed è uovo sbabolato. L'uovo sbabolato, in pratica, è una frittata venuta male tutta mezza rotta, che girar la frittata è difficilissimo e io non son capace, infatti il primo uovo sbabolato poteva esser un errore di giramento di mia nonna, mi vien da dire, oppure, siccome era durante la guerra, poteva esser anche una variante voluta, chissà, quello che so con certezza è che mio papà non aveva mai appetito, invece dopo voleva sempre solo l'uovo sbabolato, e siccome così mangiava, allora andava bene.
L'uovo sbabolato, dopo, è diventato un grande classico anche per figli e nipoti, almeno una volta a settimana senza guai, però io se devo dire il ricordo più grosso legato a questa parola, io è quando mio papà si è ammalato e non riusciva a mangiare più niente, invece l'uovo sbabolato faceva sempre molta fatica, però quello un pochino lo mangiava lo stesso. Deve averci delle proteine magiche.
martedì 11 agosto 2015
Compito del mi ricordo (ovvero del come parlare di amore senza mai usare la parola amore)
Mi ricordo che di fronte a casa mia, in montagna, c'era un campo di fragole.
Mi ricordo che tu andavi lì, raccoglievi le fragole nel cestino, le pesavi e andavi via.
Mi ricordo che mia nonna le raccoglieva, e io invece scappavo nel campo, e poi le mangiavo di nascosto senza riuscire a smettere.
Mi ricordo che c'era la musica e allora ballavo, chissà se c'era strawberry fields forever, questo non me lo ricordo.
Mi ricordo che anche la prima volta che mi sono infragolata di brutto c'era la musica.
Mi ricordo che ero alle folies de pigalle e mi son girata e gli ho chiesto ce l'hai una caramella?
Mi ricordo che ho pensato ma sei cretina, questo pensa sicuramente che vuoi calare, sei sempre la solita pasticciona.
Mi ricordo che invece lui ha tirato fuori dalle tasche un sacco di tipi di caramelle caramelle, allora io ho riso e ho mangiato una golia.
Mi ricordo che in quel momento lì ci siam sorrisi e guardati dritto negli occhi, e io ho avuto il colpo di fulmine che veramente ti senti la scossa nella pancia e non riesci più a staccarti.
Mi ricordo che dopo ero talmente infulminata, che mentre tornavo a casa pioveva e per radio c'era piove, e jovanotti mica mi è mai piaciuto, ma diosanto come veniva giù.
Mi ricordo però che la scossa più scossa l'ho presa dopo con un altro.
Mi ricordo che come al solito non mi ero ricordata di niente, poi succede che ti sfiori un attimo e sì, mi sono decisamente svegliata.
Mi ricordo che il primo brivido dalla pancia alla figa è arrivato tipo bomba, ma di quelle con la calamita che non puoi farci niente, impossibile resistere.
Mi ricordo che stavolta per radio c'era vasco, e se mordo una fragola, cazzo mordimi a me, ho pensato.
Mi ricordo benissimo tutto, soprattutto l'abbracciarsi pancia contro pancia da dentro senza smettere più.
Mi ricordo soprattutto che è bellissimo questa cosa che senti tutti i sensi e contemporaneamente perdi il senso di tutto.
Mi ricordo che ho scritto che parlare d'amore senza usare la parola amore non è mica facile, io comunque, non per darmi un tono, ma in questi colori qui, secondo me, di amore ce n'è un sacco.
sabato 8 agosto 2015
Compito della sbobinatura
[lo sbobinamemento ha sempre a che fare con me, sul com'ero e come son diventata, che non è che son egocentrica, magari, semplicemente faccio più una fatica porca a capire i miei passini mentali e solo chi mi conosce veramente bene può aiutarmi a capirli]
Mama ragazzi, io comprerei la casa a Ramiseto, un caldo stasera da infarto, da panico. (sospira) Caldo. Era caldo quando ti ho conosciuto, ma non come adesso, comunque era estate. Eri stanca, in generale, su tutto, di quello che succedeva, del tuo rapporto, insofferente. Adesso sei consapevole. Consapevole. Cioè. Ha un significato preciso. La consapevolezza è una conquista. Faticosa no? La consapevolezza riduce le barriere, le barriere sono difese contro le insicurezze, uno si difende da quello che non capisci, da cosa ti difendi? Da quello che non conosci. Adesso conosci. Detto così sembro un deficiente che parla da solo, Renzi praticamente, noi abbiamo fatto, abbiamo rinnovato, investito, bla bla bla. Tu in un certo senso ti sei rinnovata, tu non sei come Renzi. Capire è fatica, scrivilo. Scusa ma se ti dico cubotto è un cane di merda, scrivi anche quello, non lo scrivi, come funziona? Consapevolezza. Sei anche più forte. Più sicura, meno rabbiosa, tipo che la rabbia è cieca, tu ci vedi benissimo. Voglio i diritti comunque, fì, scrivilo. Poi una cosa, io mica mi son accorto quando ti ho iniziato a volere bene, non mi hai nemmeno parlato di un cane, dopo è saltato fuori che c'era un cane, dopo è saltato fuori che eran due, la gatta non è mai stata confidenziale, te sì. Ridi? Il frigo comunque non l'ho invece mica aperto. Io mi ricordo che ho chiesto da mangiare e avevi solo una piada. Tipo invito a non tornare. Adesso sia chiaro non è cambiato un cazzo quello, però coi lamponi, le fragole, lo yogurt, ti impegni. I sapori del trentino. Adesso basta, mangiamo il tiramisù. L'hai fatto tu? È compero, strano. Si chiama bontà divina veramente? Umile. (risata bella, grassa, di quelle che ti fan sentire a casa)
la verità
“Chiunque lo voglia davvero sa la verità. È solo che la maggior parte della gente non vuole saperla. Significa ascoltare ciò che viene dal profondo. La maggior parte della gente non vuole farlo. Ma le persone speciali ascoltano. La verità la senti, dentro di te. Ascolta. La senti sempre. Nella pioggia. Nelle frequenze morte fra una stazione e l’altra. Nel sussurro magnetico del nastro subito prima che cominci la musica. E nel suono che ti crea nelle orecchie il silenzio assoluto e completo: quel tintinnio luccicante, come un carillon alto nel cielo.”
David Foster Wallace
Dovevo cercare un libretto
Stamattina dovevo cercare il libretto delle istruzioni della lavastoviglie in un cassetto e, nel mentre, ho buttato: vecchie buste paga, ricette, estratti conto, bollette, assicurazioni tipo del 2009, tessere sanitarie scadute, istruzioni di oggetti tecnologici che non so più nemmeno dove sono, e un kit professionalissimo da cucire che secondo me era tipo un regalo della mamma del mio ex, altrimenti non si spiega.
Ho tenuto: la foto del mio primissimo cane kira con dietro un mio scarabocchio e la scritta (dettata a mia mamma) "quella che vedete davanti è la kira, quella che vedete dietro è la sua padroncina" (io ho la zampa fagiana al posto della mano), il disegnino del cubotto di dieci anni fa quando ancora dovevamo adottarci, degli adesivi coi maialini meravigliosi, la matita rossa e blu, il passaporto, i contatti inglesi e di marrakech, la faber castel super figa, tutte le foto stravecchie di mondi passati, i quadernini con i miei pensieri sparsi ed eventuali.
Secondo me qualcosa ho trovato.
mercoledì 5 agosto 2015
Compito della finestra: descrivi quello che vedi dalla tua finestra
Termo, davanzale e poi giù. La mia finestra è arrogante, del tipo che arriva dal soffitto fin quasi al pavimento, e infatti abitando al piano terra ed essendo un po' selvaggia, io l'ho sempre usata come porta, che scavalcare mi dà un senso di libertà come poco. A me inoltre piace scrivere di getto mentre cammino, di solito senza rileggere perché dopo cerco di capire i miei collegamenti mentali, allora come prima cosa mi vien da dire che star ferma a guardar fuori mi fa strano, molto strano. Come seconda, invece, va detto che non ci sono le tende, non ci saranno mai, son meteoqualcosa e le tende sono tipo l'elastico delle mutande della libertà, preferisco la luce, non ci saranno mai. Ma guardiamoci un po' intorno, io questa finestra è il punto dove d'inverno sto di più a leggere, e infatti di fianco a me c'è il pouff magenta che appiccico al termo per godermi i miei viaggi mentali, tipo quest'inverno son rimasta bloccata in casa dalla neve e questa era la postazione ufficiale mia e del mio cane cubotto, e leggevo e guardavo fuori e scrivevo, ed era molto strano essere isolati, ma anche molto molto bello, perché certi legami, forse la neve, certi legami li sentivi indistruttibili, invece se guardo fuori adesso, io adesso vedo il deserto. Il caldo, il lavoro, corri corri sempre fuori casa, io mi è morta pure la menta marocchina sulla fioriera, che quella cresce verde con quaranta gradi, io invece oasi poca, io l'ho mica mai annaffiata, è morta. Ma guardiamo meglio. Come altra immagine mi viene in mente il mio primissimo ricordo di quando da piccola mio nonno liberava la kyra, il mio cane si chiamava la kyra, e siccome lei correva fortissima e io avevo paura, la guardavo qui dalla finestra in piedi un metro e uno sputo, e ridevo e mi sentivo molto sicura e leggera. Dopo poi scavalcavo e la accarezzavo e ci giocavo da perdere il senso del tempo. I miei nonni abitavano in trentino e avevano una finestra molto simile a questa ma forse più luminosa e sicuramente più profumata di legno, e siccome abitavano al primo piano, questa finestra non la scavalcavo, ma ci lanciavo giù i puffi sui porcini a seccare dei vicini, secondo me quello era il loro habitat ideale, dei puffi, ne sono credo ancora convinta. Dalla finestra ci guardavo anche le montagne, la stradina per capire quando al sabato stavano arrivando i miei genitori a trovarci, e anche i caprioli. Mai visto uno, di caprioli, invece quando dalla stradina vedevo mia mamma e mio papà, dentro una gioia di riabbracciarli che se fosse un colore, sarebbe tutto il pantonario. A pensarci bene, la mia finestra fa ancora da campanello, nel senso che quando arriva qualcuno lo vedo sempre da qui, dopo vado alla porta e gli apro, oppure lo faccio direttamente scavalcare, che ho ancora tanto mojito da preparare, quindi secondo me, annaffiando un po' il deserto, secondo me pian piano torna la neve.
sabato 1 agosto 2015
Scopavirgole
Ho scoperto che c'è questa parola finlandese qui, pilkunnussija, che mica so bene bene pronunciarla, pilkunnussija, penso per via della esse emiliana, penso, pilkunnussija, che letteralmente si traduce scopavirgole, pilkunnussija, e si usa per tutta la gente pedante puntigliosa che corregge solo inezie e banalità. Sono talmente commossa, pilkunnussija, che sto dando dello scopavirgola a chiunque.
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