Starbucks in marketing è detto il terzo posto, il nido perfetto tra casa e lavoro dove la gente quella col tempo ci sta bene davvero bene, io allora devo dire che a me, Starbucks, io vivo invece nel villaggio dei puffi, ci vivo più o meno da una vita, e non è poi così male. Tra l'altro anche sul puffovillaggio c'han fatto degli studi, è considerato mi pare il modello della città marxista, probabile che il mio primo secondo e terzo posto siano vicino a Mosca o giù di lì, niente caffè, roba di steppa tipo vodka limone trallallà, ci sta. Nel villaggio dei puffi, per dire, a grande puffo non serve l'arroganza per comandare, puffetta non la dà via per ottenere qualcosa, puffo brontolone non se lo caga nessuno, quattrocchi nemmeno, le case sono funghi, le grandezze si calcolano in mele, niente risse, si va col poco più, poi lo so che no, ma non è male. Tipo a me, quando mi chiedono ma dove vivi, io tutte le volte ci vorrei dire alla gente ridendo nel villaggio dei puffi, ma mica ci riesco mai a rispondere, sono subito inglobata da una marea di giudizi a raffica tipo: non sai comandare, ti fai mille seghe mentali, sei inconcludente, astratta, sgomita, non lo capisci che bisogna essere arroganti? Io va detto che non sono per niente didascalica, tipo quando mi dicono stai serena, mica so cosa vuol dire, mai calcolato un fine, sempre solo sentito all'ultimo in pancia, mai scopato tanto per fare, figurati per ottenere, mai pianificato niente, solo sempre ascoltato l'istinto, però fine o non fine, quello che voglio alla fine lo sento tutto, e anche se va male è na roba che ho voluto dentro, mia. E oggi, a me, l'istinto, detto pirlo, mi dicono, non è che davanti al famigerato burrone del comando m'ha detto dai è il momento, fai la stronza, ordina, urla, a me pure stavolta m'ha solo detto di essere sincera. Le cose importanti si possono dire anche facendo aeroplanini di carta, volevo fondamentalmente dire questo.
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