martedì 17 febbraio 2015

di piatti, tazzine, violini e capre

L’ho vista correre verso di me con un sorriso che in un attimo non ho capito più niente, poi però, all’improvviso, dopo è sbucata di fianco a lei una specie di volpe in miniatura che si è buttata verso Tommaso senza il minimo briciolo di pudore.
- Cubotto no! No!
Troppo tardi, il mini Rex ringhiava e abbaiava come un pazzo.
- ma è tuo il fennec? Lo vedo protettivo.
- non è un fennec, è un cubotto, l’ho appena adottato al canile, o forse lui ha adottato me, non abbiamo ancora capito, ma non è importante, Cubotto vieni qui, qui, lascia stare Tommaso, è un amico!
- tranquilla, Tommi è abituato ai cani topo, poi comunque anche se urla, si vede che il fennec ha la faccia buona. Lasciamoli conoscere.
- ma se lo morde?
- fidati di me, vieni, ignoriamoli.
Appena ci siamo spostati, i cani hanno iniziato a studiarsi senza più abbaiare, sollevatissimo me, visto che in effetti con la storia della non rissa l’avevo un po’ sparata grossa.
- dove stavi correndo?
Mi ha guardato senza riuscire a stare seria.
- stai su diritto e fatti vedere bene, che c’è da ridere? Anche io sono felice di vederti.
- Margot Tenenbaum? Dovremmo quindi continuare ad amarci segretamente e lasciare le cose così come stanno?
(bella quando diventa rossa, bella, bella, mia)
- lo sapevo che mi eri cinefilo, lo sapevo che la storia del cinofilo canofilo era tutta una copertura, lo sapevo.
- sono per i topi dalmata io, e niente conigli d’allevamento, la vita va razzolata per strada.
- fare casino, lanciare palloncini d’acqua addosso alla gente, robine così?
- proprio così Pulce, proprio così.
- avrei tanto voluto essere come Margot Tenenbaum, anche un po’ Beatrix Kiddo, e invece niente. Ally McBeal, stonata uguale.
- tu sei tutta matta, ma mi piace.
- mi fido di te, comunque. Volevo dirti questo.
(sorrisone mille denti, impazzisco)
- sono il tuo canofilo di fiducia, mi sembra il minimo.
- sul serio, uccido le piante, perdo tutto, strada, ombrelli, carrelli della spesa, a volte anche me stessa. Mi hanno regalato navigatori, orologi, ho scoperto scommesse clandestine sul numero di volte in cui sarei riuscita a perdermi in un supermercato, ma niente, totalmente priva di senso di orientamento, senso pratico e affini. Vivo in un mondo parallelo, ragiono per immagini, cucino per colori, volo con la fantasia che è un piacere, adoro pensare sotto ai tavoli o seduta nell’armadio, chiamo per nome oggetti inanimati, sono in pratica un enorme poccio, ma mi fido veramente di te. Stavo correndo per dirtelo. Non succede spesso.
- io ho ucciso tre bonsai sempreverdi in tre settimane, col libretto delle istruzioni. So cucinare, però da piccolo ho avvelenato un pesce rosso col succo di pesca, credevo gli piacesse. Poi soprattutto non riesco a immaginarci arrabbiati, vale?
- sì, qualche punto fragola vale.
- grazie, me lo sentivo che eri magnanima. Mi arrabbio ogni trentanove anni, è successo tre anni fa, quindi alla prossima ne mancano 36.
Occhi negli occhi e sorrisi stupidi. I cani nel frattempo stavano colonizzando tutto il parco, conquistavano gatti, panchine, collinette, Canada, attaccavano ciclisti e minibimbi, credo che a un certo punto siano anche arrivate capre e violini, ne sono quasi certo, ma noi mica ci facevamo più caso.
- scusa un attimo, ma quindi hai 78 anni? Io e la matematica non andiamo per niente d’accordo.
- non proprio Pulce, ma considerami pure saggio come Pai Mei.
- Bill a un certo punto dice a Beatrix che il punto più doloroso quando si è colpiti è il ginocchio, lo dicono anche nelle Iene, sai? Io non credo esistano persone infrangibili, ma comunque, nel caso, a me considerami pure frangibilissima. Ho avuto delle ansie grosse, son arrivata a chiedermi se c’è un limite alle lacrime, ho cercato di non affogarmici dentro, di sopravvivere, poi piano piano pianissimo sto tornando a vivere, ma credimi, non è per niente facile. Ginocchio a parte, mi feriscono le paturnie improvvise degli altri, faccio una fatica matta ad aprirmi, e soprattutto ho tre cicatrici tre, pancia cordone e ombra, tre assenze che non si cancellano, e delle volte molto spesso mancano ancora tantissimo.
- anche io ho delle cicatrici con dei sensori molto forti di bolle e respiri, ti racconterò tutto della mia storia di catene e bastonate e chirurgia sperimentale (com’è profondo il mare, com’è profondo il mare), ma soprattutto, non voglio essere invadente che son pasticcione, ma insomma, io non vedo davvero l’ora di conoscere tutto di te.
- a conoscermi veramente, a me e alle mie stranezze ci vuole tempo, ma imparerai, tipo che quando parlo veloce così vuol dire che sono agitata e allora invece di fissarmi col sorriso buffo fai qualcosa, ti prego ti prego ti prego!
- quattro sillabe, prima sillaba, suona come se? suona come me? te? se? se! Seconda sillaba, preposizione come di, con, su? Da! Se-da, sedano? ha detto sedano? Come? Se-da-ta-vo? Sedatavo? Sedativo! SE DA TI VO!
- a cercarti così pirla mica ti avrei trovato, credo. E comunque, taffetà, caro.
- vuoi dire che possiamo darci finalmente il gomito?
- voglio dire che lo vedi questo? Questo non è un sorriso, è un limone.
- e adesso?
- è adesso.
***

 Julian Schnabel - The Sea
Julian Schnabel – Il mare

Tutte le volte che rompo un bicchiere, mentre raccolgo i pezzi, io ancora me lo chiedo com’è la storia di Ozpetek, se la persona che ami torna o la perdi, credo che continuerò a domandarmelo sempre, poi però, siccome non arrivo mai al punto, dopo alla fine penso ai piatti e alle tazzine di Schnabel, che lui, all’inizio inizio, prima dei film, lui coi pezzetti rotti ha creato delle opere d’arte che a vederle da vicino, subito sembrano più che altro un insieme di frammenti astratti in equilibrio precario, poi però, allontanandosi appena e cambiando prospettiva, dopo all’improvviso regalano immagini talmente forti, e vive, e colorate, che è impossibile non sorridere di stupore. E insomma, io non lo so come va a finire la storia del bicchiere, so però che a raccogliere i cocci di piatto e tazzina, insieme, ricominciare da capo si può.

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