Andy Warhol, Truman Capote, ca. 1954, Tinte auf Werkdruckpapier, 42,6 x 34,9 cm, Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie, Sammlung Marx, Foto: J. Littkemann, © 2008 Andy Warhol Foundation for the Visual Arts / ARS, New York.
giovedì 27 febbraio 2014
traccia
Da sveglia ho pensato che anche i libri e l'arte hanno quel profumo buono lì e che mi sono scordata quale canzone fosse, secondo me Marvin Gaye.
mercoledì 26 febbraio 2014
non sono quelle, le cose
Non sono gli sguardi, le dico, non sono i regali. Non sono quelle, le cose. Io, quando tornavo a casa e vedevo la tua macchina verde con il cappello di paglia sul pianale di dietro, io ero contento. E questa frase, non so cosa mi succede, mi fa piangere come una vite tagliata.”
martedì 25 febbraio 2014
Combinazione
Andiamo avanti e torniamo indietro, periodo stranissimo.
[Stranissimo periodo, indietro torniamo e avanti andiamo.]
lunedì 24 febbraio 2014
Claudio Lolli | Ho visto anche degli zingari felici
È vero che dalle finestre
non riusciamo a vedere la luce
perché la notte vince sempre sul giorno
e la notte sangue non ne produce,
è vero che la nostra aria
diventa sempre più ragazzina
e si fa correre dietro
lungo le strade senza uscita,
è vero che non riusciamo a parlare
e che parliamo sempre troppo.
È vero che sputiamo per terra
quando vediamo passare un gobbo,
un tredici o un ubriaco
o quando non vogliamo incrinare
il meraviglioso equilibrio
di un'obesità senza fine,
di una felicità senza peso.
È vero che non vogliamo pagare
la colpa di non avere colpe
e che preferiamo morire
piuttosto che abbassare la faccia, è vero
cerchiamo l'amore sempre
nelle braccia sbagliate.
È vero che non vogliamo cambiare
il nostro inverno in estate,
è vero che i poeti ci fanno paura
perché i poeti accarezzano troppo le gobbe,
amano l'odore delle armi
e odiano la fine della giornata.
Perché i poeti aprono sempre la loro finestra
anche se noi diciamo che è
una finestra sbagliata.
Siamo noi a far ricca la terra
noi che sopportiamo
la malattia del sonno e la malaria
noi mandiamo al raccolto cotone, riso e grano,
noi piantiamo il mais
su tutto l'altopiano.
Noi penetriamo foreste, coltiviamo savane,
le nostre braccia arrivano
ogni giorno più lontane.
Da noi vengono i tesori alla terra carpiti,
con che poi tutti gli altri
restano favoriti.
E siamo noi a far bella la luna
con la nostra vita
coperta di stracci e di sassi di vetro.
Quella vita che gli altri ci respingono indietro
come un insulto,
come un ragno nella stanza.
Ma riprendiamola in mano, riprendiamola intera,
riprendiamoci la vita,
la terra, la luna e l'abbondanza.
È vero che non ci capiamo
che non parliamo mai
in due la stessa lingua,
e abbiamo paura del buio e anche della luce, è vero
che abbiamo tanto da fare
e che non facciamo mai niente.
È vero che spesso la strada ci sembra un inferno
o una voce in cui non riusciamo a stare insieme,
dove non riconosciamo mai i nostri fratelli.
È vero che beviamo il sangue dei nostri padri,
che odiamo tutte le nostre donne
e tutti i nostri amici.
Ma ho visto anche degli zingari felici
corrersi dietro, far l'amore
e rotolarsi per terra.
Ho visto anche degli zingari felici
in Piazza Maggiore
ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.
Ma ho visto anche degli zingari felici
corrersi dietro, far l'amore
e rotolarsi per terra.
Ho visto anche degli zingari felici
in Piazza Maggiore
ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.
il buio oltre la siepe
“You never really understand a person until you consider things from his point of view - until you climb into his skin and walk around in it”
Harper Lee, To Kill a Mockingbird
domenica 23 febbraio 2014
Prelavaggio
A me la risolina scalza piace da matti, la brontolata invece la metterei cerebralmente e poeticamente tra le sfracellate di maroni cicliche che uno pensa potrei proprio farne a meno e invece tocca, comunque una cosa che influisce molto tra due è che se hai conosciuto il mio peggio e con il tuo mi hai fatto male, che poi è un pezzo di una canzone che ho sentito ieri, a pensarci bene dopo puoi ottenere un ottimo nuovo inizio, questione di punti di vista e sincerità.
Dopo, però, se non sai qualcosa chiedi, anche se sai tutto chiedi, dopo chiacchiera, confrontati, condividi, che la rabbia può essere pure costruttiva, l'offesa triste e muta non costruisce proprio niente.
giovedì 20 febbraio 2014
La notte
“Quello che urtava Pucci era che sua madre facesse finta che lui non fosse mai stato al manicomio e che non dovesse tornarci.
Però non ho più voglia di parlare dei loro litigi, e sarà meglio che smetta. Tra un po’ parlerò della notte, la bella notte, che è come un buco vuoto dove le cose aspettano soltanto che passi via il farnetico, e il buio e l’incerto vengano a dirci che i nostri timorosi desideri si sono tutti assopiti, e il cuore è finalmente sazio.”
Gianni Celati, La notte, Doppiozero
Il decadimento del protone
Penso che non ci sia nulla di meglio dei chiarimenti e dei cambi di corsia, che il vento in faccia sia vita e il silenzio solo uno stupido ronzio di mille zanzare, sono fermamente convinta che la negatività si possa combattere e vincere ogni giorno con la positività, ma siccome pure il protone ha il suo decadimento e in questo periodo è tutto dannatamente e politicamente negativo confuso, come partenza intelligente, secondo me, tutti nessuno escluso dovremmo sempre ricordarci che non si possono capire veramente le persone senza considerare il loro punto di vista.
Dopo il viaggio diventa molto più leggero e panoramico, garantisco.
martedì 18 febbraio 2014
incontri
lunedì 17 febbraio 2014
domenica 16 febbraio 2014
I segreti degli alberi
Io e il muso ad osservarlo ci siamo incantati e allora, un po' perché gli alberi hanno almeno sei generazioni più di noi e un profumo che chissà la saggezza, un po' perché pazzo deriva da pathos e folle invece è un sacco pieno di aria che ha a che fare più con la vita che la sofferenza, un po' perché da piccola giocavo sempre ad essere uno scoiattolo che viveva dentro un albero, ma a me le piante mica hanno mai detto niente, un po' per tutte queste cose e anche per dell'altro, io, quella gente estranea e superficiale, da dentro e poi anche da fuori, io mi sono sentita autorizzata a mandarla a cagare.
Daniele Silvestri e Stefano Bollani | Questo paese
La grandezza di questo paese
non è più nelle piazze, non è nelle chiese
Non è Roma di marmi, fontane e potere
Né Milano tradita da chi se la beve.
Non è Genova o Taranto, signore del mare.
Non è Napoli e questo è perfino più grave.
Non è più divertente tirare a campare
soprattutto non è originale.
La fortuna di questo paese
non è più degli artisti
non è delle imprese
Non c'è nei discorsi di chi vado a votare
se grandezza ce n'è non si riesce a vedere
così hai voglia a cercarla tra i mille canali
sia su quelli analogici che sui digitali
ma non serve aumentare la definizione
per vedere più grande un coglione.
venerdì 14 febbraio 2014
giovedì 13 febbraio 2014
riposare lo sguardo e andare oltre
attualità
della malinconia
“Io sono un malinconico nato, ve lo dico subito. Ho la malinconia che mi gorgoglia in basso, viene su dalla pancia, fa il giro delle budella, poi si piazza nello stomaco e diventa magone. E col magone non sto più fermo, mi alzo, mi siedo, mi muovo, fumo come una ciminiera, tutto mi sta sui coglioni.”
Gianni Celati - Lunario del Paradiso
domenica 9 febbraio 2014
cache
Lei, mia nipote, aveva le sue prime scarpe da ginnastica che ho disegnato io e i jeans zero tre mesi, sempre regalo della zia e non sto a specificare quanto fosse più gnocca di me, dirò invece che a guardarla mentre rideva ho pensato che le varie Banane Yoshimoto, le Baricco style, le Livie di Montalbano, chi urla pure mentre scrive e chi invece a Catullo gli fa una pippa, i Carlini, i Briatori e le Sventure, il pacchetto completo delle figurine dei politici italiani, il cigno bianco, quello nero e le mille sfumature di sticazzi, le pubblicità tutte uguali dei fondotinta, i selfie, il meme e il photobomb, tutta questa robina qua (ma che bontà ma che bontà), mmm, ecco, secondo me non ce la meritiamo proprio.
La besciamella pronta eventualmente la terrei, eventualmente.
sabato 8 febbraio 2014
Autentico e viscerale
giovedì 6 febbraio 2014
I libri che mi sono piaciuti
Il primo libro che ho letto, il primo libro da grandi, è un libro che io fino a pochi anni fa pensavo che l’avesse scritto un uomo, invece l’aveva scritto una donna, Harper Lee, e il libro si intitola Il buio oltre la siepe, e io non mi ricordo quanti anni avevo, di preciso, mi ricordo che ero seduto davanti a casa di mia nonna su una sedia arancione, mi ricordo il cantar di mia nonna dalla cucina, mi ricordo mio babbo che passava con dei secchi di calce, mi ricordo la luce che c’era nel cielo e mi ricordo l’incanto di un libro senza figure dove dentro c’erano tante di quelle figure che a disegnarle tutte ci volevan degli anni.
E la sorpresa del fatto che io, a sprofondarmi nel libro, non ero fuori dal mondo, ero dentro, nel mondo.
Questa cosa a me poi è successa con tutti i libri che mi son poi piaciuti: mi ricordo, preciso, il silenzio che c’era alla biblioteca Guanda di Parma quando ho letto la prima poesia di Chlebnikov che ho letto nella mia vita: «Quando stanno morendo, i cavalli respirano, / Quando stanno morendo, le erbe si seccano, / Quando stanno morendo, i soli si bruciano, / Quando stanno morendo, gli uomini cantano delle canzoni».
E mi ricordo la mia cameretta di Mosca, in ulica Trofimoviča, dietro al Cremlino, e il fresco del piumino d’oca che mi copriva quando ho letto questa frase di Mosca - Petuški, di Venedikt Erofeev: «E così per tutta la vita. Per tutta la vita incombe su di me questo incubo, un incubo che si traduce nel fatto che ti capiscono non al contrario, no, al contrario sarebbe ancora niente, ma proprio perfettamente a rovescio, vale a dire, del tutto suinamente, vale a dire, antinomicamente».
E mi ricordo la metropolitanta di Mosca, due anni prima, e un nero di ombrelli e il duro del sedile su cui ero seduto mentre leggevo il primo libro in russo che leggevo nella mia vita, coi caratteri cirillici e tutto, Romanzo teatrale, di Michail Bulgakov, e mi ricordo il momento in cui ho alzato la testa quando mi sono accorto che era un romanzo incompiuto, e mi sembrava che tutta la carrozza mi
guardasse come si guarda un coglione.
E mi ricordo dello scorso inverno, a Bologna, e le mollette che ballavan sui fili per stendere i panni appena dopo che avevo letto questa frase di Noi, di Evgenij Zamjatin: «Ad ogni equazione, ad ogni formula del nostro mondo superficiale corrisponde una curva o un solido. Per le formule irrazionali, la mia √-1, non conosciamo solidi corrispondenti, non li abbiamo mai visti. Ma la cosa terribile, è che questi solidi sicuramente esistono ma sono invisibili; perché in matematica, ci passano davanti come su uno schermo le loro ombre strane, irritanti – le formule irrazionali; e la matematica e la morte non sbagliano mai. Se questi solidi non li vediamo nel nostro mondo, in superficie, per loro ci sarà – e deve esserci per forza – un intero enorme mondo, oltre la superficie».
E mi ricordo, come se avesse una faccia, il treno interregionale sul quale ho letto la prima opera di Learco Pignagnoli che ho letto nella mia vita, stampata su una rivista che si chiamava Il semplice, e l’opera era questa qua: «Opera numero 1.
Conoscevo uno che sbagliava sempre le parole. Una volta voleva dire polipo, ha
detto flauto».
Paolo Nori
(ai lettori della Biblioteca Civica di Parma, l’autore consiglia alcune delle opere che hanno segnato la sua formazione)
analogie
mercoledì 5 febbraio 2014
Scarpe pesantissime
domenica 2 febbraio 2014
Alla rotonda, terza uscita
Io, a non ascoltare i miei dubbi, senza un dialogo o un briciolo di confusione, io secondo me mica sarei io, sarei inaridita, ferma di testa più che di posizione e insomma, siccome già uccido le piante, all'istinto non vorrei mai torcere un pensiero. Preferisco farlo respirare, se no poi va a male.