Ieri alla fermata dell’autobus c’erano un ragazzo cinese e uno africano che parlavano di un loro amico indiano bravissimo, quello di terza A presente?, dicevano che oltre a studiare, adesso ha trovato da lavorare in un ristorante coreano, un lavoro che non lo voleva fare nessuno, che tu devi schiacciare un bottone e basta, un lavoro che non devi fare un cazzo ma ti pagano ben mille euro, dicevano che culo, dicevano, ma lo dicevano in un italiano emilano perfetto, che a sentir la esse a me è venuto un sorriso molto pieno.
Dopo poi, siccome il bus non arrivava, dopo hanno iniziato a fantasticare di quando finalmente non dovranno più aspettare, che ce l’avranno anche loro la patente, che le guide già le fanno, conoscono pure tutti i segnali, ma i pezzi del motore porca vacca in italiano hanno dei nomi impossibili, e se li scazzi non passi, allora avrei voluto confessargli che anch’io di alberi e pistoni ci capisco un benemerito, però siccome subito dopo hanno detto che dura per dura, come ti insegna la scuola italiana nessuna, a me è venuto solo da pensare che nonostante qualche omino verde rompicoglioni, nonostante loro ci aspetta un futuro molto più internazionale. E lì il sorriso è diventato molto di testa aperto.
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